Edoardo Zanon, “Il Mondo di Leonardo da Vinci” e gli Strumenti Musicali

La clavi-viola
In passato di questo strumento aveva brevemente trattato Emmanuel Winternitz (1898-1983), musicologo austriaco, esperto d’iconologia e iconografia musicale anche da un punto di vista simbolico. Lo studio più approfondito sullo strumento - raffigurato nel “Codice Atlantico, foglio 93r” - si deve a Edoardo Zanon, il quale ha reso pubbliche le prime immagini del progetto definitivo di ricostruzione nell’opera “Le Macchine di Leonardo”, scritto in collaborazione con Mario Taddei. Purtroppo del “foglio 93 r”, al momento, è stata rinvenuta solo la parte destra che, tuttavia, permette di chiarire le informazioni principali necessarie per la costruzione dello strumento, caratterizzato da complessi meccanismi rotanti posti in movimento direttamente dalla camminata del suonatore, tramite un’imbragatura stretta alla parte superiore del corpo e a un arto inferiore. L’azione esecutiva è prodotta per mezzo di una tastiera (dopo lunghe e ponderate riflessioni Zanon ha scelto di intonarla cromaticamente), in grado di emettere suoni melodici o polifonici. Schiacciando il singolo tasto o più tasti si provoca lo spostamento delle corde verso il meccanismo rotante, cui è collegato un particolare tessuto che (come un archetto) garantisce lo sfregamento delle corde (effetto “crine di cavallo”), producenti in vibrazione suoni timbricamente affini a quelli della viola. La costruzione del prototipo (primavera del 2005) è stata complessa ed è durata ben cinque anni, poiché ha richiesto il superamento e il perfezionamento di parecchi problemi tecnici non espressamente specificati nel disegno di Leonardo. Zanon ha scelto di utilizzare principalmente materiali in uso ai tempi della progettazione originale. Il congegno rotante del prototipo iniziale era particolarmente rumoroso ma, nei limiti del possibile, è stato perfezionato negli esemplari successivi, grazie anche agli studi sperimentali elaborati da Zanon su decine di modelli digitali 3D dello strumento. La “clavi-viola” è stata esposta in diverse mostre internazionali, tra cui quella riferita al “Codice Atlantico” tenutasi presso il Museo Niño Papalote (Città del Messico, aprile-agosto 2008). Successivamente è stata presentata nella mostra dedicata a Leonardo da Vinci presso il “Discovery Times Square Exposition” (New York novembre 2009 – marzo 2010), dove è stata utilizzata per performance dimostrative in accoppiata con strumenti dell’epoca. Un altro modello è stato esibito presso “Il Laboratorio di Leonardo”, realizzato nelle sale del Castello di Vigevano, settembre 2009 - giugno 2010. Il 16 marzo 2010, nella Sala della Balla del Castello Sforzesco di Milano, la “clavi-viola” è stata suonata in pubblico dai suonatori dell’ensemble “La Frottola”, che hanno eseguito un repertorio di musiche rinascimentali. Per la realizzazione dello strumento, Edoardo Zanon si è avvalso della collaborazione del liutaio Marco Minnozzi (di Ravenna) e di Pino Zampiga. La “clavi-viola” talvolta viene erroneamente confusa con la cosiddetta “viola organista”, di cui al “foglio 586r” del Codice Atlantico. 

Il can(n)one musicale 
Si tratta di una costruzione in anteprima mondiale realizzata da Edoardo Zanon per la Mostra “Il Mondo di Leonardo”. Lo strumento musicale è raffigurato sul “foglio 136r, Codice Arundel”, conservato alla British Library di Londra, dove Leonardo aveva appuntato: - “Qui io faccio una ruota fatta di canne ad uso di tabbelle con un motivo musicale chiamato canone [...] e però io faccio una ruota con quattro denti, in maniera tale che ciascun dente fa l’uffizio di un cantore”. Il “canone” è una tecnica d’imitazione musicale particolarmente utilizzata nel Trecento soprattutto dai compositori dell’Ars nova e, nel secolo successivo, da quelli fiamminghi. Essendo il progetto concepito a quattro voci, chiaramente Leonardo mostra l’intendimento di abbinare le tecniche della composizione polifonica con quelle del movimento rotatorio, attivato dall’esecutore per mezzo di una manovella. Una ruota dentata, simultaneamente, pone in movimento delle lamelle, la cui vibrazione sonora viene amplificata dalle canne che Zanon ha scelto di costruire utilizzando legno di faggio (sulla scelta dei materiali ci sarebbe da scrivere un articolo specifico). Le quattro voci s’inseguono a canone, garantendo l’effetto carillon. Nell’interfaccia digitale, l’utente ha la possibilità di selezionare o deselezionare a piacere le singole voci, le quali globalmente producono ininterrottamente una polifonia (allo scrivente ha ricordato un pattern sullo stile di quelli armonici usati dai moderni compositori minimalisti). Zanon ha osservato che il nome da lui attribuito allo strumento deriva dall’associazione tra la forma musicale utilizzata (canone) e quella allungata “a cannone” prevista da Leonardo per le canne di amplificazione. La realizzazione dello strumento è stata complessa, soprattutto nello studio e nella elaborazione dei numerosi meccanismi di sincronizzazione. Sulla scorta di quanto appuntato per iscritto da Leonardo, una lunga riflessione teorica ha riguardato la scelta dei materiali per le lamelle e la loro modalità esecutiva. Zanon ha in progetto di realizzare più modelli di “can(n)one musicale” con lamelle lignee, pizzicate o percosse. 

Il flauto glissato 
Si tratta anche in questo caso della realizzazione di strumenti musicali presentati da Zanon in anteprima mondiale per la Mostra milanese, sebbene lavorasse al progetto costruttivo da tempo. Secondo lui è ragionevole ipotizzare che tale flauto non sia mai stato costruito dall’artista toscano, poiché per renderlo funzionante sarebbero stati necessari alcuni accorgimenti aggiuntivi non specificati nel “foglio 1106r” del Codice Atlantico. In questo foglio, spiega Zanon, Leonardo aveva segnato numerosi appunti di vario genere e solo in un quadratino del foglio si trovano raffigurati due flauti. La caratteristica principale del “flauto glissato” è data dalla sostituzione dei convenzionali fori del calamo con una “fessura” longitudinale, con la quale Leonardo intendeva prospettare all’esecutore la possibilità di utilizzare lo strumento in modo creativo (“tanto quanto a te piace”), con effetti espressivi tra una nota e l’altra della melodia, utilizzando “ottavi o sedicesimi di tono” (effetti simili si ottengono con i cosiddetti flauti “a pistone”). Per glissato, in musica s’intende l’effetto ottenuto facendo normalmente scivolare (“glisser”, in francese) la mano su uno strumento a corda o a tastiera. Zanon per rendere utilizzabili i flauti ha progettato una camera (o camicia) d’aria interna allo strumento, in modo tale che il flautista, tramite un pomello, possa muoverla a piacere allungando o accorciando la lunghezza della “colonna d’aria” del calamo, ottenendo l’effetto timbrico che Leonardo aveva indicato come “proprio della voce umana”. Zanon osserva che in molti progetti di Leonardo è presente l’idea di “… rendere meccanico un organo vivente”, in questo caso quello della voce. I flauti presenti nella mostra sono perfettamente funzionanti e sono stati costruiti con legno di ciliegio, particolarmente usato per questo tipo di aerofoni in epoca rinascimentale. Per i prototipi Zanon ha invece utilizzato il bambù. Per la costruzione definitiva ha richiesto la collaborazione del liutaio Marco Casiraghi. 

La piva a vento continuo 
La progettazione dello strumento armonico sul quale Zanon studiava da alcuni anni è raffigurata nel “foglio 76r” del “Codice di Madrid II”, insieme con quello che è stato definito “Organo continuo”, al quale si accennerà in seguito. Lo strumento “La Piva a vento continuo” è caratterizzato dalla presenza di due mantici, per mezzo dei quali, scrisse Leonardo, “el vento fia continuo”. All’uscita dell’imboccatura vi è la possibilità di inserire uno strumento a fiato (naturale o ad ancia). Da parte di Leonardo vi era il desiderio di far convivere e interagire in uno stesso strumento le parti polifoniche con quelle melodiche, garantendo al suonatore libertà di movimento. Prima di giungere alla realizzazione definitiva è stato necessario decifrare e interpretare il significato di due dettagli “conici” situati nella parte superiore della raffigurazione, per i quali sono possibili diverse interpretazioni. Per costruire lo strumento, Zanon ha richiesto la collaborazione dell’artista-liutaio Michele Sangineto (si veda Michele Sangineto in Blogfoolk n.153), il quale propende per interpretare i dettagli conici come due bordoni della piva, sul tipo, ad esempio, di quelli usati nel baghèt lombardo (si veda Valter Biella in Blogfoolk, n.149). Ed è seguendo l’ipotesi dei bordoni che lo strumento presente nella mostra è stato realizzato. Tuttavia Zanon evidenzia che altrettanto plausibile e veritiera potrebbe essere l’interpretazione dei dettagli conici intesi come bretelle necessarie per fissare l’imbragatura alle spalle del suonatore, in modo che lo stesso potesse suonare in movimento. Di conseguenza non esclude, in futuro, di progettare e realizzare lo strumento seguendo tale ipotesi interpretativa. 

Organo continuo 
Con il consueto rispetto per il lavoro altrui, Zanon ha precisato che lo strumento musicale è stato interamente progettato e costruito da Mario Buonoconto, stimato liutaio di Majano (UD), il quale ha realizzato diversi prototipi, costati sette anni di studio e di pratica. Rispetto al disegno originale di Leonardo, per ragioni squisitamente tecniche, Buonoconto ha apportato alcune modifiche rispetto alla direzione delle canne, in modo da riuscire a convogliare più agevolmente l’aria in un unico punto. L’ “Organo continuo” è da alcuni denominato “Organo di carta”, poiché tale materiale è espressamente indicato da Leonardo nei dettagli costruttivi degli strumenti armonici del “foglio 76r” del Codice di Madrid II. Alcuni liutai preferiscono la denominazione “fisarmonica di Leonardo”, essendo l’“organo continuo” a tutti gli effetti antesignano dell’aerofono a mantice. Per chi volesse approfondire l’argomento, ricercando nel web, è possibile trovare un sito nel quale è riportata l’intervista di Denis Biasin a Mario Buonoconto il quale, con competenza, spiega le tappe che l’hanno portato alla realizzazione dello strumento musicale. Ha evidenziato Zanon che lo strumento possiede un suono “caldo” e particolarmente delicato. È funzionante ed è utilizzabile, anche in sede di concerto, per esecuzioni di musica antica.

Numerosi sono gli argomenti rimasti in sospeso o appena accennati, tanto che presto sarà opportuno tornare a scrivere di Edoardo Zanon il quale, come abbiamo potuto appurare, è un attivo progettista per quanto riguarda le proposte operative relative al “corpus” leonardesco degli strumenti musicali. Agli occhi dello scrivente, Zanon appare come un “Marco Polo” dell’era digitale. Il veneziano viaggiava per il mondo portando novità internazionali in Italia. Zanon opera modernamente. Ricerca, raggruppa, analizza, decifra le conoscenze, integrando razionalmente le proprie riflessioni tecniche che conducono alla ricostruzione fisica delle “macchine” di Leonardo, dando la possibilità all’osservatore di interagire durante l'apprendimento dei dati, per mezzo della più avanzata tecnologia e della rappresentazione grafica in 3D. La moderna tecnologia riguarda anche la comunicazione, che facilità la trasmissione planetaria delle informazioni su Leonardo da Vinci, la cui grandezza è unanimemente riconosciuta. Come dinamico “mousikos aner” (così definivano i Greci l’essere umano colto), Zanon valorizza la conoscenza trovando un ammirabile equilibrio tra “practica” e teoria, tra conoscenze rinascimentali e tecnologia contemporanea, proponendosi nei fatti quale moderno ambasciatore dell’ingegno di Leonardo da Vinci. Zanon si distingue, inoltre, per il coraggio culturale, l’imprenditorialità, la generosità con la quale è solito condividere i risultati di studi e ricerche nonché per il giovanile entusiasmo unito a intraprendenza, messi al servizio di un sogno nel quale ipotizza un permanente progetto museale interattivo e multimediale, capace di dare valore aggiunto a Leonardo, impiegando un linguaggio semplice che abbia riscontro a differenti livelli, compreso quello della didattica dove, ai fini dell’apprendimento e della conoscenza, possano felicemente convivere l’informazione scientifica, il gioco e “il piacere di” sperimentare, viaggiare, ascoltare, toccare, manipolare, vedere. Se tale sogno si realizzerà, io ritengo, Milano potrebbe acquisire ulteriore visibilità culturale nel mondo, rendendo omaggio imperituro al genio di Leonardo che considerava questa città una seconda patria. In una lapide della Statua commemorativa di Leonardo da Vinci, collocata in Piazza della Scala sin dal 1872, è inciso a caratteri cubitali che è stato “lungamente ospite invidiato in Milano - dove ebbe amici, discepoli e gloria”. Al momento quello di Edoardo Zanon e del Centro di ricerca“L3” resta un sogno che, a favore della cittadinanza, auguriamo possa presto diventare realtà, da riproporre con creatività tutta italiana anche in altre parti del mondo. 

Paolo Mercurio

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