Fale Curte – Muiart (Primigenia, 2021)

Gli inizi degli anni Novanta hanno rappresentato una fase di vibrante fermento creativo per la scena musicale friulana che si apriva alla sperimentazione con le nuove sonorità ed in particolare con il rock, conservando una forte matrice identitaria con l’utilizzo della lingua furlana. In questo articolato panorama, ben documentato dal primo volume del progetto antologico “Suns - Antologjie de gnove musiche furlane” edito da Nota, presero vita i Fale Curte, formazione guidata dal cantautore Lino Straulino (voce e chitarra) e composta da Gianni Cattaino (flauto e sax soprano), Lorenzo Bianchi Quota (basso e armonica a bocca), Franco Stocco (batteria) e Bruno Cimenti (chitarre elettriche, chitarra acustica, bouzouki irlandese). Sin dai primi e seguitissimi concerti, si segnalarono al pubblico per i brani firmati da quest’ultimo e per l’originale approccio agli arrangiamenti ai quali concorrevano le diverse sensibilità artistiche dei componenti e in cui gli stilemi della tradizione musicale friulana incrociavano le sonorità rock, folk e prog. Al grande successo che ebbero sul palco, seguì anche la pubblicazione per Nota del disco omonimo, ma rimase un episodio isolato, perché nel 1996 il gruppo si sciolse. Vent’anni dopo, il gruppo si è ritrovato per una pizza e riascoltando un vecchio nastro è nata l’idea di riprendere in mano lo storico repertorio e, allo stesso tempo, lavorare a nuovi brani. A riguardo Straulino in un video presente su YouTube racconta: “I Fale Curte hanno una storia singolare. Fanno un po' come il fiume Tagliamento che ad un certo punto scompare e poi riappare vicino al mare. Noi abbiamo fatto una cosa abbastanza simile nel senso che nei primi anni Novanta eravamo molto attivi e poi c'è stato un lasso di tempo abbastanza importante in cui ci siamo un po' sommersi per riemergere in questa fase in cui ci troviamo ora”. Complice il lockdown per il diffondersi della pandemia da COVID-19, lo scorso anno il gruppo è tornato in sala d’incisione e, dopo ventiquattro mesi di lavoro, ha preso vita il loro come-back album “Muiart” al quale hanno partecipato anche Marco Spiccio (pianoforte e organo), Nives Agostinis (seconda voce e cori) e il Metamorphosis String Quartet: Alessandra Cella e Alnia Savytska (violino), Arianna Ciommiento (viola) e Mario Roveda (violoncello). A luglio, proprio mentre il disco era in stampa, durante un’uscita lungo la ferrata Oberst Gressel (Passo di Monte Croce Carnico), è prematuramente scomparso Gianni Cattaino, medico ed esperto arrampicatore, al quale è stato dedicato il disco e i cui fiati rappresentano uno dei tratti distintivi della band. Rispetto all’esordio, l’approccio al rock ha assunto tratti diversi permeandosi maggiormente di folk e aprendosi al jazz in una visione aperta e libera della ricerca sonora. Il titolo del disco che in carnico vuol dire fieno fresco e, in una accezione più ampia anche “giovane inesperto” sembrerebbe giocare sul ritorno del gruppo in età matura, ma a riguardo illuminante è quanto scrive nella presentazione Lino Straulino: “L’incisone delle prove recuperata da Lorenzo (il nostro bassista) fu l’inizio di questo progetto: “Muiart”, il nuovo album di canzoni dei Fale Curte, il gruppo musicale di cui mi onoro di far parte. Grazie a Lorenzo, ai fraseggi ritmici di Franco ed agli intrecci melodici di Bruno e Gianni le canzoni che avevo composto allora per il gruppo e parevano destinate all’oblio ora hanno preso nuova vita e forma e sono qua per allietare le vostre orecchie e il vostro cuore. Il “muiart” in Carnia corrisponde all’ultimo taglio di fienagione, quello autunnale. Era indispensabile per garantire il sostentamento al bestiame e completare il rito della raccolta prima dell’inverno. Il ciclo della vita in montagna imponeva il massimo rigore riguardo agli sprechi: ogni filo d’erba, ogni zolla di terra, come pure ogni stecco del bosco, erano tenuti in considerazione. Mi auguro che queste canzoni possano essere come un “muiart” da raccogliere e conservare con cura”. L’ascolto dell’album svela una preziosa raccolta di undici brani densi di poesia in cui a spiccare è la perfetta alchimia sonora che avvolge i brani firmati da Straulino. Basta ascoltare l’iniziale “La prime volte” nella quale convergono prog e West Coast con le chitarre a tessere la linea melodica in cui si inserisce il flauto di Cattaino. Si prosegue con la bella sequenza in cui ascoltiamo sinuosa e misteriosa “La strie”, la ballata riflessiva “Dut ce ch'al reste” e le impennate elettriche di “No'nd'è pâs”. L’atmosfera jazzy di “A New York” ci introduce alla nuova versione di “Man Man”, brano già inciso da Straulino in versione acustica in “Tor a Tor” del 1998 e a “L'ultin no'l sarà mai prin” in cui spicca il magistrale lavoro alle chitarre. Le sonorità si fanno più marcatamente prog-rock con “Licof” su testo di Leonardo Zanier che non avrebbe sfigurato in un disco dei Jethro Tull e il jazz-rock di “I miei colôrs” che fa da preludio al vertice del disco, quella “Doman”, già ascoltata su “Spin” di Lino Straulino e che qui viene riproposta in una sontuosa versione impreziosita dal quartetto d’archi, arrangiato da Bruno Cimenti. Il trascinante rock di “La ploe d'atom” chiude un disco di grande spessore artistico che ci restituisce una delle formazioni di punta della scena musicale friulana. 


Salvatore Esposito

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