Deep Med: tecniche e strumenti migranti. La tradizione nel moderno (parte terza)

La lyra cretese
La lyra cretese è uno strumento (meglio una famiglia di strumenti) che ultimamente mi intriga sempre più con qualche piccola ambizione concertistica ovviamente, magari con un’idea di riuso nelle produzioni elettroacustiche: passando il suono prodotto attraverso pedali effetti. Uno strumento ad arco che origina dalla ribeca medievale e, come la ribeca, è precursore del violino medievale. La Lyra sopravvive nel tempo sostanzialmente invariata come strumento popolare balcanico, tra cui la gadulka bulgara, la lyra egea del Ponto e quella Cretese e la Gusla slava. Ultimamente riaffiora la Lyra calabrese e così via. Il concetto di un piccolo strumento a corde, ponticello, cassa di risonanza ed arco, per intenderci, arriva fino al meraviglioso Sarangi che è uno dei prìncipi dello strumentario musicale indiano.  Fatto sta che in una urgenza e curiosità compositiva, orientato da suggestioni melodiche che trovo davvero straordinarie, mi sono incamminato per un incontro di terzo tipo con la lyra cretese considerata la più diffusa e utilizzata forma odierna della Lyra bizantina. Ed eccomi frequentare – nella meravigliosa Creta di fine maggio – alcuni suonatori e maestri.  La lyra cretese affonda le sue radici in un “tempo profondo” in un “deep med”, un mediterraneo aurorale di grandissimo valore oggi.
Fu introdotta probabilmente nel XII secolo dalle isole del Dodecaneso e iniziò a diffondersi a Creta a partire da Sitia che, situata all'estremità orientale di Creta, era vicina alle isole di Kasos e Karpathos; “Entra nella tradizione di Creta come elemento popolare della tradizione musicale bizantina, in modo analogo a come è stata introdotta in altre regioni, per esempio la lira calabrese in Italia o la gadulka in Bulgaria. Queste cose le andavo leggendo qua e là e, in realtà, come sempre mi è capitato nella personale ricerca etnomusicologica, giravo per la parte nord est dell’Isola, avendo alcuni indirizzi di maestri suonatori e costruttori, ma soprattutto seguendo suggestioni, informazioni, odori, sapori, sguardi, modi di camminare delle donne, degli uomini, il silenzio dei bambini, gli sguardi sul mare dove il mare c’è, il sentire della montagna dove la montagna comanda con il bosco e il giovane fiume. Sono riuscito a intuire, diciamo così, l’anima del luogo. 
Da siciliano mi sembra che Creta stia alla Sicilia come Minosse, il Minotauro e Arianna stanno a Persefone, Archimede o le giovanili e ingenue storie dell’Iliade o pur dell’Odissea. C’è qualcosa di più arcaico, di shivaita, di più antico e misterioso, in quest’isola. Qui è nato il pensiero d’occidente. Qui, nella sua filosofia aurorale, nei suoi misteri zooantropici, in un fosco preumano, troviamo il pensiero che poi sarà greco. Qui troviamo il virus potente dell’analisi, del labirinto della ragione, dei princìpi d’oriente che arrivarono misteriosamente, nella notte dei tempi, davvero portati dal vento dei deserti e infine dal Melteni.
Lì c’è davvero il Deep MED come lo abbiamo chiamato che poi sostanzialmente vuol dire qualcosa in questo mare di così significativo, distintivo e profondo. Qualcosa di non negoziabile in questi tempi oscuri in cui il senso attivo delle culture si baratta – obtorto collo – con un turismo sempre più malsano. Creta ha stilemi e modi arcaicissimi – pregreci, preromani, precristiani – annidati  spesso in forme di paternità bizantina ortodossa.
La Lyra cretese sebbene – come abbiamo visto – di importazione, è lo strumento che per i cretesi concentra ed espande meglio le vibrazioni sonore tese a rappresentare proprio quel Deep Med. D’altra parte, con gli strumenti musicali funziona così: che il fatto stesso che i Cretesi ne abbiano adottato il modello bizantino vuol dire che quel suono trovava immediatamente delle corrispondenze. Una sorta di procedimento ontologico, se così si può dire. E lo si può dire di tutti gli strumenti musicali che sono diventati iconici di un territorio. Il Douduk per il Caucaso, il sitar ( e i suoi antenati ), le tabla e il sarangi per le aree vaste dell’india, la Xora per l’Africa dell’ovest, il didgeridoo per i Nativi Australiani, l’arco battuto sulla bocca a risonanza dei Pigmei nativi subsahariani, le sinfònie a sacca, le zampogne, i suoni, delle aree agropastorali mediterranee e non solo, il berimbau per il Brasile rituale.

Diario cretese
Arrivo a Rethymno che è una città ridente sul mare settentrionale di Creta. Una città che coniava moneta già nel periodo ellenistico. Rethymno è un epicentro – non il solo – della Lyra cretese. 
Molti costruttori liutai, molti suonatori/strumentisti, molto repertorio. Mi procuro l’indirizzo di uno di loro, lo contatto e mi presento in Xatzimixali Giannari 45, Rethymno. Il Maestro Manolis Stagakis è un liutaio importante. I suoi collaboratori che lavorano in liuteria dopo un po’ mi suonano un brano incantevole per lyra e liuto. Compro una lyra cretese. Adesso non mi rimane che studiarla e invitarla rispettosamente nei miei lavori musicali ora suonandola personalmente ora invitando i grandi suonatori di lyra di cui Creta è piena. Ai lettori consiglio nell’era di internet di mettersi sulle tracce web di Ross Daly, inglese trapiantato a Creta negli anni Settanta, diventato oggi uno degli interpreti più straordinari di questo strumento. Oppure Stelios Petrakis di generazione più giovane, raffinato interprete, costruttore/liutaio in piena attività solistica e con un suo speciale quartetto. Tramite loro se ne incontreranno tanti e tante altre. Senz’altro non va trascurata la lira calabrese. Strumento ancora vivo. Costruito e utilizzato in Calabria e ora in fase di recupero etnomusicologico e organologico – per merito, va detto di ricercatori, liutai e studiosi, uno per tutti è Ettore Castagna, cantautore calabrese (unico italiano ad essere presente mentre scrivo nella European World Chart nei primi venti con il suo album “Eremìa”) ed anche di costruttori. La lyra calabrese ha in sé alte alte potenzialità di utilizzo. È certamente compagna di strada della Lyra Cretese. E, se è vero, come dice Predrag Matvejević, che il Mediterraneo è un Destino, allora i due strumenti si ritroveranno in una nuova musica che sta camminando forte, in una nuova world che già respira forte in Europa e in Medio Oriente e che in Italia, pur stentando, arriverà quanto prima a maturazione. 


Il laboratorio del maestro Manolis Stagakis

Luigi Cinque

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