Coordinato da Andrea Carlino e Sergio Torsello, il progetto "Storie E Memoria Del Tarantismo", costituisce la componente scientifica dell'attività della Fondazione "La Notte della Taranta", e dal 2011 al 2013 ha visto impegnato studiosi indipendenti e ricercatori universitari delle principali università europee, che in maniera coordinata e multidisciplinare hanno dato vita ad un percorso di ricerca storico volto a dimostrare la rilevanza europea del tarantismo, quale fenomeno folklorico, problema medico-scientifico e manifestazione culturale. A conclusione della prima fase triennale di questo progetto è stato pubblicato un numero speciale della prestigiosa rivista internazionale "Medicina & Storia" (edita dalla ETS di Pisa) nel quale sono stati raccolti articoli scientifici e saggi, prodotti dal gruppo di studio nel corso degli incontri svolti tra il Salento e Ginevra. Abbiamo incontrato Andrea Carlino, docente di Storia della Medicina presso l’Università di Ginevra, e insieme a lui abbiamo ripercorso le varie fasi della ricerca, nonché le tematiche trattate dai vari saggi presenti nel volume, senza dimenticare le prossime attività che vedranno protagonista questo gruppo di lavoro.
LA VIDEOINTERVISTA
Da dove nasce l’esigenza di studiare il fenomeno del Tarantismo dal punto di vista scientifico, e creare un gruppo di lavoro coordinato da un esperto di storia della medicina?
Il gruppo di lavoro è nato in seno alla Fondazione Notte della Taranta, ed è stato l’ex presidente Massimo Bray, attuale Ministro della Cultura, a chiedermi di mettere insieme questo progetto che potesse lavorare in parallelo alle attività musicali, che hanno contraddistinto “La Notte Della Taranta” in questo ultimi diciassette anni. L’esigenza nasceva da un lato per riflettere su quello che succede adesso, ma anche di dare alla Notte Della Taranta un contributo che permettesse di nutrire in modo diverso quanto si fa dal punto di vista spettacolare. Piuttosto che fare solo eventi musicali, allargare la riflessione anche ad aspetti storici, antropologici, sociologici sulla storia del Tarantismo, ma anche sulla riscoperta di questo fenomeno.
Un approccio multidisciplinare, quindi…
Multidisciplinare per definizione, ma soprattutto per tradizione. In effetti il punto di partenza non poteva essere altro che quello che aveva fatto agli inizi degli anni sessanta Ernesto De Martino nel famoso libro “La Terra Del Rimorso”, anche in quel caso lui mise insieme un équipe multidisciplinare, in particolare con psicologi, sociologi e psichiatri, mancava quello storico, ma era lui ad indossare anche i panni dello storico in quell’occasione.
Quello è stato il momento più importante tanto nella storiografia, quanto tra i lavori che sono stati fatti sul Tarantismo, e aveva dimostrato che non era possibile affrontare questo fenomeno se non sotto diversi punti di vista. Noi siamo partiti da là per costituire questa équipe di lavoro, dove abbiamo molte di queste componenti presenti già nel gruppo di De Martino, con in più una forte caratterizzazione storica.
Uno dei principali lavori che avete portato a termine è stato il riordino della bibliografia del Tarantismo. Come si è indirizzato questo lavoro e qual è stata la sua importanza?
Una buona parte del lavoro bibliografico sugli ultimi cinquant'anni, era già stato fatto da Sergio Torsello e Gabriele Mina, in un volume pubblicato alcuni anni fa “La Tela Infinita - Una Bibliografia Del Tarantismo”, che raccoglieva numerosi lavori sul tarantismo, fermandosi però ai primi anni del XXI Secolo. La cosa impressionante è che questa bibliografia continua a crescere, e a un certo punto ci siamo accorti che una serie di ricercatori, i quali si erano occupati di tarantismo non erano rientrati in questa bibliografia, e che ci fosse stata una specie di dispersione di forze. L’idea di questo gruppo era quella di creare un gruppo di personalità, che riuscissero a coordinare queste attività perché la quantità di lavoro che è stata fatta su Tarantismo è davvero impressionante, e mettendo tutte le forze insieme, il fenomeno si può comprendere ancora meglio.
In questo volume “Medicina & Storia” Camilla Cavicchi affronta gli studi di Athanasius Kircher, quanto è importante riscoprire gli studi dello studioso tedesco?
Athanasius Kircher è uno dei tre, quatto punti chiave nella storia antica dello studio del Tarantismo. Lui era un gesuita, che potremmo definire un tuttologo, e aveva una particolare curiosità per i fenomeni scientifici, che però lambivano i margini della scienza, e ponevano alla stessa questioni capitali su quale era il suo perimetro. Kircher è stato studiato abbastanza, e tre sono i suoi testi che riguardano il Tarantismo, per altro tutti molto interessanti. Pur non essendo mai stato in Salento, grazie alla rete di informazione capillare dei Gesuiti che abbracciava tutta l’Europa, e che era centralizzata a Roma, aveva contatto con due personaggi, che erano nel Salento, e a cui aveva chiesto di informarlo su quello che stava succedendo su questo fenomeno di magnetismo. Il lavoro della Cavicchi prende in esame in particolare l’iconografia, e a riguardo è stata importante la sua esperienza come musicologa, specialista in strumenti musicali. L’idea era quella di capire quali erano gli strumenti utilizzati nel Seicento, secondo quanto era raffigurato nella "Musurgia" di Athanasius Kircher. Tra l’altro, nel frattempo è stato pubblicato anche un libro di Daniela Rota riguardo gli studi sul tarantismo di Kircher, e questo ci fa capire come ci sia ancora da fare un grande lavoro sul rapporto tra gesuiti e tarantismo. Una delle cose che vorremmo fare a medio termine, da qui a due anni, è proprio quella di mettere in piedi una piccola ricerca su Kircher e le altre fonti dei gesuiti collegate al tarantismo. Di questo lavoro si occuperò Elisa Andretta, che vorrebbe riprendere il lavoro di Rota e Cavicchi.
Sergio Torsello ha trattato, invece, il morso della taranta dal punto di vista biologico…
Questo è un secondo punto importante tra i tanti progetti che abbiamo in cantiere con il gruppo di studio, e riguarda il Tarantismo nell’Ottocento. Questo saggio di Torsello rientra proprio in quest’ambito. L’Ottocento è particolarmente interessante, perché si vede fortissima la tensione fra le letture ancora fatte in chiave folklorica, e quelle medicalizzate del Tarantismo. La letteratura e le fonti del Tarantismo nell’Ottocento sono davvero innumerevoli. Personalmente mi è capitato ad un certo punto di trovare un capitolo sul Tarantismo in uno dei capisaldi della psichiatria francese ed europea dell’Ottocento, un volume sulla “grande hystérie” di Paul Richer. Si tratta di un volume di ottocento pagine nel quale viene affrontato il tema dell’isteria, portando una serie di esempi analizzandoli uno ad uno, e c’è un capitolo sul tarantismo, dove vengono messi in relazione i fenomeni isterici con il tarantismo. Ogni testo di storia della psichiatria ottocentesca ha da qualche parte un riferimento alla storia del Tarantismo. In Spagna, e questo è uno dei contributi a questo volume, Pilar Leòn Sanz presenta uno dei padri dell’omeopatia spagnola che ha utilizzato il Tarantismo come fenomeno da studiare da più punti di vista: da un lato come fenomeno da analizzare medicalmente, quindi esaminando le funzioni terapeutiche, dall’altro lavorando sul veleno della tarantola che in dosi microscopiche può essere utilizzato per curare fenomeni psichiatrici simili al tarantismo. Questo per capire come il fenomeno sia un caso di scuola, anche a livello europeo su cui medici, e anche omeopati, riflettono.
Abbiamo parlato di Europa, lei professore insegna all’Università di Ginevra, com’ è visto il tarantismo oggi a livello europeo…
E’ visto con grande curiosità, tuttavia è una cosa un po’ al margine della storia della medicina. Ancora adesso però, mi sembra che sia un banco di prova tanto per gli storici della medicina, quanto per gli antropologi, per cercare di capire come patologie e saperi scienifici si incrocino con credenze popolari. Una delle cose che dobbiamo difendere, e cerco personalmente di difendere, è quella di mostrare, all’interno di una riflessione più generale su cos’è la medicina, come un approccio multidisciplinare su un fatto patologico, osservato attraverso gli occhi di uno storico, di un antropologo, di un medico di uno psichiatra, permetta di chiedersi ancor oggi cos’è una malattia.
Qual è stato il suo contributo a questo volume di Medicina & Storia?
Il mio contributo è stato innanzitutto quello di mettere insieme le persone, creando il gruppo di studio. Poi con Alessandro Arcangeli, con cui abbiamo coordinato il volume della rivista, abbiamo cercato di utilizzare questa occasione per pubblicare, e rendere disponibile agli storici della medicina una riflessione più ampia, sul fenomeno del tarantismo, ma anche di promuovere quello che stiamo facendo. L’idea di pubblicare questi contributi su una rivista di Storia della Medicina, che ha anche una discreta diffusione internazionale, era legato al fatto di rimettere il tarantismo all’interno di una riflessione sulla medicina. Con Alessandro Arcangeli abbiamo spiegato qual era lo spirito del gruppo di lavoro, piuttosto che fare più specificamente un riassunto del contenuto della rivista, offrendo uno spettro di contributi ampio, forse difformi, ma che rispecchiano perfettamente la complessità del fenomeno del Tarantismo.
Quando si sente parlare di Fondazione della Notte della Taranta, si fa subito riferimento al Concertone, però in molti non sanno che c’è un attività di ricerca importante alle spalle. Quali sono i progetti passati che avete curato, e quali sono soprattutto quelli futuri?
Questo volume di Medicina & Storia è la prima vera pubblicazione del gruppo Storia e Memoria del Tarantismo. In precedenza abbiamo fatto tre incontri tra Ginevra e il Salento per cominciare a preparare questo lavoro, e per individuare quali fossero i nodi, i punti su cui a noi interessava lavorare. All’interno di questi incontri abbiamo deciso di ripubblicare una serie di fonti del Tarantismo, e la prossima uscita prevista per questa estate sarà un volume, pubblicato dall’Editore Carrocci – che sarà disponibile prima del festival e del concertone 2014 - dedicato a Giorgio Baglivi, un medico che ha operato tra Lecce, Roma, Bologna e Padova alla fine del Seicento. Stiamo considerando una serie di altri volumi, ma quello che mi sembra interessante è legare un lavoro collettivo sulle fonti ad un altro sulle riflessioni contemporanee su cos’è questo fenomeno oggi, a partire proprio dal momento culminante del Concertone. Su questo punto il contributo di un antropologo come Giovanni Pizza, che ha pubblicato un saggio anche in questo volume, è decisivo, e infatti poco dopo l’estate uscirà anche il suo volume “Il Tarantismo Oggi, Antropologia e Politica sul Salento Contemporaneo”, il cui titolo fa eco a quello di un famoso libro di Claude Levy-Strauss “Il Totemismo Oggi”. Si tratta di una riflessione sul rapporto tra tradizione, patrimonializzazione della tradizione, e politica culturale nel Salento. Il lavoro di Pizza non può far a meno del lavoro degli storici che fanno parte del gruppo e viceversa quello degli storici non può prescindere di posizionarsi nell’oggi grazie a quello che ci permette di fare un antropologo.
Medicina & Storia, Anno XIII, n. 3 n.s., Edizioni ETS 2013, pp.178, Euro 30,00
La Fondazione “La Notte Della Taranta” sin dalla sua nascita, parallelamente all’ormai classico festival itinerante e al Concertone, che conclude annualmente l’estate salentina, ha dato vita ad un think-tank di ricercatori e studiosi con l’intento di approfondire dal punto di vista scientifico, antropologico e storico il fenomeno del Tarantismo. E’ nato così il progetto "Storie E Memoria Del Tarantismo", coordinato da Andrea Carlino, docente di storia della medicina presso l’Università di Ginevra, il quale su impulso dell’allora presidente della Fondazione, Massimo Bray, attuale Ministro della Cultura, ha raccolto un nutrito gruppo di studiosi provenienti dall’Italia e dall’estero, i quali dopo una serie di incontri svolti tra Ginevra e il Salento, hanno prodotto una serie di articoli e saggi di taglio scientifico, che sono diventati oggetto della pubblicazione di un numero speciale della rivista Medicina & Storia, edita da ETS, e pubblicata nell’agosto dello scorso anno. Il volume nel suo insieme rappresenta un vero e proprio unicum, in quanto per la prima volta pone a confronto intellettuali italiani e stranieri, i quali hanno dato vita ad un percorso di ricerca comune sul tarantismo e le sue riletture contemporanee, ispirato al modello sperimentato da Ernesto De Martino, a cinquant'anni dalla pubblicazione de "La terra del rimorso". Introdotto dalla presentazione di Alessandro Arcangeli e Andrea Carlino, che a quattro mani raccontano l’esperienza del gruppo di studio, il volume entra nel vivo con il pregevole lavoro di Camilla Cavicchi dal titolo “La Scena Di Iatromusica Nella Phonurgia Nova di Athanasius Kircher”, nel quale la musicologa si sofferma sugli strumenti tipici del tarantismo nel Seicento. Dal Salento si passa poi alla Spagna con Pilar León Sanz che offre un interessante focus sul rapporto tra omeopatia e tarantismo nel saggio “A homeopathic perspective on Tarantism and Music Therapy: Dr Núñez (1864)”, mentre Sergio Torsello prende in esame l’opera dello zoologo Paolo Pancieri nel saggio “Lo zoologo e la tarantola: Esperienze Sopra Il Veleno Della Lycosa tarentula di Paolo Pancieri (1868)”. Completano il volume il pregevole lavoro di Giovanni Pizza, “Medicina, Antropologia E Storia Nella Terra Del Rimorso di Ernesto de Martino” e quello di Flavia Gervasi dal titolo “I Suoni Giusti Del Tarantato: Neurofisiologia, Cultura, Trance e Potere Della Musica”.
Salvatore Esposito