
LA VIDEOINTERVISTA
Il gruppo di lavoro è nato in seno alla Fondazione Notte della Taranta, ed è stato l’ex presidente Massimo Bray, attuale Ministro della Cultura, a chiedermi di mettere insieme questo progetto che potesse lavorare in parallelo alle attività musicali, che hanno contraddistinto “La Notte Della Taranta” in questo ultimi diciassette anni. L’esigenza nasceva da un lato per riflettere su quello che succede adesso, ma anche di dare alla Notte Della Taranta un contributo che permettesse di nutrire in modo diverso quanto si fa dal punto di vista spettacolare. Piuttosto che fare solo eventi musicali, allargare la riflessione anche ad aspetti storici, antropologici, sociologici sulla storia del Tarantismo, ma anche sulla riscoperta di questo fenomeno.
Un approccio multidisciplinare, quindi…
Multidisciplinare per definizione, ma soprattutto per tradizione. In effetti il punto di partenza non poteva essere altro che quello che aveva fatto agli inizi degli anni sessanta Ernesto De Martino nel famoso libro “La Terra Del Rimorso”, anche in quel caso lui mise insieme un équipe multidisciplinare, in particolare con psicologi, sociologi e psichiatri, mancava quello storico, ma era lui ad indossare anche i panni dello storico in quell’occasione.
Quello è stato il momento più importante tanto nella storiografia, quanto tra i lavori che sono stati fatti sul Tarantismo, e aveva dimostrato che non era possibile affrontare questo fenomeno se non sotto diversi punti di vista. Noi siamo partiti da là per costituire questa équipe di lavoro, dove abbiamo molte di queste componenti presenti già nel gruppo di De Martino, con in più una forte caratterizzazione storica.

Una buona parte del lavoro bibliografico sugli ultimi cinquant'anni, era già stato fatto da Sergio Torsello e Gabriele Mina, in un volume pubblicato alcuni anni fa “La Tela Infinita - Una Bibliografia Del Tarantismo”, che raccoglieva numerosi lavori sul tarantismo, fermandosi però ai primi anni del XXI Secolo. La cosa impressionante è che questa bibliografia continua a crescere, e a un certo punto ci siamo accorti che una serie di ricercatori, i quali si erano occupati di tarantismo non erano rientrati in questa bibliografia, e che ci fosse stata una specie di dispersione di forze. L’idea di questo gruppo era quella di creare un gruppo di personalità, che riuscissero a coordinare queste attività perché la quantità di lavoro che è stata fatta su Tarantismo è davvero impressionante, e mettendo tutte le forze insieme, il fenomeno si può comprendere ancora meglio.
In questo volume “Medicina & Storia” Camilla Cavicchi affronta gli studi di Athanasius Kircher, quanto è importante riscoprire gli studi dello studioso tedesco?
Athanasius Kircher è uno dei tre, quatto punti chiave nella storia antica dello studio del Tarantismo. Lui era un gesuita, che potremmo definire un tuttologo, e aveva una particolare curiosità per i fenomeni scientifici, che però lambivano i margini della scienza, e ponevano alla stessa questioni capitali su quale era il suo perimetro. Kircher è stato studiato abbastanza, e tre sono i suoi testi che riguardano il Tarantismo, per altro tutti molto interessanti. Pur non essendo mai stato in Salento, grazie alla rete di informazione capillare dei Gesuiti che abbracciava tutta l’Europa, e che era centralizzata a Roma, aveva contatto con due personaggi, che erano nel Salento, e a cui aveva chiesto di informarlo su quello che stava succedendo su questo fenomeno di magnetismo. Il lavoro della Cavicchi prende in esame in particolare l’iconografia, e a riguardo è stata importante la sua esperienza come musicologa, specialista in strumenti musicali. L’idea era quella di capire quali erano gli strumenti utilizzati nel Seicento, secondo quanto era raffigurato nella "Musurgia" di Athanasius Kircher. Tra l’altro, nel frattempo è stato pubblicato anche un libro di Daniela Rota riguardo gli studi sul tarantismo di Kircher, e questo ci fa capire come ci sia ancora da fare un grande lavoro sul rapporto tra gesuiti e tarantismo. Una delle cose che vorremmo fare a medio termine, da qui a due anni, è proprio quella di mettere in piedi una piccola ricerca su Kircher e le altre fonti dei gesuiti collegate al tarantismo. Di questo lavoro si occuperò Elisa Andretta, che vorrebbe riprendere il lavoro di Rota e Cavicchi.
Sergio Torsello ha trattato, invece, il morso della taranta dal punto di vista biologico…

Abbiamo parlato di Europa, lei professore insegna all’Università di Ginevra, com’ è visto il tarantismo oggi a livello europeo…
E’ visto con grande curiosità, tuttavia è una cosa un po’ al margine della storia della medicina. Ancora adesso però, mi sembra che sia un banco di prova tanto per gli storici della medicina, quanto per gli antropologi, per cercare di capire come patologie e saperi scienifici si incrocino con credenze popolari. Una delle cose che dobbiamo difendere, e cerco personalmente di difendere, è quella di mostrare, all’interno di una riflessione più generale su cos’è la medicina, come un approccio multidisciplinare su un fatto patologico, osservato attraverso gli occhi di uno storico, di un antropologo, di un medico di uno psichiatra, permetta di chiedersi ancor oggi cos’è una malattia.
Qual è stato il suo contributo a questo volume di Medicina & Storia?

Quando si sente parlare di Fondazione della Notte della Taranta, si fa subito riferimento al Concertone, però in molti non sanno che c’è un attività di ricerca importante alle spalle. Quali sono i progetti passati che avete curato, e quali sono soprattutto quelli futuri?
Questo volume di Medicina & Storia è la prima vera pubblicazione del gruppo Storia e Memoria del Tarantismo. In precedenza abbiamo fatto tre incontri tra Ginevra e il Salento per cominciare a preparare questo lavoro, e per individuare quali fossero i nodi, i punti su cui a noi interessava lavorare. All’interno di questi incontri abbiamo deciso di ripubblicare una serie di fonti del Tarantismo, e la prossima uscita prevista per questa estate sarà un volume, pubblicato dall’Editore Carrocci – che sarà disponibile prima del festival e del concertone 2014 - dedicato a Giorgio Baglivi, un medico che ha operato tra Lecce, Roma, Bologna e Padova alla fine del Seicento. Stiamo considerando una serie di altri volumi, ma quello che mi sembra interessante è legare un lavoro collettivo sulle fonti ad un altro sulle riflessioni contemporanee su cos’è questo fenomeno oggi, a partire proprio dal momento culminante del Concertone. Su questo punto il contributo di un antropologo come Giovanni Pizza, che ha pubblicato un saggio anche in questo volume, è decisivo, e infatti poco dopo l’estate uscirà anche il suo volume “Il Tarantismo Oggi, Antropologia e Politica sul Salento Contemporaneo”, il cui titolo fa eco a quello di un famoso libro di Claude Levy-Strauss “Il Totemismo Oggi”. Si tratta di una riflessione sul rapporto tra tradizione, patrimonializzazione della tradizione, e politica culturale nel Salento. Il lavoro di Pizza non può far a meno del lavoro degli storici che fanno parte del gruppo e viceversa quello degli storici non può prescindere di posizionarsi nell’oggi grazie a quello che ci permette di fare un antropologo.
Medicina & Storia, Anno XIII, n. 3 n.s., Edizioni ETS 2013, pp.178, Euro 30,00

Salvatore Esposito