Peppe Voltarelli – Planetario (Squilibri Editore, 2021)

Eclettico, imprevedibile e sempre pronto a mettersi in gioco, Peppe Voltarelli è un artista in continuo movimento in grado di muoversi abilmente attraverso ambiti espressivi differenti dalla canzone d’autore al cinema per toccare la narrativa. Basterebbe solo questo a delineare il profilo del cantautore calabrese, ma ovviamente c’è molto di più. La sua carriera è costellata, infatti, di grandi successi a partire dai dischi con il Parto delle Nuvole Pesanti, per toccare quelli solisti, tra cui spiccano certamente “Ultima Notte a Malastrana” che gli fruttò la Targa Tenco per il miglior album in dialetto, e quel “Voltarelli canta Profazio” con il quale ha vinto la Targa Tenco come miglior interprete, senza contare i tanti progetti speciali a cui a preso parte da protagonista come “Multifilter”, “Vent'anni di Sessantotto” e “Storie e amori d'anarchie”. Parallelamente centrale nella sua attività è stata l’attività concertistica che lo ha condotto negli anni a suonare in tutto il mondo dall’America Latina al Canada, passando per le frequentazioni in Spagna dove ha avviato fruttuose collaborazioni, diventando di fatto un vero e proprio ambasciatore della nostra canzone d’autore all’estero. A cristallizzare quindici anni di viaggi, musica ed incontri è “Planetario” album, prodotto da Sergio Secondiano Sacchi e Daniele Caldarini per “Cose di Amilcare”, nel quale ha raccolto diciassette brani in cui si misura con i repertori dei grandi della canzone internazionale da Jacques Brel a Bob Dylan, da Leo Ferré a Vladimir Vysotskij, duettando con Joan Manuel Serrat, tra i più celebri autori spagnoli e catalani, Adriana Varela, voce del tango, il cubano Silvio Rodríguez e il cantautore e musicista Amancio Prada. 
Abbiamo intervistato Peppe Voltarelli per farci raccontare questa suo nuovo lavoro, premiato dal Club Tenco con la targa come miglior interprete.
 
Nelle note di copertina firmate dal produttore Sergio Secondiano Sacchi racconta con dovizia di particolari la genesi di "Planetario", dell'iniziale idea di disco dal vivo e delle tue frequentazioni con "Cose di Amilcare", costola catalana del Club Tenco. E' suggestivo, però, ascoltare la "versione di Peppe"...
Ci sono sempre tante anime in un viaggio, le frequentazioni guidano il cammino e Sergio in questi anni è stata una guida preziosa colta e nello stesso tempo stimolante ed esigente dal punto di vista artistico. La mia versione è notturna più silenziosa che ascolta e ci mette anche dieci anni per metabolizzare un discorso.
 
Nel titolo è ben sintetizzato il concetto di viaggio. Da lungo tempo fai concerti all'estero, non solo in Europa ma anche in Sud America dove hai registrato un disco dal vivo. Quali sono stati gli incontri, le fascinazioni e le suggestioni poetiche che ti hanno arricchito come cantautore durante queste esperienze?
Mi piace pensare agli amici che ho nei posti dove vado a suonare alle loro vite, alle loro famiglie e alle loro storie, come se fossi sempre con loro con le mie canzoni. Loro mi hanno sempre dato tanto facendomi conoscere artisti canzoni e luoghi incredibili.
 
Qual è stato il criterio di scelta dei brani da inserire?
All’inizio doveva essere un progetto legato alle canzoni dedicate alle città di porto come Rotterdam e Ostenda oppure Amsterdam, poi abbiamo allargato la visuale a una serie di luoghi come la Spagna e l’Argentina dove collocare le nostre riflessioni
 
Gli unici autori italiani presenti sono Sergio Endrigo e Domenico Modugno. Perché proprio loro e perché solo loro due...
Domenico Modugno è stato scelto perché la sua opera da molti anni fa parte del mio repertorio e poi perché nella storia della canzone italiana nel mondo occupa un ruolo importantissimo. Sergio Endrigo alla stasera maniera ha segnato la mia carriera e il mio viaggiare all’estero con il suo stile la sua poetica e la sua classe.
 
Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di arrangiamento dei brani?
Insieme a Daniele Caldarini e a Sergio Secondiano Sacchi abbiamo cercato di dare alle canzoni una veste molto sobria, tenendo la voce molto davanti e privilegiando l’uso di strumenti acustici. In ogni caso abbiamo rispettato molto le versioni originali senza snaturare le canzoni.
 
Al disco hanno lavorato diversi strumentisti che si alternano al tuo fianco nei vari brani. Quanto è stato importante il loro contributo nella definizione del suono dei vari brani?
In verità mi sono molto fidato del gusto di Daniele e di quello di Sergio. Mi piaceva l’idea di un album che non seguiva mode e stili in voga al momento, ma il sentimento di persone che hanno dedicato la vita alle canzoni. Di base non sono un interventista e sono molto felice del risultato finale.
 
Altro incontro importante è stato quello con Adriana Varela con cui canti "Voce d'asfalto". Com'è nata questa collaborazione...
Con Adriana ci eravamo conosciuti nel 2012 a Buenos Aires in radio. Lei mi aveva invitato al suo programma e poi al suo concerto come ospite. Abbiamo fraternizzato subito grazie alla mediazione di Marina Belinco, la mia responsabile stampa in Argentina con cui lavoro da oltre dieci anni. Adriana è stata molto cara ad accettare di cantare in “Planetario” e una donna e un artista straordinaria.
 
Uno dei vertici del disco è "Els Marines" con Rusò Sala. Ci puoi raccontare questo incontro?
Sono molto grato a Sergio per aver voluto fortemente “Marinai” (“Els Marines”) in questo album è altrettanto. Allo stesso modo sono grato a Tuso Sala per averla tradotta e interpretata con grande sentimento. Amo molto questa sua versione.
 
Altro vertice interpretativo del disco è "Millenovecentoquarantasette" in cui la tua voce si sposa perfettamente con un arrangiamento che sembra venire dal passato...
Conoscevo la canzone nella versione di Lu Colombo e mi era piaciuta subito. Amo Sabina e il suo modo di scrivere e cantare e ritengo che sia una bella responsabilità interpretare canzoni come questa che ti aiutano molto a crescere.
 
Negli ultimi anni, ci hai fatto conoscere le tue doti di interprete. Come hai vissuto e vivi questa esperienza?
E’ molto divertente cantare canzoni di altri autori, ma allo stesso tempo impegnativo. E’ una cosa che va fatta sempre con grande attenzione, bisogna qualcosa nelle canzoni che si avvicini alla tua esperienza, in modo da sentirsi coinvolti al punto giusto per non essere cadere nell’esercizio di stile.
 
Quali sono i progetti futuri in cantiere? Quando ascolteremo un disco di inediti di Voltarelli?
Il disco omaggio a Profazio è durato circa sei anni tra Italia ed estero, questo potrebbe durare anche di più. Non c’è fretta, dunque, ma bisogna fare le cose per bene senza correre.



Peppe Voltarelli – Planetario (Squilibri Editore, 2021)
Scrivendo dei progetti curati da Sergio Secondiano Sacchi abbiamo sempre evidenziato la sua capacità di costruire pregevoli percorsi concettuali sulla canzone d’autore, facendo riemergere dall’oblio autori dimenticati o che comunque non godevano delle luci della ribalta, ma anche dedicando pregevoli retrospettive su temi come il Sessantotto e la canzone anarchica. Occuparsi di un disco da lui prodotto è, dunque, sempre un piacere non fosse altro che per la certezza di ascoltare un lavoro di grande spessore. A fronte di ciò, è curioso (per usare un eufemismo) che proprio da chi cura anche la direzione artistica del Club Tenco, si leggano dichiarazioni sulla necessità di superare la canzone d’autore a favore di una opinabile visione del songwriting senza steccati. Un cortocircuito non da poco che diventa ancor più curioso di fronte ad un disco come “Planetario” di Peppe Voltarelli che Sergio Secondiano Sacchi e Daniele Caldarini hanno prodotto per “Cose di Amilcare”, curandone rispettivamente la direzione artistica e gli arrangiamenti. Protagonista di questo album è, infatti, la canzone d’autore e gli steccati da abbattere sono unicamente quelli relativi ai confini che, come noto, non esistono per il cantautore calabrese che, in questo senso, si inserisce idealmente nel solco tracciato da Amilcare Rambaldi con i tanti incontri tra cantautori italiani e stranieri.  Accolti dalla bella copertina firmata da Anna Corcione, i cui dipinti intercalano anche le pagine del corposo booklet con gli scritti di Sergio Secondiano Sacchi e Laura Lombardi, il disco raccoglie sedici brani più una bonus track che, nel loro insieme, compongono le tappe dell’itinerario seguito da Voltarelli attraverso le canzoni che da sempre rappresentano una fonte primaria per la sua ispirazione e nel contempo riflettono i tanti viaggi e concerti messi in fila, negli anni. Si viaggia, così, da Rotterdam a Amsterdam, da Ostenda a Barcellona, da L'Avana a Napoli, entrando nell’anima profonda di queste città, incontrando personaggi e incrociando storie, ma soprattutto esaltando la poesia dei testi nell’incrocio tra le versioni originali e le traduzioni in italiano, magistralmente vergate in larga parte da Sergio Secondiano Sacchi. Se con “Voltarelli canta Profazio” avevamo avuto modo di scoprire le straordinarie doti di interprete del cantautore calabrese, in questo caso ad emergere è la sua capacità di tessere dialoghi a due voci con gli autori stessi dei brani reinterpretati in una osmosi creativa di straordinaria intensità. Registrato in quattordici studi differenti, l’album vede Peppe Voltarelli accompagnato da un ampio cast di strumentisti che si alternano al suo fianco, guidato da Daniele Caldarini (pianoforte, chitarra, tastiere, organo vox, shaker, piano giocattolo) e composto da Michele Staino (contrabbasso), Alessandro D'Alessandro (organetto), Maurizio del Monaco (sax), Pier Zuin (bagpipe, tarota catalana), Francesco Gaffuri (contrabbasso, basso), Lorenzo Colace (cuarto venezuelano, chitarra), Piero Goria (body percussion), Angapiemage Persico (violino), Paola Colombo (violoncello), Rebecca Marasco (percussioni giocattolo), Andrea del Vecchio: (flauto), Laura Pupo de Almeida (oboe, duduk), Marco Tazzi (organo Hammond), Enrico Sala (chitarra acustica), Francesco Grigolo (tromba), Alex Aliprandi (mandolino), Luciana Elizondo (viola da gamba), Laura Rossi (ricerca ambientazioni sonore), Ilaria Cirello e Rebecca Marasco (cori). L’ascolto si apre con l’intensa “26 aprile 1945: Piccola serenata diurna” cantata in duetto con l’autore Silvio Rodriguez che scrisse questo brano dopo la liberazione di Cuba dalla dittatura di Batista da parte di Fidel Castro e Che Guevara. Si prosegue con la brillante versione di “Rotterdam” di Leo Ferré, tradotta in italiano da Enrico Medail, e la sontuosa “Margalida” di e con Joan Isaac che la dedicò all’amica Margalida Bover Vadell, fidanzata dell’anarchico Puig Antich, garrotato giovanissimo da Francisco Franco nel 1974. Il divertissement “Musetto” dal songbook di Domenico Modugno, riletta da Voltarelli con piglio ironico e grande gusto, ci introduce alla struggente “All’alba” proposta in duetto con l’autore Luis Eduardo Aute e nella quale viene descritta l’ultima notte di un condannato a morte. Se la bella riscritture di “Winterlude” è un omaggio a Bob Dylan e a Francesco De Gregori che ad essa si ispirò per “Buonanotte fiorellino”, “Els marines” cantata a due voci con Rusó Sala è uno dei vertici di tutto il disco per l’arrangiamento e l’intensa interpretazione. Altro brano cardine è certamente “Millenovecentoquarantasette”, versione in italiano di “De purisima y oro” in cui Joaquín Sabina descriveva la Madrid del dopoguerra e che Sacchi ha riscritto con protagonista Napoli nello stesso periodo. Ad impreziosire il tutto l’istrionica interpretazione di Voltarelli che centra perfettamente l’ambientazione del brano. Da Napoli si ritorna in Olanda con la ballata “Nel porto di Amsterdam” in cui di Jacques Brel descriveva la vita massacrante dei marinai olandesi, per poi far ritorno in Spagna con il brano più rappresentativo di Antonio Machado “La Saeta”. Non potevano mancare il tributo a Vladimir Vysotsky con una trascinante “Cavalli Bradi”, l’omaggio alla tradizione tanguera con Adriana Varela protagonista del duetto in “Voce d’asfalto” di Cacho Castaña, e quello al repertorio di Sergio Endrigo con “La prima compagnia”. “Per un sentiero” di e con Amacio Prada che mise in musica le toccanti liriche di Miguel Hernàndez ci conduce alle conclusive “Ostenda” di Leo Ferré e “A La Manic” del cantautore québécois, ma c’è ancora il tempo per i titoli di coda affidati alla versione strumentale di “’Sta città” firmata da Daniele Caldarini che completa un disco che celebra la canzone d’autore nella sua accezione più alta e ancora vivissima, un lavoro pregevole e da ascoltare a lungo.
 

Salvatore Esposito

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