Premio Nazionale Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana XVIII edizione, Loano (Sv), 28-30 luglio 2022

A inaugurare la diciottesima tornata del Premio per la Musica Tradizionale Italiana che fa brillare l’estate della cittadina della riviera savonese è stato l’incontro sulle migrazioni della lingua genovese. Hanno tenuto banco Guido Festinese, noto giornalista e saggista, che ci ha condotti nelle pieghe della storia e tra le diverse prospettive da cui osservare le vicende del “mare in mezzo alle terre”, Beppe Gambetta, maestro del flatpicking, sospeso tra l’America e la sua Genova, e Matteo Leone, chitarrista blues rock di Calasetta, che si esprime nel dialetto tabarchino che risuona in due isole della Sardegna sulcitana. Un dialogo che inevitabilmente ha incrociato quel passaggio cruciale di invenzione della tradizione che è stato “Crêuza de mä”, fissando il baricentro del Premio Loano, la rassegna che guarda alla musica tradizionale non con piglio passatista ma come processo in divenire, un fiume che ha una scaturigine ma che sempre si alimenta di nuovi apporti. Così il Premio, se da un lato assume a sé lo slogan poetico tolkieniano “Le radici profonde non gelano”, dall’altro è ben consapevole che le radici – come ci ricordava recentemente Alessandro Portelli in una nostra intervista – “non stanno ferme, si nutrono di una quantità di cose e da loro parte il movimento. Insomma, le radici sono un inizio, non si fermano: come la musica e l’immaginazione”. “Ritorno al futuro” è il sottotitolo scelto per questa edizione della manifestazione organizzata dall’Associazione Compagnia dei Curiosi con il sostegno del Comune di Loano e i contributi della Fondazione De Mari e della Marina di Loano, sotto la direzione artistica del musicologo Jacopo Tomatis. 
Il festival ha celebrato il meglio delle produzioni discografiche dell’anno 2021 ed assegnato premi alla carriera ad artisti di chiara fama del mondo folk, ma non solo, perché Loano si guarda intorno per proporre live act di grande caratura oppure, come è accaduto negli anni trascorsi, per lanciare produzioni inedite e residenze artistiche. Sulla scia di un programma compatto e ricco di suggestioni sonore, abbiamo ascoltato il solo di Davide Ambrogio (canto, lira calabrese, chitarra, zampogna a paro, flauto armonico, tamburo a cornice ed elettronica). Quello dell’artista aspromontano è un set che incarna l’esperienza estatica ed estetica del suono, esplorando la profondità e il potere del canto e del ritmo. A seguire è salito sul palco il blues rocker Matteo Leone, che con il suo affiatato quartetto (batteria, basso, chitarra elettrica, bouzouki, tamburi) ha portato in Piazza Italia all’ombra dell’imponente Palazzo Doria, sede del Comune, i colori sonori della lingua tabarchina che viaggia sul soffio delle note desert blues e di un canto profondo e scuro. Va detto che Leone ha vinto l’edizione 2021 del Premio Andrea Parodi, partner del festival loanese. La serata di giovedì 28 è stata chiusa da un dopofestival danzante curato dall’Associazione Melisma, con le musiche del collettivo torinese In.Con.Tra.Da sul lungomare cittadino. Giornata indimenticabile quella di venerdì 29, caratterizzata dall’incontro pomeridiano nel ridotto del Giardino del Principe con Fausta Vetere, in dialogo con Enrico de Angelis e Ciro De Rosa, alla quale è stato assegnato il Premio alla carriera 2021, in rappresentanza della NCCP. 
La storica voce della band partenopea si è raccontata, portandoci attraverso passaggi cruciali della storia musicale italiana fino a raccontare i progetti più recenti, che hanno ricevuto ampi riconoscimenti e che sono stati creati dal compianto Corrado Sfogli, musicista e autore nobile e suo compagno per la vita. Alla sera, Alessia Tondo, premio giovani per il suo album “Sita”, ha portato in scena la sua potente grazia naturale di artista che sa dominare da sola il palco, proponendo un set fascinoso dal forte tessuto narrativo in cui il portato canoro tradizionale, reso con vocalità intensa dall’artista salentina, voce femminile del Canzoniere Grecanico Salentino, incontra il presente del loop orchestrale. A seguire Fausta Vetere, accompagnata dal valente chitarrista Umberto Maisto, con lei nella nuova line up della NCCP, ha proposto un recital che ha toccato solo parzialmente il repertorio di tradizione orale, conducendoci, piuttosto, in un viaggio attraverso la canzone d’arte di Napoli, dai classici capisaldi letterari dei secoli passati a Pino Daniele, il tutto reso con suprema eleganza e nobile solidità canora. La storia della ghironda raccontata dal musicista e liutaio piemontese Silvio Orlandi è stata la protagonista dell’incontro pomeridiano della giornata conclusiva di sabato 30. In dialogo con il direttore artistico Jacopo Tomatis e con chi scrive, Orlandi, Premio Città di Loano 2022 (sorta di messa in comune del riconoscimento alla carriera e di quello alla realtà culturale) è una delle personalità imprescindibili per il folk contemporaneo: liutaio, didatta e musicista in tante band (Prinsi Raimund, Malburk, Falafel project e altro ancora), si è raccontato
e al contempo ha tracciato le vicende musicali del suo strumento elettivo attraverso i secoli, proponendo materiali dal suo album appena sfornato “Allegro tempo di Gavotta” (con il violoncellista Clemente Ernesto De Martino), pubblicato da Nota Records. In serata è andato in scena il miglior disco per l’anno 2021, “Canzoni”, dell’organettista OneManBand Alessandro D’Alessandro con il suo organetto cromatico (un Castagnari 18 bassi in Fa/Sib) “preparato” ed elettronica leggera. Il musicista del Basso Lazio, originario di Coreno Ausonio, suona, percuote, raschia la sua “scatola sonora”, usa loop e delay, effettistica, producendo stratificazioni ritmiche (suona al contempo anche campanelli carnevaleschi) e armoniche sullo strumento. Insomma, entra ed esce dalla tradizione e ne crea pure una nuova su uno strumento che suona fin da quando aveva nove anni, seguendo la consuetudine famigliare e partecipando alle feste patronali locali in cui il mantice non poteva mancare. Basta per avere il certificato di musicista tradizionale? La questione si pone perché voci della critica musicale hanno avanzato leciti dubbi sul fatto che quello di D’Alessandro fosse un disco da “Premio per la Musica Tradizionale Italiana”. Per contro, si può dire con margini di oggettività se un album, che si fonda sul suono di uno strumento popolare, possiede i requisiti per essere inserito nell’elenco dei dischi candidati? Il lavoro deve aderire a un canone? E quale? Chi ne traccia i limiti? Si può prescrivere cosa sia tradizione e cosa no, quando la categoria stessa di ‘tradizione’ è stata da tempo decostruita dalle scienze sociali? 
La sua irrequietezza artistica spinge D’Alessandro a riprendere “la musica che gira intorno” con gusto intelligente e onnivoro; naturalmente spiazza l’ascoltatore, produce perfino un comprensibile straniamento per chi associa – l’idealizzazione estetico-ideologica è sempre dietro l’angolo – l’organetto al mondo rurale e atavico: quasi un paradosso per uno strumento figlio dell’era industriale, che a sua volta è stato adottato dal mondo contadino sostituendone altri più antichi. Ricorda Maurizio Agamennone nella presentazione del lavoro di d’Alessandro (pubblicato da Squilibri) che manca una letteratura organettistica d’autore, una prassi esecutiva consolidata (con alcune eccezioni, mi sento di dire, pensando a certe composizioni di Riccardo Tesi, solo per restare in Italia). “Loano è un’occasione in cui degli artisti si ascrivono alla ‘tradizione’, proclamano la propria appartenenza alla ‘tradizione’ […]”, commenta Ignazio Macchiarella in una comunicazione personale con il sottoscritto: ne convengo. Di fatto, una giuria di musicologi e di giornalisti specializzati e generalisti, seguendo le indicazioni delle motivazioni alla base del Premio, lo ha di gran lunga portato in cima: tanto basta. Cosicché, tornando al carnet sonoro offerto dal musicista “popolare” laziale, si è srotolato il suo ampio orizzonte d’ispirazione che attinge a un corpus celeberrimo e di grande diffusione, come “I Can’t Help Falling in Love”, Azzurro”, “I giardini di marzo” e “Il mare”, ma anche a musiche di tradizione che ci portano in viaggio tra Balcani, Armenia e Svezia. Non c’è stato tempo per far riposare le emozioni, con l’aumento del numero dei giri causato dal concerto finale che ha
visto il formidabile rendez-vous tra il chitarrista elettrico e nomade dei suoni Justin Adams, produttore dal lunghissimo curriculum, e Mauro Durante (violino, voce e tamburello), colonna portante del Canzoniere Grecanico Salentino. Un set serrato, che ha esplorato il loro “Still Moving”, disco capolavoro, miglior album per il 2021 a giudizio di “Blogfoolk Magazine” e di “Songlines”. Ancora un crocevia di suoni e lingue (inglese, salentino, italiano), una rotta musicale aperta ed estatica che si impossessa di corpo e mente, dove trovano terreno comune i ritmi della pizzica e il blues, il lirismo di Modugno e le pennellate di chitarra acida, il rock a tinte desertiche e gli umori folk. Un mood che ha chiuso il cerchio della trance iniziata con il flusso delle invocazioni e delle evocazioni di Davide Ambrogio. La sensazione lasciata dalla tre giorni di Loano, Festival che ha raggiunto in questa edizione la maggiore età, è quella della consapevolezza che qui, di anno in anno, si scrivono pagine uniche che riguardano un aspetto pregnante della musica italiana tout court. Quello di Loano non è un evento assimilabile ad altre forme di effimera proposta turistica estiva sparse per la Penisola, è un appuntamento culturale di elevato profilo, eppure non elitario, fruibile da un pubblico eterogeneo e pure fidelizzato; è un appuntamento di taglio internazionale che celebra i suoni della tradizione italiana, ma che è anche ponte sonoro con orecchie drizzate ad ascoltare la contemporaneità; che non si erge a bastione di solitudine, considerato che costruisce rete con altre iniziative musicali incentrate sulle forme espressive e sulle prassi musicali di tradizione orale. Grazie al Premio Loano, unico autorevole Folk Award italiano – detto a chiare lettere – si rivelano e viaggiano espressioni musicali che occupano uno spazio significativo nella cultura del nostro Paese, illuminando di unicità la graziosa cittadina rivierasca del ponente ligure.

 

Ciro De Rosa

Foto di Martin Cervelli - Video di Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia