La danza, libera espressione di creatività individuale e collettiva

Danza come linguaggio universale
Per comprendere il valore profondo della danza è importante praticarla, la teoria serve a poco. Commentava Nietzsche: “Dovremmo considerare persi i giorni in cui non abbiamo ballato almeno una volta”.  Nel testo useremo il sostantivo “danza” riferendoci idealmente al linguaggio universale che si esprime attraverso il corpo, evitando frammentazioni relative a denominazioni, forme e generi che si sono susseguite nel corso dei millenni (ballo, pantomima, balletto, teatro-danza, danza terapia ecc.).  In maniera spesso acritica, viviamo in un’epoca schizofrenica e narcisista, costellata da false attrazioni esteriori indotte e superficiali. Tuttavia la vita insegna che la specialità può essere scoperta e valorizzata anche prestando attenzione alla “semplicità” della nostra interiorità, la quale riflette la complessità del corpo, inteso come articolata unità psico-fisico-spirituale, rispondente alle leggi solidali e cooperative della Natura. Nei corpi risiedono “musica e danza” che ogni individuo può, potenzialmente, valorizzare creativamente secondo necessità, per comunicare stati d’animo, emozioni, pensieri, narrazioni gestuali più o meno elaborate. Insegnava Isadora Duncan: “Sei stato selvaggio, un tempo. Non lasciarti addomesticare”.
Da sempre, nella storia dell’umanità musica e danza si accompagnano, ma certamente gli studi contemporanei coreutici risultano minoritari rispetto a quelli musicali.   Studiando le civiltà antiche (peraltro già fortemente sviluppate culturalmente e socialmente) è possibile rilevare come fosse diffusa l’idea di concepire le arti e le conoscenze in modo unitario, tenendo in considerazione gli aspetti pratici della quotidianità e le relazioni con l’universo, secondo specifiche concezioni cosmogoniche. Attraverso la gestualità corporea è possibile dare ritmo ed espressività alla vita terrena. Ogni essere umano è in risonanza più o meno consapevole con il proprio corpo, in perenne contatto con l’inconscio. Ogni essere umano a proprio modo danza, mettendo quotidianamente in relazione movimento, ritmo e rappresentazione gestuale. Agostino d’Ippona lodava la danza perché «libera l’uomo dalla pesantezza delle cose e lega l’individuo alla comunità … favorisce salute e chiarezza di spirito, che eleva l’anima». La danza è per noi sinonimo di libertà, è il corpo che esprime, in modo eidetico, emozioni senza l’uso della parola: danza che è silenzio e ascolto interiore.

Danza come mistero e beneficio 
A Igor Stravinkij viene attribuito l’aforisma “il ballerino è un oratore che parla un linguaggio silenzioso”. La danza aiuta a superare dogmi e inibizioni personali, tabù, paure e vergogne indotte socialmente. Danzare richiede passione, determinazione, volontà, coraggio, desiderio di scoprire e superare i propri limiti. Danzare è appagamento interiore, difficilmente esprimibile usando i lemmi di un vocabolario.  «La danza può rivelare tutto il mistero che la musica tiene nascosto», scrisse Charles Baudelaire.
Danzare può divenire anche un’impegnativa professione, nella quale sono necessari sacrificio, sforzo fisico, disciplina e svariate competenze tecniche. Tramite la danza è possibile ricercare bellezza ed eleganza, beneficio del corpo, per trovare armonia ed equilibrio fisico-mentale anche mediante rappresentazioni o performance collettive, quali espressioni di unione e di condivisione comunitaria.  Danzare è un modo per comporre (“cum ponere”), per divenire corporalmente “poeti” nel senso etimologico del termine. Danza capace di emozionare sé e gli altri, esprimendo sensazioni recondite e nascoste, superando pudiche inibizioni, liberando la mente dai limiti concettuali acquisiti socialmente e culturalmente. Danza che, in contrappunto con la musica, aiuta il corpo a scoprire nuove dimensioni finanche a sconfinare nella trance. Con la danza, l’“homo burocraticus” soccombe, si stacca temporalmente dalle convenzioni, dai dogmi, dalle leggi. L’essere umano diventa dinamico e partecipativo, si carica di energia, si sfoga, ritrova un’ideale dimensione ancestrale; diventa vitale, accendendo passioni, spalancando le porte ai sentimenti di amore, al corteggiamento, alla sessualità quando non anche all’erotismo.  Milan Kundera evidenziò che «… è per l’erotismo come per la danza: uno dei partner s’incarica sempre di condurre l’altro». E ancora, chiosava il ballerino Fred Astaire: “Non dimostro il mio amore con un bacio, lo dimostro ballando».
Il corpo è continuo movimento interiore, aperto al cambiamento. Nella danza vi è coordinamento nel rapporto spazio-tempo e nella sinergia tra gli organi e le diverse aree del cervello. Michael Jackson sosteneva che «pensare è il peggior errore che un ballerino possa commettere. Non bisogna pensare, bisogna sentire». Lasciamo ai neuro-scienziati gli aspetti tecnici e le spiegazioni concettualmente misurabili, consci dei numerosi progressi compiuti dalla ricerca specialistica e degli innumerevoli interrogativi ai quali cercherà di rispondere nei secoli a venire, operando interdisciplinarmente e olisticamente, superando limitanti concezioni riduzioniste che, da sole, possono offrire solo frammentate porzioni di verità rispetto al corpo umano e al suo agire. 
Culture preistoriche e totemiche, storia delle religioni, antropologia e folklore, studi etnomusicologici, lettura di testi classici (…), sono numerose le fonti alle quali è possibile attingere, per cercare di comprendere come, dal linguaggio universale originario della espressione corporea, le diverse società siano progressivamente giunte a incasellare la danza entro schemi rituali, codificando usi comunitari riferiti a condotte vincolate da norme e prescrizioni, comprese quelle che puntarono alla differenziazione in classi sociali, ad ognuna delle quali erano abbinate specifiche danze.  Dalla danza cosmica di “Shiva”, alla concezione greca dell’ “orchéomai” (danzare), al più moderno francese “danser”…, la storia della danza è affascinante, come ben dimostrò Curt Sach nel poderoso saggio, del 1933, “Eine Weltgeschichte des Tanzes”, che venne introdotto con frasi assertive e chiarificatrici circa il suo modo di ragionare: «La danza è la madre delle arti. Musica e poesia si determinano nel tempo, le arti figurative e l’architettura nello spazio: la danza vive egualmente nel tempo e nello spazio». Se studiata nella sua globalità, la letteratura sulla coreutica è estesa, ma il nostro obiettivo mira semplicemente a “riaprire una porta”, capace di portare una ventata d’aria, per ridare adeguato valore al corpo, tramite il quale è possibile riscoprire verità nascoste o sepolte, aprendo lo scrigno ermetico dell’interiorità, cercando se stessi in armonia con l’universo. Danzare è un modo per aprirsi alla vita, avendo dinanzi a sé il “multiverso” che alcuni ricercatori ipotizzano essere universi infiniti. Tutto il mondo intorno a noi danza, ma chi non saprà aprirsi all’infinito, continuerà ad avere una visione della danza limitativa e limitante. «Esseri umani, piante o polvere cosmica: tutti danziamo su una melodia misteriosa intonata nello spazio da un musicista invisibile».  Il pensiero è di Albert Einstein. La sua riflessione sugli arcani della vita può essere di buon auspicio per approcciarsi con spirito di ricerca e maggior consapevolezza al mondo della danza, intesa come pratica armonica universale. Al pari della musica, è un dono eterno a favore dell’uomo, della libertà e dell’unione pacifica tra i popoli.

Paolo Mercurio

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