Stacey Blythe: tra Galles e India, da Ffynnon a Gitân

In Galles uno dei gruppi musicali recenti più meritori è stato Ffynnon, la cui cantante Lynne Denman era in grado di proporre anche il dialetto tradizionale della Northumbria, uno dei setti regni anglosassoni tra il VII° e il X° secolo, che si troverebbe attualmente tra l’Inghilterra settentrionale e la Scozia sud-orientale. Ffynnon proveniva dal sud del Paese e si dilettava a musicare pure englynion del XVIII° secolo, una delle forme più rigorose di poesia celtica gallese della cosiddetta “Età Eroica”, epoca nella quale la poetica proveniva prevalentemente dai territori di Cumbria e Strathclyde. Si trattava di un ensemble colto, che arrivava a ricordare in canzone perfino “Diffaith Aelwyd Rheged”, arcaica lirica di Llywarch Hen, cugino di Urien, lamento sul tradimento che costò la perdita delle antiche terre ad opera degli “Uomini del Vecchio Nord”. Versetti del VI° secolo scritti in una lingua che è quella degli antichi britannici, antenati dei moderni Cymry e che oramai fanno parte del tesoro della letteratura gallese. Una delle più antiche d'Europa, tramandata in forma orale fino a quando non fu trascritta nei monasteri tra il IX°e il XI° secolo. Il gruppo non disdegnava neppure mistioni bizzarre, come intonare parole di Elen Egryn su una melodia della musicista galiziana Mercedes Peó. Aveva in repertorio poi canzoni tradizionali franco/canadesi come “En Filant Ma Quenouille”, oppure bretoni: “En Partant De La Rochelle”, “Sept Marins” (dove giovani donne sono in attesa del ritorno dei loro marinai), “Le Petit Cordonier” (canto libertino adatto alla danza). 
O ancora vivaresi come il chant à la marche “Là-bas Dans La Prairie” (dove la donna resiste alle insistenze del corteggiatore), una canzone interpretata più recentemente anche da Erik Marchand all’interno di “Ukronia” (2012). In campo anglosassone rendevano omaggio ad Anne Briggs e ai Pentangle con “The Cuckoo” e “When I Was In My Prime” e non disdegnavano di accompagnare al pianoforte i versi di “Egli desidera il tessuto del cielo” (1899) di William Butler Yeats, tratta da "Il Vento Tra Le Canne” (Se avessi il drappo ricamato del cielo...stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi invece, essendo povero, ho soltanto sogni e quelli ho steso sotto i tuoi piedi. Cammina leggera perché cammini sui miei sogni). All’interno di Ffynnon, autore di quattro dischi (“Debatable Lands”, 1999 – “Celtic Music from Wales”, 2002 – “Adar Gwylltion”, 2006 – “Llongau”, 2015), la multi-strumentista Stacey Blythe oltre a cantare, suonava pianoforte, accordion, recorder, pibgorn* e arpa. Ed esclusivamente al duo tra quest’ultima e i flussi sonori dell’harmonium di Rajesh David si deve il recente “Gitân - Tra Bo Dau” (2021) che parte con quella che inizialmente sembra una canzone popolare del Galles e che poi all'improvviso non lo è più. La voce indiana irrompe ad intrecciare i versi originali con la propria poesia epica in urdu, hindi e sanscrito.
Il malinconico lamento d’arpa di "Beth Yw'r Hâf” (“Che cos’è l’estate per me? Un povero inverno e un’alluvione di lacrime da quando ti ho perduto…”) viene trasportato dagli inediti abbellimenti vocali in una melodia basata sul poema di Kaibir "Mai Ghulam tera" (“Io sono il tuo servitore, tu sei il vero me, tu sei senza forme, colori, definizioni, descrizioni...”). Nelle combinazioni con le composizioni di Rajesh, le antiche Welsh folk songs vengono trasfigurate. Questi nuovi suoni appaiono come diario musicale della società britannica contemporanea, di terre natie e adottive distanti più di settemila chilometri ma le cui linee riescono a fondersi in un'unica voce. Rajesh, figlio di due cantanti, è nato a Mumbai ed è venuto in Galles, ha imparato la lingua e si è stabilito a Lampeter, nella parte occidentale del Paese. Stacey è nata a Birmingham, ha studiato a Cardiff, a sua volta apprendendo ed amando profondamente questo idioma. La musica artigiana di “Gitân” è nata con una sana dose di serendipità, Stacey Blythe aveva ascoltato per la prima volta Rajesh David, assieme ai suoi compagni Fynnon, esibirsi con la band Magic Carpet in concerto e ne era rimasta impressionata. Perciò quando in seguito si era avvicinato proponendole una qualche forma di collaborazione musicale, lei non aveva avuto esitazioni. Durante svariate discussioni hanno cercato un punto di incontro, un terreno comune tra i loro stili,
influenze e patrimoni musicali, esplorando in quale modo la voce di Rajesh avrebbe potuto trovare una connessione con l'arpa a leva e le folk songs gallesi. “Per vedere” come confessa Stacey “se le due melodie avrebbero potuto diventare delle buone amiche”. “Tra Bo Dau”, che significa “Mentre Ce Ne Sono Due” sfida l’approccio stereotipato nella composizione e nello stile, fuse come sono queste arie ternarie celtiche con gli elementi indiani di sargam (canto di note al posto delle parole), tartan (melodia principale breve, ripetuta molte volte, con variazioni ed elaborazioni unita ad una seconda a contrasto con note più acute) e bols (sillaba mnemonica utilizzata nella musica indiana per definire il tala, ovvero lo schema ritmico). Un disco “multikulturale”, per dirla alla Don Cherry, dove si incontrano anche canto melismatico e progressioni di accordi che richiamano finanche il jazz improvvisato. Le canzoni popolari gallesi "Y Gwydd" (“...il poeta è un figlio che ogni giorno aspetta nel bosco un cielo e una terra rinnovati”), "Hiraeth" (“...quando vago nella sera il mio cuore si scioglie come cera…”), "Cariad Cyntaf" (“c’è una bellezza seconda solo al Paradiso nel tuo seno caldo, fanciulla…”) si confondono con la poesia mistica e trascendente di Amir Khusro (“...la mia sciarpa e il turbante del mio amore hanno entrambi 
bisogno di essere tinti nella tonalità della primavera”
) o di Ashtavakra Gita (“...io sono come l’oceano e la molteplicità degli oggetti è comparabile a un’onda…”) per comporre un affascinante intreccio romantico che contempla l'apparenza terrena ed il sacro sentire. In India la musica è arte divina, i primi musici sono ritenuti adirittura Brahma, Vishnu e Shiva, ovvero La Trinità Eterna, furono i “rishi”, gli antichi saggi e veggenti, a scoprire le leggi dei rapporti tra uomo e natura attraverso i suoni. Leggi talmente potenti che documenti storici narrano di come durante il XVI° secolo l’imperatore ordinò ad un musicista un raga notturno mentre ancora splendeva alto il sole nel cielo e quando quest’ultimo prese ad intonare il mantra, il palazzo piombò improvvisamente nell’oscurità. https://gitan.co.uk/music/


Flavio Poltronieri

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* si tratta di un hornpipe desueto durante il XVIII° secolo, strumento di origine celtica di piccole dimensioni, fatto di legno o osso con un padiglione a campana di corno di bue oppure di altro animale.

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