Guzheng, musica cinese, identità musicale e armonia umanitaria

Nella precedente “Vision”, avevamo anticipato alcuni argomenti relativi alla musica cinese tradizionale che, dal 1949, è stata caratterizzata, politicamente e culturalmente, dall’indirizzo monocratico dei governi comunisti. Negli ultimi decenni, il Paese si è economicamente trasformato, tenendo ben salde le redini (per ora) in mano statale. Per meglio comprendere il suo notevole sviluppo, ai lettori potrebbe risultare utile la lettura della recente opera di Frank Dikötter, “La Cina dopo Mao. Nascita di una superpotenza” (Marsilio 2022). Tuttavia, per dare risalto alla sua millenaria cultura musicale, è indispensabile indagare con sguardo retrospettivo, integrando elementi mitologici, simbolici e storici relativi alle Tre grandi Dinastie ereditarie (Xia, Shang, Zhou), con ulteriori contenuti riferibili a cosmogonia, filosofia naturale, taoismo e contesti antropologici delle diverse realtà societarie, naturalmente tenendo conto del ruolo centrale avuto, nel corso dei secoli, dal confucianesimo e dalle relative regole morali, rette dal concetto di virtù (“Ren”). La musica tradizionale cinese (anticamente definita “yue”) aveva funzione sacrale, educativa, terapeutica, ludica e faceva capo agli elementi della vita dai quali, secondo elaborazioni numeriche e interpretative, è derivata la tipica scala pentatonica e le corrispettive accordature degli strumenti. Nel “Liji” (Libro confuciano dei Riti) sono specificate le cinque attribuzioni dei gradi “gong” (terra), “shang” (metallo), “jue” (legno), “zhi” (fuoco) e “yu” (acqua), ai quali corrispondono altrettanti “modi”, dipendenti dalla tonica di riferimento. I suoni sono da mettere in relazione alla teoria dei cinque elementi, i quali uniscono in modo organico aspetti della conoscenza medica, della realtà sensibile, dell’organizzazione della società, creando un articolato sistema filosofico e sacrale nel quale la musica s’integra, secondo principi cosmici e universali nel rispetto della Natura e delle sue leggi. Nella Rubrica, a più riprese, avremo modo di approfondire la conoscenza della musica cinese tradizionale, tuttavia nella “Vision” odierna ci limiteremo a scrivere dello “guzheng” (alcuni preferiscono la trascrizione fonetica “gu zheng”), secondo l’organologia locale appartenente alla categoria degli strumenti “seta” poiché, originariamente, le corde dello strumento erano realizzate con questo materiale, mentre attualmente sono in prevalenza di metallo o di nylon (esistono varie tipologie). In Cina, le famiglie degli strumenti venivano suddivise secondo i parametri del cosiddetto “bayin”, che prevedeva otto categorie, stabilite in base ai materiali di costruzione: seta, legno, metallo, bambù, zucca, pietra, argilla, pelle. Localmente la seta vanta una storia di oltre cinquemila anni. Attorno a questo prezioso materiale naturale ruotano credenze, pratiche, tradizioni folcloriche, commerci e tanti altri aspetti della vita comunitaria, che non sono da sottovalutare, soprattutto tenendo conto dell’estensione territoriale del Paese e della sua popolazione. Tornando al “guzheng” è da chiarire che potrebbe essere oggetto di estesa analisi comparativa, con strumenti musicali a corde presenti in diverse aree orientali (dalla Mongolia alla Corea, dal Giappone al Vietnam, dal Kazakistan e a Singapore), ma tale analisi non troverà qui riscontro, per motivi di sintesi espositiva. Sono note alcune leggende intorno alla nascita dello strumento. Una prima leggenda risale all’epoca di Huangdi, Imperatore Giallo, nella quale si narra che, a seguito di un commovente ascolto, lo stesso fece dividere a metà una cetra di ben cinquanta corde suonata da una donna. In questo modo, ebbe iniziò la storia del “se” (瑟) considerato, insieme al “qin” (琴), il più antico antenato del “guzheng” (i due ideogrammi sono 古 e 筝). “Gu” significa antico, mentre “zheng” cetra. Un’altra leggenda è riferibile al periodo della dinastia “Quin”, durante la quale, in seguito a una disputa tra due esecutori (alcuni riportano che avvenne tra le figlie di un maestro suonatore), lo strumento “se” a venticinque corde venne suddiviso, ricavando due cetre, rispettivamente di dodici e tredici corde. Durante la stessa Dinastia, si narra che pure il leggendario generale Méng Tián abbia contribuito notevolmente a migliorare la struttura dello strumento e a variare il numero delle corde. Alcune fonti, lo segnalano addirittura come inventore dello strumento.  


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