#BF-CHOICE
Ti chiediamo un ricordo di Carmelo Russo e del suo apporto a Maestrale. In che occasione avete registrato “Gemma”?
“Gemma” è stata registrata durante una sessione di prove in cui stavamo realizzando provini in vista di un nuovo album. Carmelo ci ha lasciati dopo alcuni mesi: un enorme vuoto davanti a noi. Per me è stato uno dei partner musicali più importanti di tutta la mia vita e anche un amico fraterno, ma soprattutto uno dei chitarristi che mi ha emozionato di più, tra i tanti incontrati lungo il mio cammino. Nel nostro primo album, “Maestrale”, il suo contributo nella creazione di un suono di gruppo unico e inconfondibile è stato fortissimo ed i suoi temi “Fenicotteri”, “Now” e “Aire”, rimangono tra le pagine più belle di quel disco.
Come si è costituito il nuovo trio e come cambia Maestrale dotandosi di un piano al posto della chitarra? Qual è stata la gestazione dell’album?
Carmelo è mancato a fine 2020. In un anno già molto complesso e sfortunato, questo è stato un evento ferale per me e Sergio. Da lì la decisione di proseguire il nostro percorso musicale insieme al pianista Fabio Vernizzi, già sostituto di Carmelo in alcuni concerti, con una sonorità rinnovata grazie all’apporto del pianoforte e della personalità musicale di questo artista, che da subito si è incontrata con le nostre. Cambiare il tipo di sonorità ci aiuta a guardare avanti e a proiettare Maestrale verso il futuro.
Quando nasce e come si è sviluppato il tuo rapporto con le danze ed il repertorio balfolk? Che specificità attribuisci all’organetto all’interno di questo repertorio e all’interno del trio? In che modo interagisce con l'evoluzione del tuo stile e della tua tecnica?
La gioia di suonare per il ballo è oggi per me direttamente proporzionale al malessere che due anni di distanziamento fisico e sociale hanno provocato in molti di noi. Attualmente suonare per il ballo è al primo posto in assoluto tra le occasioni in cui esprimermi con la musica: essere il motore che con la musica crea aggregazione. Sì, la cosa in assoluto più appagante del mio fare musica oggi.
L’organetto è storicamente uno degli strumenti elettivi del repertorio a ballo di molte aree italiane ed europee. Da venticinque anni al mio fianco, questo strumento continua a incuriosirmi soprattutto quando si tratta di andare a sviscerare tecniche antiche e proprie dello strumento (dai fraseggi legati della musica irlandese alle “smanticiate” ritmiche della musica sarda) e pertanto il rapporto tra lo strumento ed i repertori a ballo continua a rappresentare un elemento centrale per la mia ricerca.
Perché hai scelto questi ritmi e balli? Quando hai pensato che avresti potuto inserire anche un samba?
Nei giorni in cui iniziavo a scrivere il valzer che apre il disco, mi sono trovato a fischiettare il tema in due quarti invece che in tre, cadenzato a samba. Ho seguito, giocando (qui in inglese “giocare” e “suonare” si fonderebbero in un unico concetto), questa ispirazione da cui ha preso poi vita questo samba che, volutamente, spezza il clima musicale del disco, tenendo comunque teso il fil rouge della festa, del movimento, filo conduttore dell’album.
Sei l’autore della maggior parte delle composizioni del nuovo album: in che arco temporale sono state scritte e cosa le ha generate?
Sono molteplici le fonti di ispirazione. Per fare un esempio, la “Valse de Retraite”, dedicata a Franco Piccolo e più in generale ai musicisti veterani che mi hanno insegnato e trasmesso amore per la musica,
nasce con l’idea di muoversi su un clima d’antan, ispirato da temi “indimenticabili” del nostro liscio o del musette. Una buona metà dei temi sono nati tra il 2018 e il 2019, dandoci tutto il tempo per farli vivere e risuonare insieme ai ballerini, prima di “fissarli” su disco.
Sette dei dodici brani sono suite che comprendono temi diversi: come hai operato le scelte in questo ambito?
È consuetudine in molte tradizioni (e in molte forme di riproposta delle stesse), la unione di vari temi in forma di medley. Ciò avviene anche per il repertorio a ballo, dove spesso si lavora su tempi lunghi.
Pensi l’album abbia raggiunto un buon equilibrio fra invito all’ “ascolto” e al ballo (folk)? Che scelte avete operato sul piano più squisitamente ritmico e esecutivo?
In concerto come nel disco, penso si sia raggiunto un buon equilibrio che rende il repertorio godibile sia per chi danza che per chi desidera semplicemente ascoltare. Scelte sul piano ritmico … hmm … direi che l’apporto di percussioni e chitarre è stato importante per quanto concerne le ospitate nell’album, che qua e là spezzano un po’ la densità armonica della nuova lineup del trio. Fabio Vernizzi è un musicista che stimo molto e con cui condivido molte passioni musicali; sono felice che porti il suo contributo nel nostro progetto, che risulta appunto sempre più “denso” su un piano armonico. Emblematico in tal senso è il suo arrangiamento del tema “Marassina”.
Non si stanno sviluppando. Un po’ perché non le sto cercando, un po’ perché la pandemia mi ha fatto invece concentrare di più sul “locale”, sul suonare nel mio territorio e con musicisti del mio territorio.
Continua la tua passione per lo choro?
Continua più che mai. Dopo due anni di clandestinità, le rode (incontri informali che perlopiù si tengono intorno al tavolo di un bar, quello che in Brasile sarebbe il Boteco) si tengono di nuovo nei locali del centro storico di Genova e in numerose città italiane. ChocoChoro e Choropo sono i due progetti con cui mi dedico a questo stile musicale che tanto amo. Choropo è un nuovo duo con il chitarrista Alessandro Scotto, con cui ci suoniamo sia choro che musica llanera venezuelana, altro territorio molto bello da esplorare con mandolino e chitarra sette corde e poco conosciuto da noi.
Maestrale – Circo Carnevale (Visage, 2022)
Ventitré brani distribuiti in dodici tracce, il trio Maestrale conferma la sua ricca vena narrativa e la sua capacità di sintesi: nel legare fra loro temi musicali, così come nel tenere in perfetto equilibrio un album che si può sia ascoltare e riascoltare con interesse, sia ballare fin dalla prima composizione. “Immanence” apre l’album con il primo dei quattro valzer inclusi nel disco, offrendo una melodia al contempo sognante e danzante, frutto dell’impeccabile sintonia e fusione sonora fra l’organetto di Filippo Gambetta, il violino di Sergio Caputo e il pianoforte acustico di Fabio Vernizzi. Quasi tre minuti e già si cambia passo con due energetiche bourrée legate in un unico arrangiamento, primo dei sette medley capaci di parlare con uguale intensità ad orecchi e piedi. Il tempo di sintonizzarsi sui due tempi delle bourrée e già irrompe uno dei brani più trascinanti: “Mezzaluna” percorre la polska nelle sue diverse declinazioni, transitando senza soluzione di continuità fra tre temi diversi, esplorandone di volta in volta modulazioni ed accenti ritmici, grazie anche all’apporto della chitarra acustica di Roope Arnio. Il valzer torna evocando consumati chansonnier francesi per omaggiare il musicista Franco Piccolo in “La Valse de Retraite”, brano che, appena uscito, già vanta già una cover da parte del fisarmonicista Manlio Vinciguerra, abile nel coglierne le caratteristiche di “classico”, così come accade per “Gemma”. Qui c’è un ulteriore elemento a rendere unico questo valzer in cinque tempi: sono le note della chitarra classica di Carmelo Russo a chiuderlo magistralmente, consegnandoci anche il suo ultimo apporto a questo progetto musicale cui ha contribuito in modo determinante. Un simile viaggio musicale non poteva non approdare in terra bretone, più precisamente dalle parti di Bro Kost ar C’hoad (il paese a fianco del bosco) da cui Filippo Gambetta ha ripreso il ritmo di gavotte chiamato Kost ar C’hoad, alla base del vigoroso medley tripartito dal titolo “Kostardella”. Sempre in area bal folk sono quattro altri balli brillantemente interpretati nella seconda parte dell’album: hanter dro (la suite che lega “Nejr”, con l’efficace ritorno di Roope Arnio, a “Solfatara”); il brano che da il titolo al disco dispiegando un riuscito circolo circassiano, ballo di cerchio a coppie sospinto dal cajon di Sergio Caputo e impreziosito dall’assolo di Fabio Vernizzi al piano elettrico; il bal limousine di “Giardini imperiali”; e il maraichine che accosta alle composizioni di Gambetta anche “Marassina” di Sergio Caputo, arrangiata da Fabio Vernizzi, che “colora” l’introduzione con un caldo piano elettrico, mentre riserva una serie di cambi di passi acustici al bel valzer di sua composizione, “Tris”. E quando il viaggio fra le musiche da ballo sembra essersi concluso, dopo aver toccato l’Appennino ligure, la Scozia, i boschi bretoni, le regioni centrali della Francia, il valse “musette”, ecco far capolino il pandeiro di Piero Leone per un riuscito finale tutto brasiliano: “O samba imanente”.
Alessio Surian