Marino Anesa (1948-2014), sensibilità sociale verso le culture locali e le bande musicali

Marino Anesa è stato uno studioso di elevato profilo intellettuale: merita attenta considerazione. Scriveva con sensibilità e consapevolezza sociale. Sapeva che la cultura unisce quel che siamo stati, siamo e saremo, essendo l’insieme delle conoscenze comunitarie di un popolo identitario che guarda al futuro, consapevole delle proprie abitudini, credenze, tradizioni. Con serietà, valorizzò il sapere tramandato oralmente in diversi paesi, prevalentemente compresi nella provincia di Bergamo. Un giorno, venne invitato a scrivere sulla banda del suo paese. Da quel momento, si gettò a capofitto nella ricerca nazionale di questo organico strumentale, composto di fiati e percussioni, principalmente concepito per eseguire musica in movimento.  Dopo anni e anni di studio, nel 2004, diede alle stampe il “Dizionario della musica italiana per banda. Biografie dei compositori e catalogo delle opere dal 1800 ad oggi”.  L’opera - due volumi (più di mille settecentocinquanta pagine) - venne pubblicata dalla ABBM (“Associazione Bergamasca Bande Musicali”), impegnata a diffondere la musica negli aspetti formativi e concertistici, mirando ad attività che superano ampiamente i confini provinciali. Il “Dizionario” venne presentato da Roberto Leydi, appena un mese prima della sua dipartita (febbraio 2003). Con encomio, scrisse: «Non è possibile sottrarsi, innanzi a questo lavoro, a un certo senso di sgomento, immaginando lo sforzo di ricerca documentaria che ha richiesto la sua compilazione. Di questo sforzo vi è attestazione nell’introduzione, nella quale Marino Anesa rende conto delle sue molteplici fonti e di quanti gli hanno offerto la loro collaborazione». Dato il valore dell’opera, la pubblicazione ricevette un contributo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il patrocinio della SIM (Società Italiana di Musicologia). Con gratitudine verso l’Autore, in presentazione, il Presidente dell’ABBM, mise in risalto l’importanza del “Dizionario”, in quanto contributo di “inestimabile valore storico e culturale”.
Anesa era uno studioso riservato, rigoroso nella raccolta dei dati e poco incline alle celebrazioni pubbliche. Di seguito, desideriamo brevemente ricordare il suo percorso di ricerca, dedicandogli - con apprezzamento - la “Vision n. 6”.  


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Era nato, nel 1948, a Semonte, una frazione di Vertova (Vèrtua), in provincia di Bergamo. Per ragioni di lavoro, si trasferì a Milano, dove svolse attività sindacale. Professionalmente, per più di tre decenni, divenne capo del personale in un’importante ospedale della città. Suonava il pianoforte ed era appassionato di musica. Conobbe Roberto Leydi (lo considerava “maestro e amico”) ed iniziò a svolgere le prime indagini sul campo, concentrando l’attenzione sulla tradizione orale, riferendosi soprattutto alla narrativa e alla musica popolare. Munito di registratore, iniziò a raccogliere e a catalogare un ingente numero di testimonianze orali, intervistando e ascoltando gli anziani del luogo, al contempo approfondendo gli aspetti storico-sociali e linguistici delle culture lombarde.  Alla fine degli anni Settanta, l’inizio di una prolifica produzione che si protrasse per oltre un trentennio, come di seguito evidenziato: “Cultura di un paese. Ricerca a Parre” (1978); “Fiabe bergamasche” (1981, con prefazioni di Roberto Leydi e Glauco Sanga); “Filastrocche popolari bergamasche” (1983, seconda edizione del 1991); “La croce, la maschera e lo stregone. Materiali per lo studio della cultura popolare bergamasca in margine agli scritti di Antonio Tiraboschi”; “Le parole dei pastori. I dizionari del gaì di Antonio Tiraboschi e Giuseppe Facchinetti” (1985); “I morti nella narrativa popolare bergamasca (1985), “Storie di magia (1986); “La banda musicale di Vertova” (1986); “Le orazioni popolari. Percorsi tra memoria orale e fonti scritte” (1986); “Vedevamo la fame, i morti e le stelle”. “Due donne parlano della loro cultura” (1987); “Musiche in piazza” (1988); “Il Tempo, le Bande” (1989); “Sotto il ponte passa l’acqua. Canzoni popolari raccolte nel bergamasco” (1989); “Canti di tradizione familiare in Val Seriana. Il repertorio della famiglia Ruggeri di Bondo di Colzate” (1992, con prefazione di Roberto Leydi e disco accluso); “La cultura popolare. Le parole, i suoni, i riti, le scene” (1996); “Musica a Clusone” (1998); “La celeste armonia. Vita musicale a Gandino dal XVIII al XIX secolo” (2001); “Giuseppe Pezzoli (1831-1908). Memorie di un musicista leffese” (2001); “Musiche per l’ultimo viaggio dal XVIII al XX secolo” (2001, libretto accluso a cd); “Sulle corde del mandolino. I complessi a plettro nel Bergamasco. Francesco Gandossi, suonatore albinese” (2003); “La musica per banda a Castroreale” (2003); “La Banda musicale di Bolgare” (2005); “La banda musicale di Montevarchi” (2007); “La Banda musicale di Rovato” (2010).  
La lista delle pubblicazioni citate è lunga, ma parziale. Numerose furono le sue collaborazioni con Enti e strutture pubbliche, quali il “Servizio per la Cultura del Mondo Popolare” (Regione Lombardia)”, la Biblioteca Civica “A. Mai” (Bergamo), il “Sistema Bibliotecario Urbano”, l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Bergamo, il DAMS di Bologna. Inoltre, scrisse per diversi periodici e riviste, tra cui “L'Eco di Bergamo”, “La Ricerca Folklorica”, “Bergomum”, “Strumenti e Musica”, “Band International”, “I Fiati”.
Gli studi di Anesa segnarono importanti traguardi per quanto attiene la Bibliografia bandistica internazionale. 
Nella provincia di Bergamo e di Brescia operano tradizionalmente numerose bande, che nei paesi hanno svolto e svolgono tuttora un importante ruolo, soprattutto per coloro che desiderino approfondire lo studio di uno strumento musicale, suonando in gruppo con i propri concittadini. Nel 1985, il maestro della banda di Vertova chiese ad Anesa di scrivere un testo per commemorare il centenario. Lo stimolo a scrivere sull’argomento, gli venne a seguito della rilettura di un contributo di Roberto Leydi, scritto nel 1979 per “Laboratorio Musica”, titolato “Parliamo di bande”. Nel contributo evidenziò la necessità di «incominciare a considerare in modo serio e documentato la funzione che le bande hanno assolto nel passato per la formazione del gusto musicale, per la diffusione della musica, per la creazione di modi civili e collettivi di coesione e di solidarietà. E, di conseguenza, di verificare la situazione attuale, nella prospettiva (se possibile) di una piena rifunzionalizzazione di uno strumento di comunicazione di massa che probabilmente conserva una forte potenzialità, anche se in una crisi evidente». Il “la” era stato dato. Avendo maturato esperienza con studi demologici ed etnomusicologici, Anesa iniziò ad affrontare in modo sistematico la ricerca, tenendo unite le componenti tecnico-musicali ed educativo-sociali. Nell’Introduzione del “Dizionario”, esordì chiarendo che «da sempre la musicologia italiana si è quasi completamente disinteressata della banda, considerandola un sottoprodotto indegno di attenzione. Allo stesso modo gli etnomusicologi l’hanno guardata con sospetto, tenendola a distanza per evitare la contaminazione della genuina musica popolare (…)»
Dopo opportuni approfondimenti, si rese conto che, rispetto agli studi condotti in diversi Paesi europei e negli Stati Uniti, in Italia, vi era molto da fare e che il campo della ricerca si presentava particolarmente esteso anche riguardo all’approfondimento dei repertori. Vi era, inoltre, la necessità di dissipare una certa ambiguità di fondo che ha sempre caratterizzato le bande musicali, chiamate a interpretare e a diffondere «… generi musicali colti e subcolti (primi fra tutti l’opera e l’operetta, ma anche le melodie di celebri di grandi compositori, le romanze, i ballabili “moderni”, la musica leggera) e ad assorbire aspetti della musica etnica e prodotti pseudofolkloristici». Il “Dizionario” venne ordinato nominalmente per compositori dei quali, quando possibile (di alcuni non riuscì a reperire informazioni utili), vennero riportati cenni biografici, integrati dal nome delle composizioni. Il suo lavoro archivistico fu oneroso, poiché richiese di leggere, confrontare e raggruppare organicamente una mole di dati provenienti da fonti disparate, come dizionari e pubblicazioni musicali, periodici bandistici e una fitta rete di corrispondenze con i dirigenti delle bande esistenti nonché con compositori/musicisti di varie regioni e nazionalità. Naturalmente, ebbe modo di consultare innumerevoli siti internet, fondi di musica bandistica sparsi presso biblioteche, archivi pubblici e privati (solo le sigle di questa sezione comprende nove fitte pagine). Inoltre, cataloghi digitali dell’Indice SBN (Istituto Centrale Catalogo Unico, Opac), cataloghi di diverse case editrici e pubblicazioni/articoli spesso editi per un pubblico locale. È ingente il numero di persone (italiane ed estere) che, a vario titolo, collaborarono con Anesa e che lo stesso volle nominare con riconoscenza in presentazione. Con la consueta discrezione, pur conscio dell’unicità e del valore del proprio lavoro, specificò che «l’opera non vuole essere altro che un primo strumento informativo per orientarsi nel repertorio bandistico (…)». Nella lettura del “Dizionario” c’è da perdersi, essendo un concentrato organico di nomi, date, composizioni, sigle ecc. Nomi per lo più sconosciuti ai non addetti ai lavori, ma va ricordato che numerosi compositori di calibro (Rossini, Catalani, Ponchielli, Donizetti, Pacini ecc.) scrissero musiche per banda o le diressero per determinati periodi della loro esistenza. In un lavoro così meticoloso, non poteva mancare una nutrita bibliografia (è di circa sessanta pagine). Nel “Dizionario”, è storicamente significativa la sezione dedicata al “dibattito sull’organico bandistico italiano (1851-1913)”, nel quale si fa riferimento ad Alessandro Vessella, personaggio di riferimento per chiunque desideri interessarsi alla storia bandistica italiana. Nel 1901, diede un determinante contributo a favore della cosiddetta “riforma”, concretizzatasi, nel 1911, con una sua proposta, strutturata su tre modelli di organico per grande, media e piccola banda. Oltre agli scritti di Vessella, Anesa ricorda e cita ampi stralci di vari autori/compositori (di cui, per brevità di spazio, evitiamo di riportare menzione). Di rilievo, nel testo, anche l’estesa sezione dedicata alla Discografia delle bande musicali italiane.
Come ricercatore, Anesa riuscì a realizzare un’impresa monumentale. A una lettura non superficiale, risulta chiaro come intendesse sprovincializzare la civiltà che ruota intorno ai complessi strumentali bandistici, togliendo dall’oblio un numero considerevole di musicisti e compositori, ognuno dei quali, a proprio modo, rese un servizio culturale di rilievo nei rispettivi territori di azione. Il “Dizionario” è un’opera di “humanitas” collettiva, nel quale il ricercatore bergamasco riuscì a rendere organico un mondo musicale disgregato in tante monadi, tra loro spesso non comunicanti. È un’opera che riesce a fare “rete”, a rendere idealmente unito un numero indefinito di comunità, le quali avevano e hanno tuttora in comune il denominatore della musica per banda. Musica che l’Autore definiva «un campo di ricerca sterminato che offre molteplici possibilità di approccio e dà grandi soddisfazioni». Negli scritti di Marino Anesa si riscontra competenza e onestà intellettuale, unita a credibilità, dato lo spessore degli studi. Sappiamo che, prima di passare a miglior vita (2014), aveva in animo di pubblicare una nuova edizione del “Dizionario”, con numerosi aggiornamenti. L’auspicio è che tale nuova edizione possa presto vedere la luce è che il suo operato venga adeguatamente valorizzato negli anni a venire (non solo a livello locale), nel segno di una rivalutazione in chiave moderna delle conoscenze del passato, contraddistinte a livello comunitario da solidi legami sociali e umani che, a nostro avviso, andrebbero riscoperti, soprattutto in questo periodo di forzata segregazione, durante la quale la cultura tradizionale è stata repressa dalla buriana di saperi parcellizzati, propugnati da un numero ristretto di specialisti auto referenziali e fruiti confusamente nel chiassoso, controllato, infodemico mondo della comunicazione multimediale e digitale.  La ricerca di Marino Anesa è stata silenziosa, partecipata e libera, portata avanti con tenacia e determinazione. Per dirla in termini anglofoni, è stata una “service reserch” (ricerca di servizio), capace di guardare avanti unendo le fratture del tempo, pensata anche per trovare soluzioni dell’agire educativo. Partendo dal basso, ha reso un incommensurabile servizio a favore della collettività nazionale, fornendo una solida base teorica, interconnessa alla vitalità e al senso del fare musica in seno alle diverse comunità, secondo intendimenti di libera espressione e collaborazione.  
Nonostante le onerose incombenze professionali quotidiane, ha operato con passione a favore della musica e della propria gente, mettendo giornalmente in pratica il detto pliniano “nulla dies sine linea”. A Marino Anesa, il nostro piccolo contributo: con stima: in memoriam!

Paolo Mercurio

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