Brizio Montinaro, Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione, Carocci Editore 2019, pp. 254, Euro 20,00

Il nuovo volume ha avuto una gestazione particolare... E si connette alla tua professione di attore....
Una gestazione lunghissima. Le ricerche infatti sono state molto approfondite ed ampie e hanno richiesto molto tempo. In effetti il mio lavoro di attore si interseca piรน volte con il mio lavoro di ricercatore e di scrittore. Se uno fa caso agli anni di pubblicazione dei miei libri e di uscita dei miei film puรฒ facilmente rendersi conto di alcune coincidenze. “San Paolo dei serpenti” ad esempio viene concepito a Malta perchรฉ ero nell’isola a girare “Trenchcoat (Giallo a Malta)”, un film americano per la Walt Disney.

Nel testo teatrale di Calderon de la Barca รจ riportato l'incontro con un gruppo di attarantati...
Sรฌ. Sono falsi attarantati. Ma, sorpresa nella sorpresa. Nel testo, che รจ scritto in endecasillabi, ad un certo punto il metro cambia. Il verso da endecasillabo si trasforma in settenario. Qualche esegeta spagnolo di Calderรณn dice che quei versi probabilmente citano una canzone. Non sanno perรฒ dire altro. Non capiscono il significato delle parole. L'orecchio del salentino e il filologo che รจ in me (non per nulla sono allievo di Maria Corti) mi ha portato invece ad identificare in quei versi una canzone che si canta ancora nel Salento.

Calderรณn de la Barca ha ripreso la scena di teatranti di strada... quasi un teatro nel teatro...
E’ vero. E’ proprio cosรฌ. Esistevano a quei tempi dei gruppi di vagabondi che si muovevano da una cittร all'altra, da una fiera all'altra, da un santuario all'altro per sbarcare il lunario. Il gruppo rappresentato da Calderรณn era un gruppo di vagabondi che esibiva una tarantata per raccogliere elemosine e sopravvivere. Non accadeva solo in Spagna. Nel libro riferisco anche un episodio raccontato ne “Il libro dei vagabondi” di Teseo Pini. Anche qui si tratta di un gruppo di simulatori che esibiscono un tarantato per guadagnare elemosine. L’episodio avviene in Umbria. In Spagna esistevano leggi severissime che punivano questi vagabondi se erano giovani, sani e forti per poter lavorare. Se invece erano realmente invalidi si permetteva loro di fare gli accattoni. Nel testo di Calderรณn accade che il segretario comunale del sindaco, lo scrivano, vede un gruppo di girovaghi con in testa una splendida donna e, ovviamente, ritenendoli un pericolo, vuole fermarli. Da qui scaturisce tutta la scena comica. Quindi: il teatro nel teatro.
Il tarantismo, dunque, non รจ un fenomeno legato solamente al Salento...
Assolutamente no. De Martino ci ha trasfuso l'idea che il tarantismo fosse nel Salento, lรฌ radicato, e che per la guarigione si dovesse compiere un determinato rito ecc. ecc. La stessa Annabella Rossi, mia amica e collaboratrice del grande antropologo, una volta mi disse: "Guarda, Brizio, che ho scoperto che il tarantismo non รจ presente solo nel Salento ma anche in Campania”. Lei stessa non sapeva perรฒ che secoli prima era diffuso anche in tutta Italia. A questo proposito devo dire che ho scritto un breve saggio su tarantismo e vita militare. In due parole. Durante il Regno d'Italia, Napoleone considerรฒ che costava troppo avere qui un esercito costituito da francesi e pensรฒ di reclutare giovani italiani per formare un esercito “locale”. Per far questo diede mandato ad un importante medico consulente presso il Ministero della Guerra e socio dell’Accademia reale delle Scienze di Torino, di costituire tale esercito. Si chiamava Annibale Omodei. Questo scrisse un libro con il quale intendeva dare agli addetti ai lavori le linee guida per reclutare i giovani e formare l’esercito. In esso avvertiva che molti giovani sarebbero stati felici di fare parte dell'esercito e di poter quindi lavorare, mentre altri avrebbero cercato di evitare a tutti i costi di essere coscritti. Chi tagliandosi un dito, chi ferendosi una gamba, chi fingendosi pazzo.

Come hai individuato e selezionato i materiali?
La ricerca, come ho giร detto, parte da de Martino. Dal tronco ho raggiunto i rami e quindi sono arrivato al frutto. Dopo essermi procurato “La Tarantola” di Capacelli e “La Tarantola” dell'Anonimo mi sono reso conto che de Martino non aveva letto entrambi i volumi ma li aveva soltanto citati, senza verificare le fonti. Diversamente si sarebbe accorto che erano la stessa cosa. Una volta trovati i due testi mi sono messo a studiare, a ricercare in altri libri e in questi ho trovato spunti che mi hanno aperto ad ulteriori esplorazioni. La ricerca si ramifica. Da una parte si passa all'altra, dall'altra si va ancora verso una direzione differente. Di tanto in tanto, ricercando, scopri una cosa che mai avresti immaginato di trovare e che invece c'รจ ed รจ lรฌ per te. Alla fine del lavoro ho trovato un buon numero di testi teatrali. Anche altri che non ho pubblicato. La ricerca รจ stata lunga. Ho rinvenuto circa duecento volumi dove si parla di tarantismo tutti ignoti a Ernesto de Martino. La realtร รจ che noi siamo seduti sulle spalle di giganti. E' vero, e poi abbiamo anche strumenti diversi di cui de Martino non disponeva. Oggi si possono avere libri che sono in una sperduta universitร americana stando comodamente seduti in casa propria. C'รจ stata in fine tanta costanza e ovviamente l'abitudine alla ricerca. In una nota puoi scoprire qualcosa che ti puรฒ aprire una strada nuova oppure scoprire cose straordinarie nei testi piรน disparati e lontani dalla tua ricerca come รจ accaduto a me sfogliando un antico volume sulla musica classica. In una bibliografia ho trovato notizia di un testo manoscritto di Anonimo che trattava di tarantismo che era stato conservato in una biblioteca monastica a Torcello, un’isola vicino Venezia. Mi sono messo a ricercare tale manoscritto e ho scoperto che Napoleone nel periodo del suo Regno aveva portato via in Francia molti volumi e manoscritti delle biblioteche monastiche del Nord e quindi anche da quella di Torcello. Allora ho cercato il mio manoscritto nelle librerie francesi. Niente. Ho cercato alla Marciana a Venezia pensando che per vicinanza potesse essere finito lร : niente. Del manoscritto non riuscivo a trovare traccia.

Ci sono testi che sono rimasti fuori da "Il teatro della taranta"?
Sรฌ, un paio che ho semplicemente citato e altri due francesi che non sono riuscito a reperire. Sembrano inghiottiti nel vuoto. Ho cercato a lungo in molte biblioteche francesi senza fortuna. Non ho trovato nulla. La fortuna รจ un elemento essenziale nella ricerca. Ho trovato perรฒ molti testi, non solo teatrali, in cui viene citato il fenomeno. Il tarantismo era un argomento di cui tutti sapevano e tutti parlavano. Il termine "attarantato" del resto era diffuso giร nel Quattrocento.
Noi parliamo di teatro come rappresentazione della realtร . Il tarantismo รจ un rituale di purificazione e uno psicodramma. Che rapporto c'รจ tra la rappresentazione teatrale e il tarantismo come psicodramma?
Sono entrambi delle rappresentazioni, delle narrazioni. Ma di genere diverso. Una tarantata balla al suono di una certa musica per guarire. Crede di essere stata morsa da un ragno e fa di tutto per conquistarsi la salute fisica e psichica seguendo il canone della tradizione. Nella realtร , come abbiamo visto, esistono perรฒ anche le finte tarantate quelle che comportandosi come una tarantata cercano di sbarcare il lunario. Anche queste sono reali, anche se mettono in atto una finzione. Poi c’รจ il teatro che, come tutti sanno, รจ il luogo dove si finge per eccellenza.
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Brizio Montinaro con Margot Kidder sul set di "Giallo a Malta" |
La rappresentazione della realtร delle tarantate in teatro crea un gioco di specchi affascinante e rivelatore perchรฉ in teatro, fingendo, si penetra nelle realtร piรน profonde. Poi si arriva al culmine con la rappresentazione teatrale quindi finta di una finta tarantata che simula di essere una tarantata vera. E’ il massimo. Le opere comiche del mio libro provocano in chi guarda l'effetto del riso che รจ un effetto liberatorio ed aguzza lo sguardo. Shakespeare nell’ “Amleto” diceva: "Il teatro rivelerร la coscienza del re”, la realtร delle cose.
Facciamo un parallelo con "Canti di pianto e d'amore dall'antico Salento", una delle tue opere piรน note. Il comportamento rituale delle prefiche era anche una teatralizzazione...
Ho sempre sostenuto che le prefiche erano delle attrici straordinarie dotate di una naturale intelligenza scenica. Possedevano un ampio repertorio poetico modulare che adattavano al caso specifico. Una cosa era piangere un figlio, una piangere un genitore, un’altra ancora piangere una madre e cosรฌ via. Esse adattavano i versi che giร conoscevano alle varie situazioni magari anche improvvisando con un guizzo della fantasia. Lo scopo era quello di portare alle lacrime tutti i presenti in modo non scomposto ma rituale. La prefica era l’unica protagonista di un dialogo con il morto. Con l’assente, che parlava sempre attraverso di lei. Il fine era quello di farsi dire dal morto che non sarebbe mai piรน tornato. Le prefiche quietavano la paura dell'uomo che รจ quella che il morto ritorni per trascinare il vivo nell’aldilร . Tutte le azioni che venivano compiute alla morte di una persona erano tese proprio a cancellare ogni traccia del vivo. Veniva bruciato il materasso, ridipinta la stanza, chiuse le finestre, coperti gli specchi. E tutto ciรฒ veniva fatto per impedire al defunto di ritrovare la sua casa e i suoi parenti. La prefica, alla fine del lamento, per tranquillizzare i vivi chiedeva al morto quando sarebbe ritornato. La risposta era una frase bellissima: “Tornerรฒ solo quando si semina in mare”. Cioรจ mai.
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Lp di Musica e Canti Popolari del Salento |
Hai avuto modo di vedere le prefiche in azione, se non erro nei dischi Albatros ve ne รจ traccia...
Sรฌ, infatti le ho anche registrate e due lamenti sono nei dischi Albatros. Quando ero ragazzo abitavo a Calimera in una strada che dal centro porta verso Martano, un paese vicino. Le strade allora non erano asfaltate ma cilindrate, tutte bianche. Ci passavano soltanto i carretti e una macchina ogni tanto. Il mezzo comune di viaggio allora era il traino. Ricordo che vicino a casa mia un giorno morรฌ un signore che era originario di Martano ma viveva a Calimera dove lavorava. Da Martano, dove c'erano le prefiche piรน in gamba di tutta la Grecรฌa Salentina, per onorarlo arrivarono alcune a bordo di un carretto trainato da un cavallo. Erano tutte vestite di nero. Si fermarono a cento metri dalla casa del morto. Il sole dell’estate toglieva il respiro. Io era fuori a giocare e vidi che scesero dal carro, si sciolsero i capelli e si lanciarono verso la casa urlando. Questa visione mi incuriosรฌ e terrorizzรฒ allo stesso tempo. Piano piano mi avvicinai alla casa del morto. In genere i defunti venivano sistemati nella prima stanza dell’abitazione con i piedi rivolti verso l'uscio. Spesso i piedi venivano anche legati proprio perchรฉ il defunto non potesse piรน tornare... Mi avvicinai e mi appoggiai allo stipite dell’ingresso, senza entrare. Vidi allora una donna che cantava con un coro di altre donne. Tutte tenevano in mano un fazzoletto bianco e lo tiravano per le punte emettendo un urlo straziante e terrificante allo stesso tempo. Dondolavano come ubriache… ma ritmicamente.
“Canti di pianto e d'amore dall'antico Salento" ha ispirato anche delle opere musicali…
Da "Canti di pianto e d'amore dall'antico Salento" sono nate ben sei opere musicali di musicisti sparsi per l'Europa, opere non sollecitate da me, ovviamente. Alcuni musicisti curiosamente hanno scelto lo stesso testo con esiti del tutto diversi. Sono stati attratti dallo stesso testo per dare un risultato totalmente differente. Straordinario!
Facciamo ancora un passo indietro. “San Paolo dei Serpenti” รจ un'altra delle tue opere emblematiche. Com’รจ nato questo libro…

Del resto รจ provato storicamente il passaggio di San Paolo da Malta...
Certo รจ un fatto storico. Se poi sia veramente sbarcato in quel luogo, dormito in quell’altro o abbia fatto sgorgare una fonte questo non possiamo dirlo con certezza. Quello che รจ vero รจ che la presenza del Santo a Malta si sente fortissima.
A Malta sei tornano poi successivamente...
Come ho detto, la fortuna ha voluto che mi chiamasse Alberto Lattuada per girare "Cristoforo Colombo", film le cui riprese vennero effettuate a Malta per tre mesi. Per me fu una gioia enorme non solo per essere tra gli interpreti di quella pellicola di livello internazionale, ma perchรฉ mi dava la possibilitร di stare altri tre mesi a Malta e completare le mie ricerche. E' stata una cosa meravigliosa. Ho trovato moltissimo altro materiale. Una volta tornato in Italia ho raccolto le idee e alla fine รจ venuto fuori “San Paolo dei serpenti”. Un libro molto esile ma molto denso. Se avessi sviluppato ampiamente tutti i temi che ho toccato in quel libro sarebbe venuto fuori un bel tomo. Ho tanti materiali ancora che non sono stati utilizzati in quel lavoro. Per la prima volta veniva pubblicato un libro con tutte le tradizioni paoline messe in ordine e con la conclusione che era stata proprio l’isola di Malta che noi conosciamo a ricevere i naufraghi fra i quali era san Paolo. Sรฌ, perchรฉ c'era tutta una diatriba che tendeva a dire che la Malta, cioรจ la Melita in latino di cui si parla negli “Atti”, non era la Malta che noi conosciamo.
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Brizio Montinaro sul set di "Cristoforo Colombo" |
Di Melita nel Mediterraneo c’erano almeno due altre e per alcuni contestatori San Paolo era andato in una, per altri nell’altra. Molti studiosi si sono battuti sul tema con argomentazioni varie ma tutto, a mio parere, porta a pensare che l’isola in cui sbarcรฒ naufrago San Paolo sia proprio quella Malta.
Ci puoi parlare del tuo rapporto con la ricerca in ambito etnoantropologico?
Gli argomenti di cui ho trattato nella mia vita non sono frutto di studi e ricerche accademiche. Io vivo e vivendo recito e ricerco, scrivo. Tutto quello di cui mi occupo appartiene al vivere. Tutti i miei prodotti sono segmenti e tratti legati allo stesso comun denominatore che per me รจ il respirare. Non ho mai solo recitato. Solo ricercato. Le mie azioni si intersecano. Sempre. Quando sono andato in Grecia a girare il film di Theo Anghelopulos “O' Megalexandros” ho scritto “Diario Macedone”, cosรฌ come quando sono andato a Malta per girare Cristoforo Colombo ho scritto “San Paolo dei serpenti” e, non pago, visto che le riprese prevedevano sette mesi e mezzo di lavoro e tre locations differenti: Malta, Spagna e la caraibica Repubblica Dominicana, ho scritto anche “Diario di bordo”. Come vedi la mia vita รจ intrecciata in modo particolare. Una cosa chiama l’altra. Non mi muovo per un’impresa se non sono stimolato da un fatto che mi parte da dentro. Dopo aver visto la scena delle lamentatrici funebri come fai a non occupartene? Come potevo non interessarmi del grico sapendo che parlavo una lingua che intorno a me altri non conoscevano? Ho raccolto cosรฌ tutti i testi poetici della letteratura greco-salentina e li ho portati dalla bocca di chi li diceva o cantava a far parte di una collana di letteratura della Bompiani diretta da Maria Corti che รจ stata mia professoressa all’Universitร di Lecce. Dall’inconsistenza del fiato alla concretezza del libro. Fantastico!
Brizio Montinaro, Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione, Carocci Editore 2019, pp. 254, Euro 20,00
Pubblicato da Carocci Editore per la collana “Biblioteca di testi e studi” Antropologia Culturale, “Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione” di Brizio Montinaro si inserisce nella serie di pubblicazioni nate in seno al progetto internazionale “Storia e Memoria del Tarantismo”, diretto da Andrea Carlino e dall’indimenticato Sergio Torsello e promosso dalla Fondazione Notte della Taranta e dall’Institut รthique Histoire Humanitรฉs (IEH2) dell’Universitร di Ginevra. Rispetto alle precedenti opere che riguardavano gli aspetti storico-antropologici del tarantismo e la patrimonializzazione contemporanea del fenomeno, questo prezioso volume arriva nell'anno in cui si celebra il sessantesimo anniversario dalla storica campagna di ricerca compiuta, nel 1959, da Ernesto de Martino in Salento e sovverte le conclusioni a cui quest'ultimo era giunto, aprendoci uno spaccato sulla diffusione del fenomeno in tutta Europa. Nella premessa l'autore evidenzia: "Questo libro รจ il risultato di una mia lunga ricerca sul tarantismo durata almeno cinque anni. Come un pescatore, ho lanciato le reti in mare e quando le ho ritirate ho trovato dentro di tutto. Tra moltissimi altri temi e fatti sconosciuti quello che mi รจ parso fondamentale per attestare, senza equivoci, la diffusione del tarantismo in una gran parte d'Europa รจ stato il teatro. Ho trovato infatti un buon numero di testi teatrali, quasi tutti comici, di breve respiro (farse, entremeses, vaudevilles) sparsi in Spagna, Francia e Italia in cui il tarantismo, in qualche modo, รจ presente sia perchรฉ la protagonista รจ una tarantata sia perchรฉ, proprio attraverso il tarantismo, si fa satira su mode e passioni sfrenate di epoche passate". Nella prima parte il volume presenta un articolato saggio in cui l'autore ricostruisce nel dettaglio il fenomeno del tarantismo, evidenziando come fu accompagnato dall'accusa di falso sin dalle prime apparizioni documentate, soffermandosi sugli studi di medici, naturalisti, filosofi di tutta Europa come S. Blancaart, G. Cardano, E. Ferdinando, F. Serao, E. F. Leonhardt, M. S. di Renzi e F. Cid ed in particolare sui metodi utilizzati per la cura di questa misteriosa malattia. In un continuo gioco di rimandi tra veritร e finzione scenica, Montinaro con una scrittura fascinosa ed affabulatrice ci conduce alla scoperta del fenomeno, analizzandolo sotto un profilo antropologico completamente inedito in relazione al teatro con l'analisi di numerose fonti del tutto inedite e mai citate in studi precedenti sull'argomento. Ripercorrendone la diffusione tra il Seicento e l'Ottocento, l'autore pone in luce come il tarantismo รจ "un fenomeno dalla vita lunghissima" in quanto, sulla base dei documenti raccolti, si puรฒ "con certezza affermare che in Italia รจ presente dal XIV fino alla fine degli anni Settanta del XX secolo con area di massima diffusione la Terra d'Otranto" e che, inoltre, tale fenomeno ha investito anche gran parte dell’Europa meridionale con particolare riferimento alla Spagna e alla Francia. Come afferma lo stesso Montinaro, probabilmente de Martino tenne da parte i riferimenti circa la diffusione europea del tarantismo in quanto, probabilmente, avrebbero contraddetto - di fatto - la sua analisi storico-religiosa del fenomeno in Salento. Al contrario ciรฒ che รจ certo รจ che le risultanze a cui รจ approdato il ricercatore salentino, arrivano a chiudere un cerchio di indagine in modo ampiamente esaustivo, facendone emergere un affresco molto piรน articolato di quello sin ora noto. La prima parte si conclude con un capitolo dedicato alle donne, spesso sottomesse e relegate ai margini della societร e che Giovanni Pontano sosteneva simulassero di essere attarantate per giustificare comportamenti lascivi. Il morso del ragno, al contrario, nascondeva un malessere che aveva ragioni differenti essendo una sorta di sfogo per il loro male di vivere. Il cuore del volume รจ rappresentato dalla raccolta antologica di cinque testi teatrali, alcuni di essi molto rari, il cui comune denominatore รจ dato dalla presenza in scena di attarantati veri o presunti. Si tratta dei documenti cardine su cui si regge lo studio che rivestono un valore ancor piรน importante se letti nel contesto piรน ampio delle ricerche in ambito antropologico. Seguendo un filo rosso storico che va dal Siglo de Oro all’Ottocento, leggiamo, in sequenza, con testi originali a fronte “Entremรฉs de la Franchota/La Franchota” di Pedro Calderรณn de la Barca, “Los atarantados/I tarantolati” di Luis Vรฉlez de Guevara, “La tarantola” del Marchese Francesco Albergati Capacelli, “Le danseur รฉternel/L’eterno danzatore” di M. Clรฉment*** e “La tarentule/La tarantola” di Eugรจne Scribe. Opere spesso di taglio comico ed umoristico la cui lettura ci conduce a percepire in modo tangibile la penetrazione del fenomeno nei suoi addentellati sociali. Completano il libro un curato apparato iconografico ad intercalare le varie pagine ed una approfondita bibliografia che documenta l'estensione delle ricerche compiute dall'autore. “Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione” รจ, dunque, un opera preziosa ed illuminante per comprendere la complessitร del tarantismo sotto il profilo antropologico e culturale.
Salvatore Esposito
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