Viaggio in Boemia con l’ensemble Lidová muzika z Chrástu. Intervista a Vojtěch Kouba

Quali repertori boemi eseguite?Suoniamo canzoni da tutta la Boemia – non morave, poiché dal XIX secolo la musica morava è stata fortemente influenzata dalla musica ungherese – ma il vecchio repertorio boemo. La raccolta di base è quella di Karel Jaromír Erben del 1840, che contiene soprattutto canti della Boemia meridionale e occidentale. Nel 2015, quando Plzeň è stata Capitale Europea della Cultura, abbiamo preparato “Plzeňské písně – Le canzoni di Plzeň”, un libro con due CD di canti  tradizionali della città e dei dintorni.

Il vostro repertorio attinge a fonti d’archivio e raccolte etnografiche o esistono tradizioni ancora viventi? 
Oggi in Cechia è quasi impossibile trovare tradizioni di canto popolare ancora vive. Ma a volte capita: ad esempio “Viléme, Viléme” è una canzone che ho raccolto io stesso. Naturalmente suoniamo anche canti ancora presenti nella tradizione folklorica vivente, quelli che altri gruppi eseguono e che ci piacciono. Cerco sempre brani particolari e interessanti, sia nei libri che negli archivi o in altre istituzioni. Oggi l’Istituto Etnografico ha finalmente digitalizzato migliaia di canti del XX secolo. Quindi sì, attingiamo a molte fonti: alcune note, altre quasi sconosciute, canti antichi (barocchi) o relativamente recenti (dagli anni ’50 in poi).

Come si avvicina alla trascrizione e all’arrangiamento dei canti tradizionali? 
In Cechia esiste una bella tradizione di arrangiamenti di musica popolare. Il modello è il compositore Jaroslav Krček con la sua “Musica Bohemica”. Se fossi un professionista e potessi lavorare con un’orchestra di musica antica, mi piacerebbe ascoltare il folklore ceco suonato con strumenti storici: violini barocchi o viole da gamba, per esempio. Ma noi siamo persone contemporanee, con strumenti
contemporanei. Scrivo musica per i miei compagni, per i loro strumenti, per le loro voci.

Cerca di avvicinarsi alle versioni delle fonti “originali” o introduce soluzioni proprie in termini di armonia e timbriche? 
Nelle raccolte c’è quasi sempre solo la melodia. E allora mi chiedo: cos’è “l’originale”? Possiamo davvero ritrovare il “suono originale” di una musica cantata da servi analfabeti mentre spiumavano le oche? A volte sì — e adoro il suono grezzo, ad esempio, della cornamusa — ma nella maggior parte dei casi cerco un suono contemporaneo che riveli la qualità interiore del canto. Se una canzone tradizionale è piena di gioia, perché non suonarla come una samba?

Il vostro suono mostra un equilibrio raffinato tra archi, fiati e voci. Come raggiungete questo equilibrio per trasmettere l’autenticità e la vitalità del materiale popolare? 
La quantità di strumenti non è ciò che conta. Il cuore è la canzone: di cosa ha bisogno? Come valorizzarne la melodia o il testo? Solo voce a cappella? Polifonia? Due strumenti? Solo cornamuse? Tutta la band, seguita da una voce pura per contrasto? Sperimentiamo molto e impariamo dagli errori.

Nel vostro repertorio figurano anche canti dei Sorbi di Lusazia, una tradizione slava poco conosciuta. Cosa l’ha portata a questo repertorio e quali sfide musicali o linguistiche avete incontrato? 
Scoprire l’esistenza dei Sorbi è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Questa piccola minoranza slava vive nella Germania orientale, a circa 50 km dal confine ceco, eppure quasi nessun ceco
sa nulla di loro. Si tratta di piccole comunità rurali tradizionali con molti problemi sociali e un forte tasso di disoccupazione. Sembra una questione politica, ma in realtà l’incontro con i Sorbi è un incontro con tradizioni scomparse e, purtroppo, anche con un canto in via di estinzione. Adoro ogni visita in Lusazia: nei villaggi cattolici vicino a Budyšin/Bautzen le chiese sono ancora piene di gente che canta e la tradizione dei Cavalieri di Pasqua (I křižerjo sono protagonisti di un rituale pasquale chiamato Cavalcata di Pasqua, křižerska jězba, una solenne processione a cavallo, tipico soprattutto della Lusazia, ndr) è il rituale più vivo che conosca. Ma naturalmente non siamo “revivalisti sorbi”! Amiamo cantare i canti sorbi perché da un lato sono molto simili a quelli boemi, ma dall’altro sono molto diversi: i Sorbi hanno vissuto per secoli solo nei villaggi, senza una cultura “alta”, e il loro folklore è ricchissimo e colorato. Dobbiamo affrontare la lingua: il sorabo è simile al ceco, ma diverso; grazie a questo sforzo possiamo cantare e suonare musiche davvero speciali. Non fingiamo di essere Sorbi: siamo ospiti, ma vorremmo essere ambasciatori della cultura sorba in Cechia e in Germania.

Molte vostre registrazioni ruotano attorno a temi culturali specifici: amore, morte, matrimonio, lavoro. Come nascono questi concept album e che tipo di ricerca c’è dietro? 
A volte è la vita stessa a suggerirli. Quando molti membri del gruppo si sono sposati, era inevitabile cercare canzoni di nozze. E quando mio nonno è morto, e al funerale è stata suonata una nostra vecchia e pessima registrazione, ho capito che avevamo bisogno di nuove registrazioni di canti funebri. Due anni fa mi sono chiesto: come suonano i canti di lavoro boemi? Esistono davvero? Ho passato mesi negli archivi per rispondere ed è stata un’avventura fantastica.

Gli strumenti giocano un ruolo cruciale nella vostra interpretazione del folklore. Usa strumenti storici, ricostruzioni moderne o strumenti contemporanei adattati? 
Suoniamo strumenti moderni, come quelli usati nelle orchestre sinfoniche. Come ho detto, sarebbe meraviglioso ascoltare la nostra musica su strumenti più tradizionali, ma l’unica eccezione è la mia cornamusa, costruita da Jaromír Konrády, ottantenne liutaio della microregione di Chodsko ed erede di una lunga tradizione familiare.

La vostra attività si colloca tra ricerca e performance. Come si rapporta al folk revival ceco del XX secolo: vi sentite interpreti fedeli o creativi re-interpretatori? 
Grazie per questa domanda, è fondamentale. Facciamo parte del movimento ceco di revival folklorico e ne siamo orgogliosi. Suoniamo nei festival folk e parliamo il linguaggio di questa sottocultura. Ma sappiamo anche che questo movimento è nato dopo la Seconda guerra mondiale ed è stato legato al regime: il folklore era “l’arte favorita” del potere, e questo ha fatto sì che oggi molte persone detestino il folklore. L’unico modo per cambiare le cose è suonare! Non usare il folklore per scopi politici né esaltarlo come arte straordinaria, ma goderne semplicemente. Sì, siamo parte del movimento di revival, ma ci piace esplorarne i limiti e, a volte, provocare.

Le attività educative sono parte integrante della sua “missione”? 
È vero, sono un insegnante, ma non insegno musica: insegno all’Università di Economia di Praga. La band è un’attività del tempo libero per me e per tutti i membri. Non vogliamo “insegnare” nel senso scolastico del termine; vogliamo divertirci e suonare per il pubblico. Suoniamo musiche diverse a seconda del contesto: festival di world music in Germania, feste sorbe in Lusazia, festival folklorici cechi, carnevali
tradizionali o persino negli asili per bambini.

L’espressione vocale è una caratteristica distintiva delle vostre registrazioni. Quali tecniche e scelte stilistiche adottate? 
Mi piace cantare senza timbro operistico, senza manierismi, in modo naturale. E se suona autentico, allora sono davvero felice.

Guardando al futuro: come immagina il destino della musica tradizionale nella Repubblica Ceca? Che ruolo possono avere ensemble come il vostro nel preservare e reinventare il patrimonio etnomusicale? 
Quando avevo dieci anni, quasi tutti in Cechia suonavano folk o country americano; conoscevo centinaia di canzoni e pensavo che sarei diventato un cantautore con la chitarra. Mai avrei immaginato di suonare canti tradizionali di duecento anni fa con la cornamusa o la viola. Ma la tradizione del folk ceco è quasi scomparsa dopo la Rivoluzione e, con essa, la maggior parte della popolazione ha smesso di cantare. Sono ancora il direttore di un piccolo gruppo di bambini nella scuola di musica di Chrást: arrivano conoscendo pochissime canzoni, al massimo quelle base dell’asilo. In questa situazione, la musica tradizionale non è solo necessaria, ma è un medicinale benvenuto. I cechi moderni vorrebbero cantare, ma non sanno cosa né perché. Hanno perso la tradizione del canto spirituale e il movimento scoutista legato al folk è finito. Il folklore tradizionale è gioioso e aperto a tutti. Certo, noi siamo un ensemble più intellettuale, ma la domanda di folklore crescerà. Spero che potremo portare gioia a molte persone ancora per anni.


Ciro De Rosa

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