Lucilla Galeazzi – Semo de Cinturini. Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città (Arci Terni/Ticchetettà - tradizioni e identità, 2021)

Voce dal timbro straordinario ed intenso in grado di muoversi abilmente dalla tradizione popolare alla canzone d’autore, Lucilla Galeazzi vanta un lungo ed articolato percorso artistico, intrapreso partendo dalle ricerche sul campo al fianco di Valentino Paparelli e Sandro Portelli e proseguito tra diversi progetti discografici, collaborazioni di rilievo internazionale (Claude Barthelemy, Vincent Courtois, Michel Godard, e L’Arpeggiata di Christina Pluhar) e prestigiosi riconoscimenti come la Targa Tenco per l’album “Amore e Acciaio” e l’Angelo per la miglior colonna sonora al Terni Film Festival nel 2017 per il film “Il contagio”. Nel corso degli anni, intensa è stata la sua attività sul palco in Italia e all’estero, spesa alla guida di diverse formazioni, così come non sono mancati progetti collaterali, come il riallestimento di “Bella Ciao” e il più recente “A Sud di Bella Ciao”, curati da Riccardo Tesi, e fortunate esperienze nate dalla sua attività didattica come il Coro Canti E-Terni. In occasione dei settant’anni della cantante umbra, Arci Terni e l’associazione Ticchetettà - tradizioni e identità hanno dato alle stampe “Semo de Cinturini. Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città”, prezioso cofanetto dedicato al suo lavoro di ricerca e divulgazione dei canti della tradizione popolare umbra e nel quale sono raccolti un doppio album dal vivo con la registrazione inedita del concerto tenuto il 2 agosto del 2000 in memoria di Sergio Secci, studente ternano deceduto nella strage della stazione di Bologna del 1980, un disco con i canti della tradizione orale dell’Umbria eseguiti dal coro Canti e-Terni e un ulteriore doppio che documenta lo
spettacolo sulle storie delle operaie e degli operai di Terni, città-fabbrica a cavallo tra XVIII e XIX secolo, realizzato nel 2002 con Ascanio Celestini, la Fisorchestra Fancelli, diretta da Marco Gatti. Abbiamo intervistato Lucilla Galeazzi per ripercorrere con lei le storie, i canti e i ricordi legati a questa nuova pubblicazione.

Partiamo da lontano per riannodare i fili del tempo e tornare ai tuoi primi passi al fianco di Valentino Paparelli e Sandro Portelli…
Valentino Paparelli era un grande etnomusicologo e fu lui a scoprirmi. Ero rimasta molto colpita dal “Bella Ciao” al Festival dei Due Mondi di Spoleto e cominciai a studiare quei canti. Iniziai anche a seguire Valentino nelle sue ricerche e devo dire che la mia presenza spesso facilitava le registrazioni degli anziani cantori che si sentivano più ispirati nel dedicarmi le loro serenate, mentre il registratore andava. Imparai tutte le canzoni che mi aveva dato Paparelli e, dopo avergliele fatte sentire, lui rimase molto colpito dal mio approccio vocale. In seguito, conobbi anche Sandro Portelli che con Valentino aveva dato vita al Circolo Gianni Bosio e che mi coinvolse in un concerto con un gruppo di anziani cantori, i Valnerini. Erano un trio composto da due voci e un organettista. C’era tantissima gente, tra posti a sedere e pubblico in piedi. Mi tremavano le gambe. Avevo cantato da piccola, ma interpretavo le canzoni da balera e non avrei mai pensato di cantare brani della tradizione. Invece, quella volta mi trovai a cantare un canto paraliturgico della Pasqua: “Correte sorelle, correte su su, che morte crudele che ha fatto Gesù”. 
E la canzone comincia a descrivere il corpo di Cristo: “I piedi beati che sono stati inchiodati con grande dolore, la panza beata di nostro Signore è stata flagellata con grande dolore”
. Con grande dolore, ma la musica è vivace, allegra, nonostante il tema sia sempre la Passione. Mentre cantavo vidi in prima fila due che si agitavano e pensavo che stessi cantando male e questi ad un certo punto si alzarono i piedi e mi dissero: “Ma dove l’hai trovata questa canzone?”. Dopo seppi che uno era Vittorio Lanternari dell’Università di Ancora e l’altro era lo storico delle religioni Alfonso Maria Di Nola dell’Orientale di Napoli. Valentino mi proposte di continuare le ricerche a Terni, lo cominciai ad accompagnare per ricantare poi i canti che raccoglievamo sul campo. Piano piano, piano piano mi sono fatta un repertorio mio, tant’è che Sandro Portelli, a quel, punto mi disse di mettere su un concerto in solo e cercai un chitarrista che potesse accompagnarmi. 

Nella tua formazione artistica hanno contato molto anche i canti che hai appreso in famiglia…
Mia madre mi cantava tante canzoni perché aveva un repertorio di canti da stiro, mentre le mie zie avevano lavorato tutte nello jutificio di Centurini e loro mi hanno insegnato “Semo de Cinturini” che è una delle poche canzoni popolari scritte da donne. Centurini era di Genova e si era trasferito a Terni per impiantare una lavorazione di iuta e assunse tutte donne perché pensava fossero più tranquille, mentre come capi reparto scelse dei maschi che spesso ne approfittavano. 
Ci sono tante storie di sfruttamento, umiliazioni e ricatti e che aumentarono ancor di più durante il fascismo. La canzone racconta bene tutto questo, le donne entravano in fabbrica alle cinque e mezza, sei del mattino e uscivano alle sei di sera, irriconoscibili, sporche. D’inverno faceva molto freddo e d’estate sudavano a contatto con le fibre di juta. La domenica poi uscivano tutte ben pettinate, pulite e allora gli uomini le guardavano e le prendevano in giro e dicendo loro di tornarsene in fabbrica. 
 
Questa emblematica canzone ha dato il titolo al cofanetto cofanetto “Semo de Cinturini – Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città”. Com’è nata l’idea di realizzare questo nuovo progetto?
È stato realizzato in occasione dei miei settant’anni da Ticchetettà - tradizioni e identità e ARCI Terni che ha sempre registrato i concerti che ho tenuto a Terni. Avevamo diverso materiale sia con il mio gruppo, sia con il coro Canti e-Terni e, poi, c’era questo spettacolo con Ascanio Celestini. E’ venuto fuori un percorso interessante sul mio rapporto con la musica tradizionale e le storie legate alla mia città natale. 

Il doppio album “Concerto per Sergio” raccoglie la registrazione dello storico concerto che hai tenuto in memoria di Sergio Secci al Parco delle Grazie di Terni il 2 agosto 2000 in occasione dei quarant’anni dalla strage di Bologna…
Sergio era un caro amico, una persona stupenda. Era anche lui di Terni e aveva studiato al DAMS di Bologna dove si era laureato con lode con un anno di anticipo e si interessava di teatro. Era stato anche in 
America per incontrare i maggiori esponenti del teatro di avanguardia. Quel maledetto 2 agosto 1980 stava andando ad un colloquio di lavoro, quando quella terribile esplosione investì la stazione di Bologna. Dopo l’attentato nessuno sapeva dove fosse, risultava essere disperso, ma poi riuscirono a trovarlo in un ospedale dove gli avevano amputato una gamba. Il padre quando andò a trovarlo si fermò sulla porta e con lo sguardo Sergio gli fece capire che non c’era più nulla da fare. Morì qualche giorno dopo. 

A lui hai dedicato la struggente “Per Sergio”… 
Un giorno, incontrai la mamma di Sergio al centro di Terni e mi chiese di scrivere una canzone per ricordarlo a vent’anni dalla sua tragica scomparsa. Io risposi che l’avrei scritta anche senza che me lo dice ma ero così pudica da questo punto di vista che temevo che una canzone potesse offenderla. Così, appena tornata a casa la scrissi in una serata. Era come se mi urgesse scrivere e cantare quella canzone. Il giorno dopo c’era un incontro su Sergio e mi ero portata dietro la chitarra perché volevo cantare quella canzone che avevo scritto per lui. C’erano trecento persone e vidi che si commuovevano tutti e capii che c’era l’urgenza di scrivere quelle parole. 

Cosa ricordi di quella sera del concerto?
Mi ricordo un emozione enorme, quasi non volevo farlo perché mi veniva solamente da piangere. Avevo pianto per due giorni, ma quando arrivai là mi dissi che era una cosa che dovevo a Sergio. Mi sono fatta forza e abbiamo fatto il concerto.

Cosa hai provato nel riascoltare questo concerto a distanza di vent’anni?
Al mio fianco c’era un gruppo eccezionale composto da Massimo Nardi alla chitarra, Antonio Ramous al violoncello, Salvatore Zambataro che divideva tra fisarmonica e clarinetto e Massimo Carrano alle percussioni. Massimo era di una simpatia travolgente. Abbiamo fatto tantissimi concerti insieme, soprattutto all’estero. Insomma, ci chiamavano dappertutto. Ogni volta, che ascolto questo concerto penso a quanto eravamo bravi. Le cose, poi, cambiarono perché subentrarono un po’ di problemi, prima dovemmo rinunciare ad uno dei componenti che aveva cominciato ad insegnare al conservatorio, poi un altro ebbe altri problemi. Insomma, il gruppo si sfaldò, finché non ci dicemmo di andare ognuno per la propria strada. I tempi stavano cambiando, il gruppo era diventato troppo costoso. Oggi sarebbe impossibile fare tanti concerti con quella formazione.

Il doppio album “Sirena dei Mantici” che documenta lo spettacolo omonimo che hai realizzato con Ascanio Celestini e la Fisorchestra Fancelli diretta da Marco Gatti…
Ascanio Celestini nei suoi spettacoli aveva spesso raccontato di Terni, delle sue industrie e dei suoi operai, traendo spunto dai libri di Sandro Portelli. Sandro era arrivato a Terni a sette anni perché suo padre che era militare era stato trasferito alla fabbrica di armi, sua madre era di Spoleto e in qualche modo l’Umbria rientrava nella sua storia. Abitava alla Polymer che era una zona molto popolare e ci rimase fino a diciotto anni. Il suo professore di latino era quello che poi diventò il sindaco di Terni e rimase molto legato a questa città. Il desiderio di raccontare questa città partiva dal fatto che aveva conosciuto delle persone che abitavano sui colli romani che lavoravano la terra di proprietà ecclesiastica e dai loro racconti aveva appreso come lavoravano, la loro presa di coscienza. Insieme abbiamo realizzato “Sirena dei Mantici”, un progetto a metà tra teatro e canzone, un viaggio attraverso la memoria collettiva, le storie e canti su Terni. Con noi sul palco c’era la Fisorchestra "Fancelli", diretta da Marco Gatti che rappresenta l’unicità dal punto di vista musicale.

Altra perla del disco è “Co ‘ l’occhi, co’ la lingua e co lu core” del coro Canti e-Terni. Ci puoi raccontare questa esperienza?
Da molti anni ormai faccio lezioni di canto e con alcune allieve, diventate negli anni molto brave, ho formato anche un coro qui a Roma e con cui facciamo anche concerti. Qualche anno fa, un caro amico dell’ARCI mi ha sollecitato a ripetere l’esperienza a Terni e ho accettato con grande piacere.
Annunciammo l’iniziativa e ci furono tante adesioni. All’inizio eravamo quaranta, c’era entusiasmo, ma si faceva una fatica immensa, perché con tutta quella gente era facile che si facesse caciara. Poi ci sono state una serie di defezioni, perché in molti che venivano anche da fuori e dovevano percorrere ogni volta anche cinquanta o sessanta chilometri per venire alle lezioni. Ad un certo punto si è creato un nucleo di una ventina di corsisti più appassionati che, successivamente, si è ridotto a dieci e quando cantiamo insieme è magnifico. In questo disco proponiamo una selezione del nostro repertorio dai canti di lavoro a quelli d’amore per toccare i canti di guerra. Ci siamo visti una settimana fa e abbiamo cantato insieme perché stiamo preparando uno spettacolo per un bando che abbiamo vinto con la Regione Umbria. Negli ultimi anni abbiamo ampliato il repertorio anche ai canti della Val Nerina con i saltarelli e le serenate a dispetto come a “La Vizzocona”, raccolta da Valentino Paparelli sull’altopiano di Colfiorito in provincia di Perugia. Il canto è molto divertente e fa così: “Vizzocona ti dice mammà/vizzocona ti dice papà/Co la scusa di andare a la messa/Tu fai la civetta e nessuno lo sa/Co la scusa di un mazzo di rose/Tu fai certe cose e nessuno lo sa”.

Tra i tanti progetti, incontri e collaborazioni che hanno caratterizzato il tuo percorso artistico 
memorabile è quello con Michael Godard che, lo scorso anno, hai avuto modo di ritrovare sul palco del Talos Festival di Ruvo di Puglia…
Michael Godard è un grandissimo fiatista e soprattutto suonatore straordinario di serpetone. Si occupa di jazz come di musica barocca e insieme abbiamo collaborato diverse volte e abbiamo realizzato i due volumi di “Castel Del Monte”, progetto discografico curato da Pino Minafra e che coinvolgeva diversi musicisti come Renaud Garcia-Fons. La scorsa estate al Talos Festival abbiamo fatto un concerto magnifico insieme in duo in una chiesa gremita. Io quando canto vado veramente in trance e allo stesso modo accade anche a lui quando suona. Quando abbiamo finito mi sono accorta che c’era tutto il pubblico in piedi ad applaudire. Pino Minafra alla guida del Talos Festival ha fatto cose straordinarie. Mi ha ospitato tante volte e ho avuto modo di ascoltare gruppi ed artisti di levatura internazionale, una realtà veramente unica nel suo genere in Italia. Negli anni lui è riuscito in questa impresa perché tanti musicisti erano suoi amici e andavano a suonare a Ruvo per il piacere di farlo.

Altro incontro cardine della tua carriera è quello con Christina Pluhar...
Fu Michael Godard a presentarmi Christina Pluhar. Vennero ad un mio concerto a Parigi. Suonavamo in posto particolare, una scuola che, di sera, si trasformava in un posto per concerti. Dopo lo spettacolo, 
venne a farmi i complimenti e mi chiese se potevamo incontrarci. Le risposi che quello era l’ultimo concerto che facevo in Francia e, così, decidemmo di vederci a Roma dove lei veniva spesso perché stava facendo delle ricerche in Vaticano. Ci incontrammo e mi propose di lavorare con lei ed era interessata al mio repertorio di canti popolari. Facemmo il primo disco insieme e vendemmo qualcosa come duecentocinquantamila copie. Una numero veramente incredibile!

Concludendo. Quali sono i progetti che hai in cantiere?
Sto lavorando ad un nuovo progetto discografico con il coro perché il bando che abbiamo vinto con la regione Umbria prevede anche la registrazione di un album nel quale ci saranno nuovi canti. 


Lucilla Galeazzi – Semo de Cinturini. Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città (Arci Terni/Ticchetettà - Tradizioni e identità, 2021)
Nella discografia di Lucilla Galeazzi mancava un opera che documentasse il rapporto con Terni, la sua città natale e compendiasse il suo ampio songbook nel quale alle composizioni originali si affiancano musiche tradizionali e canti operai dell’area ternana, raccolti in lunghi anni di ricerche sul campo al fianco di Valentino Paparelli e Sandro Portelli, insieme ai quali entrò in contatto con cantatori e cantatrici come Dante Bartolini, Pompilio Pileri, Villalba Grimani, Americo Matteucci e Trento Pilotti. A colmare questo vuoto è il corposo cofanetto “Semo de Cinturini. Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città” pubblicato da Arci Terni e Ticchetettà - Tradizioni e identità e nel quale hanno trovato posto tre album molto interessanti che, rispettivamente, mettono in luce tre aspetti diversi della sua personalità e del suo percorso artistico. Il primo disco è “Concerto per Sergio – Live 2 agosto 2000”, registrato al Parco delle Grazie di Terni in occasione dei quarant’anni dalla prematura scomparsa di Sergio Secci, studente ternano rimasto vittima della strage di Bologna. L’ascolto ci restituisce intatte tutte le emozioni di quel particolare concerto che vedeva Lucilla Galeazzi affiancata sul palco da un gruppo di eccellenti strumentisti composto da Massimo Nardi (chitarra), Antonio Ramous (violoncello), Salvatore Zambataro (fisarmonica e clarinetto), Massimo Carrano (percussioni). Si parte dai ricordi d’infanzia delle notti di festa trascorse a vedere i carri di maggio cantati in “Era una notte chiara”, per toccare la deliziosa “Voglio una casa” e la sequenza con “Rinello” e “E’ natu” con ogni brano anticipato e seguito da una presentazione della cantante ternana. Non mancano la struggente “Canzone per Sergio”, scritta proprio pochi giorni prima del concerto, “quella perla che è “Quante stelle nel cielo” e alcune sorprese come “Ballu campidanese” eseguito magistralmente da Massimo Nardi alla chitarra, una trascinante “Tammurriata” cantata in duetto con Salvatore Zambataro. 
Chiudono il disco “L’albero del canto” anticipata da una interessante riflessione sull’importanza della tradizione (“Il Novecento è stato il secolo del jazz e del rock chissà quale altra invenzione musicale ci riserverà il Duemila ma l’importante è che si sappia dove sono radicati gli alberi di canto dove si andranno ad innestare le nuove musiche”) e un travolgente “Saltarello”. Il doppio album “Sirena dei Mantici” cristallizza su disco l’omonimo recital, portato in scena con Ascanio Celestini e la Fisorchestra Fancelli diretta da Marco Gatti, un viaggio nella memoria collettiva, attraverso storie e canti legati alle lotte operaie a Terni, raccolte da Sandro Portelli e Valentino Paparelli. Dalle vicende legate alla vita dei contadini nei campi si arriva alle prime proteste nelle fabbriche, per toccare le repressioni fasciste e giungere alla vita in fabbrica negli anni della rinascita economica dell’Italia. Celestini rievoca con grande potenza affabulatrice storie come quella dell’eccidio compiuto il 17 marzo 1949 dal reparto celere della polizia in cui restò vittima Luigi Trastulli, mentre alla voce della Galeazzi sono affidati i canti, magistralmente riletti con negli arrangiamenti della Fisorchestra Fancelli. Da non perdere è anche l’album inedito “Co ‘ l’occhi, co’ la lingua e co lu core,  canti di lavoro, di guerra, d’amore e di passione della tradizione popolare umbra”, interpretati dal coro Canti e-Terni, ensemble vocale fondato e diretto da Lucilla Galeazzi. Anche in questo caso al centro dei canti ci sono le storie come quella del licenziamento in massa degli operai delle acciaierie del 12 dicembre 1952 racchiusa ne “Il 12 dicembre a matina", pagine importanti di memoria collettiva, lezioni profonde di democrazia e lotta di classe. Insomma, “Semo de Cinturini. Lucilla Galeazzi, la memoria e la sua città” è un documento importante non solo sotto il profilo storico ed etnomusicologico, ma anche da quello prettamente artistico, racchiudendo tre album di assoluto pregio.
Il cofanetto è prodotto in tiratura limitata e distribuito da Ticchetettà ed Arci Terni e può essere richiesto all’indirizzo ticchete.tta@gmail.com oppure contattando il 340.2616262 (anche WhatsAPP).


Salvatore Esposito

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