Silvio Orlandi – Allegro tempo di Gavotta (Nota, 2022)

È indubbio che Silvio Orlandi sia una delle grandi figure del revival delle musiche di tradizione orale in Italia. Se n’è ricordato il Premio Nazionale per la Musica Tradizionale che ha premiato il ghirondista piemontese nel luglio del 2022 con il “Premio Loano”, confluenza del premio alla carriera e alla realtà culturale. Orlandi (Torino, 1947) è tra i più influenti promotori della riscoperta della ghironda, come concertista, liutaio e didatta. I suoi Prinsi Raimund sono stati tra i protagonisti della fervida stagione folk in Piemonte tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta, in sintonia con musicisti e ricercatori che battevano le “vie dei canti” piemontesi. Conosciuto il friulano Andrea Del Favero, entra nella redazione del glorioso “Folkgiornale”, fondato nel 1981, periodico nel quale cura una rubrica sulla ghironda. In seguito, Orlandi ha dato vita al gruppo Malbruk, ha suonato in altri progetti di musiche piemontesi, valdostane e provenzali e nel progetto dell’arco alpino Moia, sempre con Del Favero. Nel nuovo millennio ha formato un originale ensemble folk-world-jazz, il Falafel Project. Nel suo percorso musicale ha collaborato con numerosi artisti folk e pop (Veronique Chalot, Loris Vescovo, Franco Mussida, Fiorella Mannoia), composto colonne (“Candido” per la RAI, “Shakyamuni” per una pièce teatrale della compagnia “Burattini del sole”), suonato per il ballo popolare e presentato uno spettacolo con marionette a tavoletta. 
“Blogfoolk” ha raggiunto il musicista piemontese, percorrendo con lui le stagioni musicali, la sua attività di liutaio, fino a parlare del suo recente album “Allegro tempo di Gavotta”, che vede la partecipazione di Clemente Ernesto De Martino con cui Orlandi collabora dal 1990, pubblicato da Nota Records.

Quando hai incrociato la ghironda, cosa ti ha affascinato di questo strumento? 
Ero giovane e interessato alla musica trobadorica e studiavo chitarra classica, ma la ghironda con i suoi bordoni mi ha affascinato! Frequentavo il Folk Club Italiano che è stato fondamentale per il mio avvicinamento alla musica popolare. Ebbi la fortuna di assistere al concerto di Renè Zosso al 2° Folk Festival di Torino nel settembre 1966, pensai che fosse l'unico strumento al mondo! 

Cosa hai fatto per imparare a suonarla?
Dopo anni trovai l’LP di Zosso “Chant e Vielle “, mi misi in contatto con uno degli organizzatori del Folk Festival per avere un recapito, ma incredibilmente Zosso era in programma al Conservatorio di Torino per eseguire i “Carmina Burana” con Renè Clemencic. Lo cercai dopo il concerto ed ebbi da lui indicazioni 
sui liutai per avere uno strumento. Mi indirizzò a Kurt Reichmann, che a Francoforte costruiva ghironde e da cui acquistai uno strumento. Lui mi indirizzò a Bruno Pianta, che a Milano suonava la ghironda con Almanacco Popolare.

Con loro hai avuto l’apprendistato, in seguito chi sono stati i tuoi maestri?
Ho avuto la fortuna di studiare nel Berry con Georges Simon, in Francia, da un grande maestro tradizionale come George Simon. Anni dopo col maestro Valentin Clastrier.

Ci racconti del periodo dei Prinsi Raimund, come si collocavano nel fiorire di gruppi del revival piemontese. In che cosa erano diversi dalla Ciapa Rusa, La Lionetta e Cantovivo, tanto per fare alcuni esempi tra le formazioni che animavano il revival piemontese?
Prinsi Raimund è stato il primo gruppo ad usare violino, organetto e ghironda. Direi che rispetto agli altri gruppi eravamo più “freak”, sperimentando, nel nostro primo LP, “Lo Stallaggio del Leon d'Oro”, con basso elettrico e batteria in alcune danze. Nello stesso tempo seri nella riproposta. Cantovivo eseguiva un repertorio politico, che in seguito si è modificato. La Ciapa Rusa riproponeva il materiale 
dell’alessandrino raccolto da Castelli prima e da Martinotti poi. Forse, La Lionetta era più vicina a noi.

Quale il tuo rapporto con la ricerca sul campo di quel periodo: penso a ricercatori come Amedeo Viglierno, Franco Castelli ed anche Maurizio Martinotti?
Non ho fatto molta ricerca. Avevo registrato il cantante di Torre Pellice Robert Tagliero, detto Robert "Le diable", incredibile fonte di ballate. Curente e Balet nelle feste patronali a Robilante (CN). Sempre delle curente, ma questa volta della valle di Viù (TO) dal fisarmonicista Luca Mairano ed inserite nell'album Prinsi Raimund “Il Moro Saraceno”. Infine, le danze del carnevale di Roccagrimalda (AL), che ho eseguito col loro gruppo La Lachera per due anni.

Vogliamo ricordare Maurizio: musicista importantissima, ma pure ricercatore di rilievo? 
Maurizio era un amico, abbiamo vissuto molti momenti insieme. In ultimo, ha creduto nel mio lavoro Falafel Project, producendo il CD, che è uscita per l’etichetta FolkClub/Ethnosuoni.

A proposito di Falafel Project… progetto nato nel nuovo millennio: progetto abbandonato? 
Al momento Falafel Project è fermo, forse lo riprenderò, ma per adesso mi sto dedicando alla ghironda barocca. 

Quando nasce la tua attività di liutaio? 
La mia attività di liutaio in ghironde nasce alla fine degli anni '70 attraverso contatti con Reichmann di Francoforte, il liutaio costruttore della mia prima ghironda.

Che modelli di ghironde e altri strumenti produci? 
Costruisco diversi modelli sia a cassa piatta che a cassa di liuto, sia per musica antica che per musica folk. Molti anni fa ho costruito qualche dulcimer, ma ho abbandonato per dedicarmi alla ghironda. Di quelle a cassa piatta, la ghironda Nova Plus si ispira alle ghironde fine XVII secolo raffigurate da Watteau come pure conservate al Victoria and Albert Museum di Londra (la ghironda Henri III) ed al Conservatorio Nazionale di musica a Parigi. Ha un suono equilibrato tra le corde melodiche ed i bordoni, è indicata anche per il repertorio di musica barocca. Invece, il modello Ghironda Nova si ispira alla ghironda italiana LUIGI-1683, conservata al museo di Montluson in Francia. Presenta ottime caratteristiche di suono con un buon equilibrio tra le corde melodiche, la ritmica ed i bordoni. È uno strumento che soddisfa le più svariate esigenze di repertorio, dalla musica antica al folk sino alla musica jazz-rock.  La ghironda a cassa a forma di liuto riprende la
forma tradizionale barocca e possiede un suono corposo e profondo sia nelle note alte che nel bordone. È uno strumento di livello alto, rivolto ai musicisti professionisti, concertisti o chi già ad un livello avanzato, 

Che mercato hanno le tue ghironde?
Negli anni ho venduto ghironde in Italia come all'estero, negli Usa come in Giappone. 

Come ti poni con l’approccio da musica contemporanea dei ghirondisti elettro-acustici francesi?
Con Falafel Project ho usato una ghironda elettro – acustica. Penso che prima o poi la riprenderò la sperimentazione, che mi interessa.

Nel tuo album “Allegro tempo di Gavotta”, dai largo spazio all’epoca d’oro della ghironda in ambito colto. Pensi che si conosca il ruolo di questo strumento e che sia adeguato lo spazio che la ghironda hai nei festival di musica antica e barocca?
Effettivamente, mi piace far conoscere questa altra parte della ghironda, non solo folk. L’inserimento nei 
festival di musica barocca dipende dai ghirondisti e dagli organizzatori che forse non ne sanno molto. È un terreno nuovo.

Nel tuo percorso, ti sei avvicinato al mondo degli artisti da strada, che assomigliava – dichiari in un’intervista - all’inizio del movimento folk che avevi vissuto… Da lì, proviene la tua performance-concerto con le marionette a manovella? Di che si tratta?
Lo spettacolo con ghironda e marionette a tavoletta è la mia ripresa di una pratica tradizionale. Suono la ghironda e faccio ballare una coppia di marionette che si animano grazie ad un filo teso che attraversa i loro corpi, viene fissato ad una colonna in legno e dalla parte opposta alla mia gamba. Uno spettacolo che ho inserito nel mio concerto per far conoscere un’altra parte del mondo popolare. Un tipo di spettacolo diffuso in tutta Europa, dall’Inghilterra al Sud Italia. La variante era lo strumento utilizzato dai musicisti girovaghi: cornamusa o zampogna nel sud Italia, ghironda, tamburino con flauto. Esistono numerose descrizioni e raffigurazioni sull’argomento. Più o meno con la seconda metà dell’Ottocento quest’arte inizia a scomparire. 

Come hai concepito il repertorio del tuo album solista?
Volevo dedicarmi al “Pasto Fido” di Vivaldi, ma pure adattare alla ghironda brani del rinascimento italiano. Non potevo dimenticare la musica folk dalla quale provengo ed è così che ho inserito tre ballate piemontesi, così come le marionette a tavoletta in concerto.

Che strumenti suoni nel disco?  
La mia ghironda è una copia ispirata a forme seicentesche presenti in varie stampe e dipinti dell'epoca perlopiù di fattura francese e fiamminga. Il dulcimer che uso in due ballate è di mia costruzione.

Dalla tua prospettiva, come vedi oggi il mondo del folk contemporaneo in Italia?
Sinceramente non sono molto aggiornato. Posso dire che il lavoro di Filippo Gambetta e Sergio Caputo mi piace molto. Senza dimenticare l'amico Riccardo Tesi che è un vulcano di splendide produzioni. Mi pare che continui a mancare, da parte della maggioranza del pubblico folk, “l'ascolto” del concerto. Continua a dominare, perlomeno nella mia regione, il Bal Folk, che va bene, ma andare avanti!

Cosa porterà a Silvio Orlandi il 2023?
Orlandi: Non ho nessun nuovo progetto per il 2023 se non quello di portare in giro il mio nuovo concerto, per nuovi lavori se ne parla nel 2024!


Silvio Orlandi – Allegro tempo di Gavotta (Nota, 2022)
Nell’immaginario comune la ghironda è associata al mondo medioevale e a quello della musica popolare; suonata da trovatori, trovieri e minnesinger, lo strumento a corde strofinate era diffuso dall’ovest iberico al centro e all’est dell’Europa, passando per la Gran Bretagna, la Svezia meridionale e, naturalmente, nel nord della nostra penisola. Nel “Gargantua”, François Rabelais racconta che “raduna più gente un suonatore di ghironda all’angolo di una strada di quanto non possa un buon predicatore di Vangelo”. Se ciò è vero, d’altra parte non si può trascurare la presenza della ghironda nella musica colta per tutto il periodo barocco. Dall’interesse delle corti europee, a partire dalla Francia, alla moda per il gusto campestre, lo strumento viene modificato e migliorato, soprattutto cambia fisionomia in virtù del fatto che i liutai, per soddisfare la domanda crescente, utilizzano le casse armoniche dei liuti già predisposte danno così forma al modello con cassa bombata, testa scolpita e numerose decorazioni, che prevarrà sul precedente dalla cassa armonica piatta. I più grandi compositori compongono per lo strumento a manovella: pensiamo a Vivaldi e Haydin.  Con “Allegro Tempo di Gavotta”, che porta come sottotitolo “La ghironda nella musica colta e popolare”, Silvio Orlandi imbraccia la sua ghironda e, talvolta, il dulcimer (sempre di sua costruzione), conducendoci in un affascinante viaggio nel tempo e nei luoghi, in affinità elettiva con il contrabbassista e violoncellista veronese Clemente Ernesto De Martino, tra i fondatori dei Violini di Santa Vittoria (RE), eclettico esecutore e compositore (il suo violoncello, che ascoltiamo in questo lavoro, è di liuteria ottocentesca piemontese).  Questa bella impresa si compone di ventiquattro tracce, che attraversano varie scritture compositive e interpretative. Si parte con due temi danzanti di origine popolare, datati XVI secolo (“La Bergamasca/ Il Chobo nano” e “L’Iatoria del Gobetto/Caccia Amorosa”) e armonizzati da Gasparo Zanetti, per proseguire con “Canario”, dal coevo “Libro di Sonate del Signor Rubini”. L’intento è di porre l’attenzione su musica strumentale che lascia intravedere l’impronta popolare. Continuando ad attingere dalle pagine musicali rinascimentali italiane si passa a temi colti che rappresentano l’evoluzione della musica da ballo rinascimentale: ascoltiamo “Catena d’Amore” (Cesare Negri), “Celeste Griglio” (Fabrizio Caroso), mentre “Lo ballo dell’intorcia” (Antonio Valente) si fa notare per i suoi cromatismi. La seconda sezione dell’album si affaccia sul repertorio del canto narrativo. “Prinsi Raimund”, per voce e dulcimer, proviene dalla versione della cantatrice astigiana Teresa Viarengo con variazioni ispirata alla versione svizzera del Cantone di Vaud di questa triste ballata, dove non è menzionata l’uccisione del figlioletto. Del canavese è, invece, la versione de “La bella Cecilia”, raccolta da Amerigo Viglierno. Infine, c’è “I tre giovani (I giuvo d’Antraime”), ballata piemontese, magnifico esempio di poesia popolare. Nell’ultima sezione dell’album Orlandi affronta il repertorio dell’età dell’oro dello strumento, proponendo due brani di Philibert DeLavigne, “Tambourin I” e “Tambourin II”, e due composizioni di Michel Corrette, “Badine”, per basso continuo, movimento di danza di carattere gaio e leggero, e “La Furstemberg”, variazioni per basso continuo di Corrette dell’aria molto popolare al tempo, estratta da “L’Europa Galante” di André Campra. L’apoteosi della letteratura musicale per ghironda si tocca con un compositore illustre come Vivaldi, del cui “Pastor Fido” Orlandi e De Martino eseguono: “Sonata n. I” (Moderato, Allegro tempo di Gavotta, Affettuoso, Allegro, Giga), “Sonata n. 2” (Adagio, Allegro Assai Sarabanda, Allegro), "Sonata n. 3" (Giga) e "Sonata n.5" (Adagio, Minuetto I, Minuetto II, Allegro ma non presto). Sono settantadue minuti di musica, alla cui base ci sono ampia ri¬cerca storica e organologica e studio di prassi esecutive. Però, non finisce qui: perché con il codice QR è possibile accedere al video di una performance con cui Orlandi ha portato nelle strade l’antica tradizione girovaga del far ballare una coppia di marionette al suono della ghironda.


Ciro De Rosa

Le foto relative al Premio Città di Loano sono di Martin Cervelli 

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