Francesco Bianconi – Accade (Ponderosa Music&Art/BMG Italia, 2022)

Terzo lavoro solista per Francesco Bianconi, che, dal 2020, anno di uscita di “Forever”, non si è praticamente più fermato: lo scorso anno è arrivato “Forever in technicolor”, sorta di repack del suo album d’esordio, seguito, a nemmeno dodici mesi di distanza, da “Accade”. Stiamo parlando di un album interamente di cover, che si snoda fra “riappropriazioni” di pezzi che lo stesso Bianconi ha scritto per altri nel corso della sua carriera, e vere e proprie reinterpretazioni di brani altrui. Il frontman dei Baustelle pesca dal “suo” repertorio la splendida “Io sono”, canzone cantata da Paola Turci e qui scandita da un delicatissimo arpeggio di pianoforte, aperto da una sezione archi tanto ariosa quanto imponente. Altri splendidi rifacimenti di pezzi autografi sono “La cometa di Halley” e “Bruci la città”, pezzi portati entrambi al successo da Irene Grandi: la prima- eseguita dal vivo già nel tour della scorsa estate- si muove su un etereo tappeto di archi, su cui si poggiano i languidi arpeggi del pianoforte, ed è conclusa da una struggente coda strumentale, a cui l’ingresso dei fiati regala un commovente pathos. La seconda è interamente scandita da un intenso pianoforte, colorato anche in questo caso dalle incursioni della sezione archi e dai fraseggi di un sintetizzatore. L’ultima “autocover” è uno dei passaggi più belli dell’intero lavoro, “I capolavori di Beethoven”, brano scritto dallo stesso Bianconi e da Pippo “Kaballà” Rinaldi, e cantato da Mario Venuti e dal Maestro Battiato in quel gran disco di “Il tramonto dell’occidente”. L’andamento dinamico del brano è sempre lo stesso, ad un arpeggio di pianoforte si aggiungono le aperture melodiche degli archi e dei fiati, mentre la coda finale- sulle note della Sonata in Do Minore di Beethoven, è mirabilmente affidata agli squarci elettronici di un sintetizzatore. È, però, impossibile non sottolineare quanto l’intensità del cantato di Francesco riesca a rendere potente e fragile, allo stesso tempo, una canzone già bellissima di suo. Il viaggio che Bianconi fa all’interno dei repertori altrui comincia con “Playa”, qui cantata in featuring con la titolare effettiva, vale a dire Baby K. Adesso, anche a costo di passare per borderline, devo dire che qui è avvenuto un piccolo miracolo: riuscire a far diventare una hit estiva, una canzone commovente, dalla fragilità malinconica e solitaria, sottolineandone anche una non- stupidità di fondo, è impresa che riesce solo ai fuoriclasse. E che conferma che, spesso, basta poco: giusto un piano e degli archi. Anche “Ti ricordi quei giorni”, omaggio alla grandezza di Francesco Guccini, è permeata, in questo caso come nell’originale, da una densa patina di malinconia, accentuata dalla solitudine strumentale del pianoforte. L’omaggio ad Ornella Vanoni (e, di rimando, anche a Giorgio Calabrese, Jerry Chestnut e Tammy Wynette), con “Domani è un altro giorno”, è costruito sempre lungo le architetture di un pianoforte ed i contrappunti degli archi, ma le modulazioni che si rincorrono ad ogni gli regalano un respiro ampio ed un andamento serrato, a tratti incessante. Altra cover già apprezzata nei suoi concerti estivi è “L’odore delle rose”, dal repertorio seminale dei Diaframma, band più volte indicata da Bianconi come uno dei suoi riferimenti. Qui, ovviamente, tutto il tiro rock della versione originale si dissolve, per lasciare il posto ad una delicata intimità, in cui gli arpeggi di pianoforte si intrecciano con un tappeto si synth e con i fraseggi di un flauto. Penultimo episodio è “Michel”, omaggio ad un altro cantautore enorme come Claudio Lolli, cantato insieme a Lucio Corsi. Un elegante arpeggio di pianoforte tesse le trame del pezzo, inspessite dall’ingresso di un cupo flauto e di una drammatica sezione archi. A chiudere il disco è “Quello che conta”, dal canzoniere dell’immenso Luigi Tenco, aperta dalle tensioni di una sezione archi, col classico pianoforte ad accompagnare e gli splendidi squarci del flauto a colorare ulteriormente di pathos. In conclusione, Francesco Bianconi si conferma uno dei migliori artisti della sua generazione (e, contestualmente, del nostro tempo), capace di entrare in una simbiosi pressocchè totale con ogni canzone, e di farlo con un tatto e con una grazia non comuni, disegnando ogni volta nuovi immaginari e nuove traiettorie interpretative. Una vera e propria garanzia di classe. 


Giuseppe Provenzano

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