Cantodiscanto – Pandemusica (Visage Music, 2022)

Formatosi nel 1983 a Napoli intorno al chitarrista Guido Sodo, l’ensemble Cantodiscanto ha mosso ha mosso i primi passi nel solco tracciato dai Musicanova di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò, rileggendo la tradizione musicale dell’Italia Meridionale ed in particolare della Campania per evolversi successivamente in un progetto musicale più articolato, ampliando il raggio delle ricerche musicali verso le sonorità del Mediterraneo e della World Music. In questo senso, determinante è stata la rifondazione del gruppo a Bologna, dove il chitarrista partenopeo si era, intanto trasferito dopo una breve permanenza a Modena, e che fece da culla all’ormai storica line-up con protagonisti Frida Forlani (voce), Ivan Valentini (sax), Giovanni Calcaterra (contrabbasso) e Paolo Caruso (percussioni, batteria, berimbau e santoor). Alle riletture dei brani tradizionali pian piano si sono affiancate composizioni originali che hanno consentito al gruppo di mettere in fila una serie di prestigiosi riconoscimenti, oltre che numerosi concerti in Italia e all’estero. Parallelamente, molto intensa è stata anche l’attività discografica intrapresa nel 1997 con il debutto “Cercando la terra” e proseguita in crescendo con “Medinsud” del 2001 per giungere a “Tutto il mondo è paese” del 2010 e "Todo El Mundo A Cantar” del 2015. A distanza di sette anni da quest’ultimo li ritroviamo con “Pandemusica”, album che raccoglie dieci brani, concepiti durante il difficile periodo della pandemia. Come scrive Guido Sodo nelle note di copertina, il disco “eredita come "condizioni al contorno" alcune particolarità del momento: il non potersi muovere ed incontrarsi facilmente, il costruirsi un proprio ambiente minimale nel quale continuare in qualche modo a scrivere pezzi e a fare vivere il lavoro di un gruppo che nelle pur fisiologiche trasformazioni - è in circolazione da più di trenta anni”. Complice di questa nuova avventura dei Cantodiscanto è un nutrito cast di ospiti come i portoghesi Maria Anadon (voce) e Fernando Jorge Silva (chitarra), il palestinese Faisal Taher (voce), David Zaccaria (violoncello), Marco Cappelli (chitarra elettrica), Riccardo Tesi (organetto), Fabio Sodano (ney e balaban), Simone Zanchini (fisarmonica), Maurizio Piancastelli (flicorno), Andrea Taravelli (basso fretless), Elio Pugliese (fisarmonica), Mirco Mungari (tamburi a cornice), e il Coro Stelutis diretto da Silvia Vacchi. Rispetto ai lavori precedenti, questo nuovo album presenta un ulteriore estensione dell’orizzonte musicale del gruppo che, tra incroci ed attraversamenti sonori, ci conduce in un viaggio che si dipana dalle coste italiane a quelle portoghesi per toccare il Medio Oriente ed approdare in Sud America. A caratterizzare gli arrangiamenti sono strutture musicali prettamente acustiche sostenute dalle percussioni e dai tamburi a cornice in cui si inseriscono le corde di Guido Sodo che dialogano ora con i fiati, ora con i mantici. Sotto il profilo tematico, il disco ruota intorno agli stati d’animo, alle storie e alle riflessioni nate durante i giorni del lockdown, come sottolinea il chitarrista campano nelle liner notes: “Abbiamo cercato di fare tesoro delle restrizioni del momento, e sperimentato un modo inedito per noi di costruire un disco, più basato sul lavoro individuale per quel che riguarda gli arrangiamenti, con tante collaborazioni di colleghi fantastici, e sempre attento - speriamo - a restituire il suono e il clima che ci hanno contraddistinto in tutti questi anni”. Non è un caso che il disco si apra proprio con l’emblematica title-track, giocata sul dialogo a due voci tra toscano e napoletano guidato dalla chitarra e impreziosito dal sax che si inserisce nella linea melodica. Si prosegue con la elegante melodia di “Malutiempo” in cui spicca il flicorno di Maurizio Piancastelli ad esaltare il lirismo del testo, e il trascinante rap “Dimentica”, nella quale fa capolino la fisarmonica di Simone Zanchini e la chitarra elettrica di Marco Cappelli, e a cui è affidata una profonda riflessione sulle conseguenze che ha avuto la pandemia sulla società. Se il sinuoso fado di “Transeuntes eternos” guidato dalla chitarra di Fernando Jorge Silva e cantata da Maria Anadon, ci conduce in Portogallo regalandoci un brillante testo ispirato al “Libro dell’inquitudine” di Fernando Pessoa, la successiva “Fili tesi” è un affascinante strumentale in cui giganteggia l’organetto di Riccardo Tesi. Le parole di Pessoa riecheggiano ancora nella nostalgica “Saudade do futuro” affidata alle voci di Frida Forlani e Guido Sodo che impuntura il brano con i suoi interventi in napoletano, mentre in “Una Farfalla Fra Le Dita”, su testo di Jenna Carioli, l’attenzione si sposta sul tema del dilagare delle violenze sulle donne che, durante la pandemia, ha assunto tratti sempre più preoccupanti. Si prende, poi, il largo verso il Medio Oriente con la sofferta “Dahiya” di e con Faisal Taher alla voce e Fabio Sodano al ney per tornare a Napoli con “Beri beri” che ci conduce al finale con “Aria dei fiori” nella quale spiccano il coro Stelutis, i tamburi a cornice di Mirco Mungari e l’organetto di Riccardo Tesi. C’è ancora tempo, però, per una versione radio edit di “Dimentica” che chiude un altro interessante capitolo della storia discografica dei Cantodiscanto. 


Salvatore Esposito

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