Costantino Nigra, Canti Popolari del Piemonte. Nuova edizione a cura di Franco Castelli, Emilio Jona e Alberto Lovatto, Neri Pozza, 2020, pp. 1056, Euro 65,00 Libro con 2 Cd

Figura singolare di politico ed intellettuale, Costantino Nigra nacque a Villa Castelnuovo, un paesino alle porte di Torino, nel giugno del 1828, da una famiglia benestante. Il padre, infatti, era un noto chirurgo, mentre la madre proveniva da una famiglia di notai, imparentata con l’orientalista Gian Bernardo De Rossi. Visse la sua giovinezza nel paese di origine, circondato dalla cultura e dall’arte e, nel 1848, interruppe gli studi per arruolarsi nel corpo dei bersaglieri per prendere parte alla Prima Guerra d’Indipendenza, venendo ferito durante la battaglia di Rivoli. Si laureò in giurisprudenza giovanissimo, senza abbandonare mai le sue passioni per la poesia, la filologia e le tradizioni popolari. Successivamente, venne assunto come applicato presso il Ministero degli Esteri del Regno d’Italia e, in breve tempo, si fece apprezzare per le sue doti professionali e il suo acume, tanto da diventare prima il più stretto collaboratore del Presidente del Consiglio, Massimo D’Azeglio, e poi il braccio destro, nonché amico fraterno, di Camillo Benso Conte di Cavour. Quest’ultimo gli affidò delicate e complesse trattative diplomatiche con la Francia di Napoleone III per concretizzare l’ipotesi di alleanza decisa a Plombières. Negli anni immediatamente precedenti all’unità italiana, svolse un ruolo determinante nella gestione della politica estera, in forza anche della sua appartenenza alla Massoneria a cui fu iniziato nella storica Loggia Ausonia. Il 3 ottobre 1861, pochi mesi dopo la morte di Cavour, fu eletto Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ma nel novembre dell’anno successivo rinunciò all’incarico, in ragione del suo impegno come Ambasciatore in Francia, e della necessità di distaccarsi da una istituzione sempre più repubblicana per un monarchico convinto come lui. Negli anni successivi fu nominato ambasciatore per il Regno d’Italia a San Pietroburgo (1876), Londra (1882) e infine a Vienna (1885), ma non abbandonò mai il suo amore per il libero pensiero e i contatti con la massoneria. Nel 1887 rifiutò la carica di Ministro degli Esteri, offertagli dal re Umberto I di Savoia e nel 1890 divenne senatore del Regno d'Italia, oltre a venire insignito del prestigioso collare dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Gli impegni diplomatici prima e, successivamente, quelli politici non gli impedirono di continuare a coltivare gli studi di dialettologia e le ricerche sulla cultura popolare, realizzate con l’aiuto di alcuni fidati collaboratori. Tra il 1854 e il 1882, Costantino Nigra diede alle stampe diversi saggi che, nel 1888, vennero raccolti nell’opera “I Canti popolari del Piemonte”, il primo studio completo sulla canzone popolare piemontese, considerata oggi una delle pietre miliari nel campo degli studi antropologici e filologici. Nella prefazione alla prima versione l’autore scrive: “Quando io cominciai le mie prime pubblicazioni di canzoni popolari piemontesi (1854-1860) gli studi sulla poesia popolare comparata o non esistevano o cominciavano appena. Quelle pubblicazioni portano l’impronta dell’epoca e non tutti i commenti che accompagnavano i testi potrebbero ristamparsi ora senza correzioni. Ma essi segnavano, specialmente in Italia, una via nuova in regioni inesplorate. Io fui il primo ad indicare chiaramente l’identità d’una numerosa serie di canti popolari che sono comuni nei paesi romanzi, aventi substrato celtico e che non esistono in altri paesi romanzi, cioè nell’Italia inferiore e nella Spagna castigliana”. A differenza, infatti, dei primi studi sulla cultura popolare italiana che si erano concentrati sulla tradizione lirica e, in particolare, sulla canzuna siciliana e i rispetti toscani, il lavoro di Nigra supera e confuta queste teorie per rivolgere la propria attenzione verso la ballata, la canzone narrativa europea che aveva trovato terreno fertile in Piemonte e nel Settentrione d’Italia. Rivoluzionaria per l’epoca fu anche la scelta di Nigra di inserire le trascrizioni musicali delle melodie di sedici canti sui centocinquatatré raccolti: una importantissima innovazione in un momento in cui gli studi si concentravano solo sull’aspetto poetico dei canti e non già quello musicale. Dalla sua prima edizione, quest’opera è stata oggetto di numerose edizioni negli anni successivi, tra cui quella pubblicata da Einaudi nel 1957 in occasione dell’anniversario dalla scomparsa dell’autore, e benché tutte accurate sotto il profilo filologico, mancavano di un compendio antologico sonoro, necessario a comprendere non solo la bellezza del patrimonio preservato da Nigra, ma anche la sua complessità a livello lirico. A colmare questo vuoto è la nuova edizione, data alle stampe da Neri Pozza Editore, con la curatela da Franco Castelli, Emilio Jona e Alberto Lovatto i quali hanno impreziosito il libro originario con un ampio saggio introduttivo e ben Cd allegati. Questo monumentale volume, di oltre mille pagine, rappresenta la prosecuzione di un più ampio progetto editoriale, intrapreso nel 2018 con il pregevole “Al rombo del cannon. Grande Guerra e canto popolare”, curato dagli stessi Castelli, Jona e Lovatto, e svela l’opera di Nigra in una versione ricontestualizzata in cui all’opera originale si affiancano le ricerche condotte dai tre studiosi piemontesi in un ampio arco temporale. Quella che era una grande opera è oggi un lavoro di altissimo spessore culturale, soprattutto se posto in relazione rispetto al panorama culturale di oggi in cui la comunicazione è veicolata dai social network e sempre più spesso caratterizzata dalla superficialità e dalla frammentarietà. Ogni pagina di questo corposo libro è nata da un lavoro di studio appassionato e meticoloso volto non solo a porre a confronto le risultanze tra le ricerche dei curatori con quelle di Nigra, ma anche a dare continuità a queste ultime attraverso una puntuale ricostruzione degli studi susseguitisi fino ad oggi. Un lavoro non semplice, insomma, soprattutto se posto in relazione alle difficoltà con cui si sono misurati i tre ricercatori piemontesi a partire dalla selezione delle diverse registrazioni, spesso provenienti da fondi personali. Il risultato è un’opera fondamentale per comprendere lo sviluppo delle ricerche sulla musica tradizionale in Piemonte, attraverso un approccio multidisciplinare in cui lo studio comparatistico va di pari passo con l’utilizzo delle moderne tecnologie per la digitalizzazione e l’archiviazione dei materiali sonori. Illuminante è proprio la prima parte del volume che ospita il saggio introduttivo, in cui emerge come le ricerche condotte dal Nigra non riguardassero canti di guerra, ma piuttosto ballate che mettevano al centro la donna innamorata, oppressa, sofferente ma anche eroica, fedele, astuta e ribelle. Ad essere presa in esame è, dunque, la ballata, gli stili esecutivi, le melodie, ma anche le variazioni musicali nelle diverse versioni, facendo emergere in modo chiarissimo la peculiare resistenza al tempo di questo corpus di canti narrativi e il loro straordinario radicarsi nelle comunità dell’Italia settentrionale. Non privo di interesse è anche lo studio comparato tra le ricerche del Nigra e il corpus di canti della Prima Guerra Mondiale, un evento di incomparabile tragicità ma che è considerato uno straordinario incubatore per lo sviluppo successivo della ballata narrativa. Ai sostanziali cambiamenti a livello musicale si accompagnò la sostituzione del dialetto con l’italiano, così come le antiche storie lasciarono il posto ai fatti d’arme come nel caso de “Il testamento del marchese di Saluzzo” che si è evoluta ne “Il capitan della compagnia”. A corredo del volume vi è anche un ricco apparato iconografico con una serie di immagini di Costantino Nigra e degli studiosi del XIX Secolo e gli scatti degli informatori e dei ricercatori - Lomax, Carpitella, Leydi, Coggiola, Jona, Liberovici, Castelli, Beccaria e Vigliermo - che ne hanno raccolto le voci. Il compendio sonoro è affidato, come detto, a due preziosissimi cd antologici, curati da Flavio Giacchero, che raccolgono centocinquantacinque esempi di canto, provenienti dalle registrazioni sul campo effettuate tra il 1954 al 1988, di cui ottantasette corrispondenti ai testi pubblicati da Nigra. L’apertura è affidata alle field recordings di Alan Lomax effettuate durante la sua permanenza in Italia, seguono le registrazioni del Centro Ricerca Etnomusica e Oralità (ex Crel) di Torino, del Centro Etnografico Canavesano di Amerigo Vigliermo, dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’Archivio Sonoro della Regione Lombardia, oltre ovviamente a quelle provenienti dagli archivi privati di Cesare Bermani e Maurizio Martinotti. Nella terza ed ultima parte del libro vi è la trascrizione di tutti i brani contenuti nei due cd allegati con l’aggiunta dei dettagli di ogni registrazione. In buona sostanza, la nuova edizione di “Canti Popolari del Piemonte” è un libro da avere non solo per la sua importanza storica, ma anche per l’importantissimo lavoro dei curatori che lo integra e ne diventa parte fondamentale. 

Salvatore Esposito

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