Rembrandt Trio – A Wind Invisible Sweeps Us Through The World (Just Listen, 2021)

In una recente intervista a “Jazz in Europe”, a proposito del suo rapporto con il contrabbassista Tony Overwater e con il batterista Vinsent Planjer, Rembrandt Frerichs raccontava: “Da anni ci troviamo ogni settimana per provare nel mio studio, che ci sia o no un concerto in arrivo. Questo ci ha permesso di evolvere molto insieme, di diventare un’unità musicale, in cui ci sentiamo il più liberi possibile, riguardo alle decisioni che dobbiamo prendere durante i concerti, per lasciare che sia la musica a trasportarci”. Tra il 2010 e il 2021, questo trio olandese ha collaborato con artisti diversi fra loro, incidendo sette splendidi album. Due esperienze recenti hanno visto il trio impegnato a dialogare con le modalità improvvisative di matrice persiana: prima con Kayhan Kalhor (“It’s Still Autumn”), e quindi con Hossein Alizadeh (“Same Self, Same Silence”). Anche il titolo del nuovo album rimanda all’Iran, ai versi del poeta persiano del XIII secolo Rumi: prova a raccontare l’universalità della musica e come la curiosità spinga il trio a viaggiare e a incorporare nel proprio repertorio melodie, temi, ed esperienze da diverse regioni del mondo. Le restrizioni causate dal Covid-19 si sono tradotte per il trio in un periodo di riflessione e di elaborazione di quanto vissuto insieme in quindici anni di viaggi, dell’influenza che quelle esperienze avevano avuto: sul loro vocabolario, sul repertorio comune da cui ognuno è ora in grado di attingere, sull’alto grado di fiducia reciproca che ora li lega. La decisione comune è stata quella di registrare un album con brani che evocassero e mettessero in gioco queste memorie collettive, riattivando in chiave di immaginazione la loro capacità di navigare il mondo. A febbraio 2021 si sono ritrovati in una chiesa sconsacrata di Amsterdam, oggi chiamata Orgelpark, un tesoro di organi antichi, per il loro terzo disco per la Just Listen Records. “A Wind Invisible Sweeps Us Through The World” privilegia la melodia, ne fa la bussola dell’interazione reciproca e del riscoprire influenze da diverse regioni del mondo, cercando di trasformare ogni singola composizione in un’esperienza atemporale, ricercando quelle qualità universali che permettono connessioni attraverso le diversità culturali: canzoni che trascendano le frontiere di tempo e di luogo come risposta ad un’epoca in cui tutto è sospeso. Il titolo evoca così il vento, l’aria soffiata dalle canne dell’organo, le onde invisibili del suono che danno forma ad una canzone stabilendo un parallelo con le forze che ispirano il viaggio e allargano gli orizzonti. I quindici brani di “A Wind Invisible Sweeps Us Through The World” sono, a volte, ispirati da composizioni e temi che attingono a tempi e matrici culturali diverse, da motivi cari a J.S. Bach (“Bleib Bei Uns”, “Erbarm dich mein, o Herre Gott”), a una canzone popolare cinese, a un tema armeno. “Leaves of Green” suona come un omaggio al pianismo essenziale e attento alle melodie delle tradizioni popolari dello svedese Jan Johansson. Nell’elaborazione delle melodie, il trio può contare sulla capacità di ascolto reciproco e di lasciare spazio agli altri strumenti e sull’interazione con lo straordinario spazio acustico circostante, compreso l’organo Sauer che al momento opportuno, in “Bleib Bei Uns”, viene chiamato ad interagire, anche con il piano acustico. La duttilità strumentale è accresciuta dall’originalità del set percussivo di Planjer che sa spaziare dai tamburi a cornice, allo zarb, alla batteria, così come Overwater sa alternare contrabbasso e violone (cui ritaglia uno splendido solo quando si tratta di introdurre “Leaves of Green”. 


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia