Se fare musica folk a volte è un atto politico, in quanto con essa si esprimono visioni culturali e si avanzano istanze condivise da gruppi sociali ed etnici, se non da interi popoli, allora Xabi Aburruzaga con la sua musica fa politica. Ma la fa ad un livello più alto di quello basato su semplici rivendicazioni o sulla sola affermazione identitaria. Egli infatti parte sì dalla sua specificità basca, ma riesce ad ampliare la propria prospettiva artistica riversando nella sua musica esperienze e studi fatti in oltre 20 anni di carriera, in più accogliendo stimoli e stili da molte parti del mondo, rielaborandoli alla luce della propria sensibilità. In tal modo ciò che l’organettista basco dichiara o che si coglie all’ascolto è non solo facilmente riconoscibile, ma altrettanto condivisibile, a prescindere dalla lingua e dalla collocazione geografica o culturale dell’ascoltatore, così che la tradizione si fa contemporaneità e il particolare diventa universale. È perciò naturale che, accanto a una canzone che parla di Palestina (“Betiko bihotzean”, cioè “Per sempre nel cuore”), si trovi un brano personale come “Lore hostoak” (“Petali di fiori”), in cui sono descritte le sensazioni che egli prova al ricordo di coloro che lo hanno preceduto, che vede come foglie nate, cresciute, ed infine cadute dallo stesso albero da cui egli discende. Oppure che brani tipicamente baschi si alternino ad altri di matrice irlandese. In tutti i casi il fulcro musicale su cui ruota “Bask” sono le diverse trikitixa di Aburruzaga (tra cui il Castagnari che compare nel retro della copertina dell’album) che egli usa con grande maestria e altrettanto cuore. Nei tredici brani di “Bask”, accanto a Aburruzaga e al quartetto che usualmente lo accompagna nei concerti, cioè: Eriz Perez alle chitarre e all’ukulele; Jon Cañaveras al contrabbasso, Iñigo Olazabal e Ruben Isasi alle percussioni etniche, a contribuire alla multiformità del progetto troviamo un nutrito gruppo di ospiti, tra cui citiamo: Xabi Valle all’alboka e tin whistle, fondamentale per dare a brani come “Connecting reel” quelle sonorità irlandesi che Aburruzaga da tempo frequenta; Koldo Uriarte al piano e organo, a sottolineare insieme agli archi i passaggi più delicati e evocativi; Xabier Zeberio al violino, capace di intonare un reel quanto un pezzo di tradizione basca; il galiziano Xabier Diaz, dei Berrogűeto, che interpreta vocalmente (e firma parte del testo) della xota “Entzun zeure bihotzari” (“Ascolta il tuo cuore”), a cui dà un significativo apporto vocale anche il gruppo femminile delle Aduferiras de Salitre; Thaïs Morell (voce, chitarra acustica e percussioni) e Jose Urrejola (flauto), a imprimere un irresistibile gusto carioca a “Porrusamba”. Altro riferimento alla tradizione musicale del Sud America è il bellissimo tango di composizione “Piazzolari”, un tributo e un omaggio a Astor Piazzolla, la cui grandezza e genialità Aburruzaga confessa di aver compreso solo nel 2022, andando in Argentina, dove ha scoperto quanto forte ed importante sia ancor oggi il lascito musicale e culturale di Piazzolla. Una citazione particolare merita poi la bellissima e delicata aria che chiude l’album, intitolata “Doinu bat bakerako” (“Una melodia per la pace”). Si tratta di un brano che Xabi Aburruzaga definisce “Una semplice melodia, un grido silenzioso di fronte all’insensatezza della guerra. In Palestina, in Ucraina … e in molti angoli di mondo, le sofferenze (che lì si patiscono) ci scuotono. Desideriamo pace e dignità per i popoli del mondo”. Bella ed originale la copertina e ricco di informazioni il booklet, in basco, spagnolo e inglese. In conclusione, non possiamo che condividere quanto Aburruzaga scrive nelle note di presentazione di “Bask”, che rappresenta “una pausa lungo un percorso di due anni di studi, di composizioni, di esperienze musicali e non; un’occasione per guardare indietro senza cessare di avanzare.” Partendo da una tradizione sempre viva e pulsante come quella basca, nel contempo egli ha cercato e cerca sempre qualcosa di nuovo, affiancando alla propria altre culture, costruendo ponti verso di esse, creando “uno spazio comune da sentire, respirare e in cui provare gioia”.
Marco G. La Viola
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