A sei anni dal pluripremiato “Com un soldat”, torna la cantautrice Claudia Crabuzza con un concept album dedicato alla grande scrittrice Grazia Deledda. Un lavoro corale con i testi di Stefano Starace adattati dalla Crabuzza, le parti in sardo adattate da Michele Pio Ledda, le musiche e gli arrangiamenti a cura di Andrea Lubino (batteria, percussioni, cori e voce) e Fabio Manconi (chitarra, fisarmonica, cori e voce).
Apre il disco “La vite e il grano” (“Superba e imponente la neve col suo manto, coprì la vita e il grano, li salva da lenta morte, le nuvole furtive sembravano ragazze felici per il ballo che avevano sognato”), sostenuta da una chitarra classica, dalle percussioni e dalle voci di Elisa Carta, Rita Casiddu e Ilenia Romano. Ritmi più sudamericani con “La solitudine non si muove" (“La casetta di contadini si nascosero come rami nel fogliame e il platano davanti alla porta restava di guardia a protezione") caratterizzata dal flauto traverso, clarinetto e bandoneon. “Tra me e te” (“Se per me cantate il salmo che mi riporta l'alba, gente della mia terra pregate che sia salvo, la tagliola che mi tiene rompetela col vostro abbraccio”) è un pezzo trascinante impreziosita dalla calda voce di Mirco Menna e da un tappeto di ottoni con tromba, corno e trombone. “S’Edra” è più delicata, quasi una ninna nanna cantata in sardo con i cori di Ilenia Romano e gli arpeggi di
classica. “Fra cent’anni un’altra" (“Uomini bisogna essere, uomini come leoni, non cambiamo viso, un sardo non piangerà”) ricorda una banda di paese con flauto, clarinetto, tomba, marimba e la voce cupa di Canio Loguercio. Un grande intreccio di fiati sostiene "Il regno dei sogni" ("Lui bello come una bandiera, uccellino senz’ali, lei rossa come il melograno anche l'acqua cambiava tono, le anime innocenti trovano tesori") che si chiude con una filastrocca sarda. Massimo Donno duetta vocalmente con la Crabuzza in “Una cosa da niente” (“Faccia da inverno ritirato in una grotta, stupido idiota, scemo di guerra tu e la dannata maledetta verità, non è cosa da niente è da elettroshock”), dove il clarinetto e il flauto si incontrano con il glockenspiel. Marcatamente popolare è la successiva “Sa erentzia de sos barones” con i consueti cambi di tonalità del canto sardo, sottolineati dalle launeddas e da una ferrosa chitarra slide. “Visi in fondo al pozzo” (“Signori di se stessi, schiavi per trent’anni, già s’incontravano coi visi in fondo al pozzo”) è cullata dai ricami del bouzouki di Stefano Saletti, della chitarra classica e della fisarmonica La voce recitante di Roxana Rossi introduce “Occhi morti”
(“C'è un pianto là in fondo di un gregge lo sento, pianto degli innocenti per la mia miseria e rovina, un abbraccio crudele di intagli , un'angoscia mortale che raschia la vita intera se il figlio non torna”) una delle canzoni più intense del disco, con un ritornello corale in sardo. In chiusura troviamo “Filos de prata” con il testo sardo firmato da Paolo Pilonca, la voce e la chitarra classica di Caterinangela Fadda e i colori sonori del flicorno. Un lavoro ricercato, impegnativo e di grande spessore culturale. I testi di Starance sono intensi e poetici, gli arrangiamenti di Lubino e Manconi sono curati e suonano vivi e veri. Claudia Crabuzza canta con passione, con rabbia e anche con dolcezza scegliendo con attenzione gli ospiti che hanno dato il loro validissimo contributo. Il corposo booklet di quasi 50 pagine è ricco di contributi scritti, illustrato dai dipinti di Narcisa Monni e contiene anche un qr code con il film “Itinerari deleddiani”, diretto da Remo Branca nel 1961. “Grazie la madre” è un disco d'amare, dove musica e letteratura danzano pericolosamente tra disperazione e speranza, regalandoci momenti di grande bellezza.
Marco Sonaglia
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