Nazareno Caputo – Phylum (Aut Records, 2021)

Formatosi in ambito accademico presso i Conservatori di Potenza e Firenze e successivamente frequentatore dei corsi di Siena Jazz e delle masterclass del Nuoro Jazz, Nazareno Caputo vanta un percorso articolato speso tra l’attività di sideman in diversi progetti, tra cui Moksha Pulse di Umberto Tricca e Totem di Ferdinando Romano con Ralph Alessi, e le collaborazioni in duo con l’arpista Stefania Scapin, la contrabbassista Gina Schwarz e con Leonardo Radicchi nel progetto LOGOS, a cui si aggiungono le esperienze in ambito cameristico con diverse formazioni, tra cui: Stefano Battaglia Tabula Rasa Ensemble, Ensemble de Angelis, Bruno Tommaso Jazz Workshop. A corollario di questo intenso cammino artistico arriva “Phylum”, opera prima come leader, inciso in trio con Ferdinando Romano al contrabbasso e Mattia Galeotti alla batteria e che cristallizza le risultanze delle sue ricerche sugli elementi strutturali di un organismo musicale. Non casuale, in questo senso, è la scelta del titolo. “Phylum”, infatti, è un termine utilizzato in zoologia e botanica per indicare un preciso gruppo tassonomico a cui appartengono sul piano strutturale determinati organismi che, tuttavia, per sviluppo morfologico non si evolvono necessariamente nelle medesime direzioni. Tutto ciò si traduce in musica nell’incontro tra i tre strumentisti che, muovendo da una medesima visione delle strutture musicali, ne elaborano lo sviluppo seguendo direzioni e percorsi differenti e nel contempo complementari. Registrato tra il 12 e il 14 giugno 2020 negli studi Artesuono di Cavalicco (Ud) sotto la guida di Stefano Amerio che ne ha curato anche il mixaggio e la masterizzazione, il disco raccoglie nove composizioni firmate da Nazareno Caputo che, muovendosi tra musica contemporanea e jazz, ci svelano un complesso universo sonoro in cui si entra in contatto con linguaggi, scelte stilistiche ed elementi morfologici differenti, ma nel contempo accomunati dalla stessa riflessione ispirativa che va rintracciata nei concetti di struttura e complessità, insiti nella formazione del vibrafonista lucano e che rimandano ai suoi studi di architettura. All’ascoltatore tocca, dunque, farsi largo negli intricati incastri sonori, nelle ardite costruzioni compositive per cogliere ciò che è nascosto e scoprire l’intellegibile. Colpisce la scelta di Caputo di proporre le sue composizioni in una formazione atipica, ma che esalta il timbro cangiante del vibrafono, strumento che in Italia ha sempre trovato poco spazio in ambito jazz, ma che, ultimamente, sembra aver finalmente guadagnato i palcoscenici che merita. Aperto dalle frastagliate dissonanze ritmiche di “Preludio”, il disco entra subito nel vivo con il crescendo della suite “Adi” che si evolve in climax dal solo di vibrafono ad una travolgente parte corale in cui Galeotti giganteggia alla batteria. Si prosegue con “Dolce”, altra lunga suite caratterizzata da contrappunti e soluzioni ritmiche intriganti, e con gli echi di Bach di “Abside”, per giungere all’emblematica “Adam R.” nella quale si coglie la lezione di Milt Jackson. Completano il disco i tre movimenti della suite “Phylum”, nella quale emerge con maggior forza il confronto tra l’anima jazz e quella d’avanguardia del disco, e il “Postludio” in cui il centro della scena viene lasciato progressiva mente al silenzio. Insomma “Phylum” è un eccellente album di debutto che segnerà certamente l’inizio di una produzione discografica che si auspica sia tutta in crescendo. 


Salvatore Esposito

Posta un commento

Nuova Vecchia