Quinie – Forefowk, Mind Me (Upset the Rhythm, 2025)

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“Forefowk, Mind Me” non è un disco qualsiasi. Quinie (pronunciato all’incirca /kuaini:/), nome d’arte di Josie Valley, nata a Edimburgo, cresciuta a Glasgow e con una famiglia di origini irlandesi da parte di madre, ha raccolto le canzoni attraversando la regione scozzese dell'Argyll a cavallo di Maisie, la sua giumenta. Ha accompagnato la sua produzione discografica con un film di 15 minuti e un libro in edizione limitata realizzato con Dominique Rivard, stampato in Risograph, il cui testo esplora i temi emersi durante lo sviluppo del disco. Si tratta della sua terza produzione, dopo l’esordio eponimo del 2017 e “Buckie Prins” dell’anno successivo. Dichiara Quinie: “Viaggiare con la mia cavalla Maisie apre un modo completamente nuovo di attraversare il paesaggio. Presti attenzione a tutti i sensi, intrecci conversazioni diverse con le persone e ti connetti a modi più antichi di fare le cose. È molto lento e può essere piuttosto complicato, ma ti libera la mente in un modo unico. Volevo davvero condividere tutto questo con le persone come parte del disco. Viaggiare con i cavalli è un modo in cui colleziono canzoni — ma il mio approccio somiglia più al raccogliere bacche che al collezionare pietre preziose. Le trovo, le mangio, le lascio digerire per un po' e poi vedo cosa ne esce fuori. Non le lucido né le chiudo a chiave da qualche parte, immutate e con una piccola etichetta attaccata. In questo senso credo di essere insolita, perché sono molto giocosa con la tradizione — ma in modo molto serio, ci penso continuamente”. Il titolo “Forefowk” è la parola scozzese per “antenati” o “progenitori”; l’espressione polisemica “Mind me” può significare “ricordami” o “prenditi cura di me”, esprimendo l’idea che “la tradizione deve essere costantemente riconnessa, ampliata, accudita e condivisa”, afferma Quinie. Sotto questo profilo, la musicista si ricollega alle tesi formulate dall’antropologo sociale britannico Tim Ingold, secondo cui non bisogna immaginare le diverse generazioni come strati sovrapposti, ma come fibre di una corda tra loro intrecciate (da un’intervista a Quinie, Songlines #209, 2025). Il canto in lingua scozzese e il repertorio si ispirano allo stile dei Travellers scozzesi. “Ho iniziato a cantare brani in scozzese a cappella nel 2015, dopo aver ascoltato alla radio la cantante Traveller Sheila Stewart (1937-2014, ndr). Inizialmente pensavo di non dover cantare queste canzoni perché non sono una Traveller, e vedevo persone intorno a me farlo in un modo che mi metteva a disagio. D’altra parte, questa musica aveva senso per me e mi sentivo spinta ad apprenderla.
Negli anni ho incontrato amici Travellers che mi hanno insegnato che anche le persone stanziali, condividendo queste canzoni, possono contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica. I Travellers scozzesi sono emarginati e discriminati nella Scozia moderna, nonostante siano i custodi di molte delle nostre tradizioni più importanti. Così ho iniziato a eseguire le canzoni e a raccontare questa storia. Da lì ho costruito il mio repertorio e ho iniziato a scrivere canzoni mie”, scrive Quinie presentando l’ispirazione per questo lavoro. L’album è stato registrato nell’agosto 2024 presso The Big Shed, nel Perthshire, con il sostegno di Creative Scotland. Quinie è accompagnata da Harry Górski-Brown (small pipes e violino), Ailbhe Nic Oireachtaigh (viola), Oliver Pitt (duduk, bouzouki e percussioni) e Stevie Jones (contrabbasso, registrazione e mixaggio). Ad aprire è “Col My Love”  in cui canto, bordone e melodia delle Scottish small pipes si riflettono creando un effetto fortemente magnetico. È un arrangiamento del pibroch “Colla Mo Rún”. Qui Quinie utilizza la tecnica del canntaireachd, l’antica procedura per insegnare e memorizzare le melodie della cornamusa fondata sull'emissione, da parte del cantante, di sillabe specifiche analoghe alle note dello strumento. Si è subito rapiti dalla grana vocale della vocalist in “Bonnie Udny”, cantata a cappella e proveniente dal repertorio della cantatrice Traveller Lizzie Higgins (1929-1993). Dalla stessa fonte arriva “Macaphee Turn the Cattle” che parte con il ritmo portato dal battito di piedi e mani e da percussioni improvvisate (una grattugia per il formaggio), al quale si uniscono la voce e un festoso violino. Questa tune, nota come “Mrs MacLeod of Raasay”, sembra essere stata utilizzata come una sorta di divertissement sullo stile della mouth music. Così la racconta la stessa Quinie: “È diventata quasi una sorta di mouth music, ma c'è comunque una storia dentro: parla di un caotico spostamento di bestiame e dello smarrimento delle mucche nei campi sbagliati. Parla anche dello ‘shieling’, una tradizione della cultura scozzese secondo la quale i piccoli proprietari terrieri o i contadini portavano i propri animali nei pascoli più alti durante i mesi estivi per approfittare della ricchezza dell'erba e passare dei bei momenti sulle colline con le proprie comunità”. “Sae Slight a Thing” è una poesia di Marion Emily Angus (1865–1946) sposata a una melodia, una slow air per cornamusa irlandese “Port na bpúcaí” proveniente dalle isole Blasket, arcipelago al largo della penisola di Dingle. Ci sono diversi racconti sull’origine de “Il lamento del Pooka” (questa la traduzione del titolo) riconducibile al suono del vento o al canto delle megattere ascoltato dai pescatori. Il canto di Quinie trova sponda nel timbro morbido e vellutato delle pipes e nella calda voce del duduk. Segue “Auld Horse”, un’improvvisazione che inizia con lo spoken word per poi inglobare field recordings d’ambiente e un
dialogo tra viola e contrabbasso. La voce nuda intona poi “Generations of Change”, ballad del cantautore folk scozzese Matt Armour (1935–2009), un'esplorazione dei cambiamenti sociali nelle comunità rurali e marinare del Fife attraverso il passaggio generazionale. Si muove sugli accordi di bouzouki e sul fraseggio iterato del violino “Health, Wealth A Yer Days”, un brindisi riconducibile al repertorio di Higgins, altro motivo in cui domina l'improvvisazione attorno a un frammento spoken e al ritmo percussivo dato dal battito delle mani. “The Seasons” è una gemma poetica per sola voce dal repertorio di Lizzie, mentre “Cam A Ye Fair” è una versione scozzese della ballata “Let No Man Steal Your Thyme”, con i bordoni delle pipes e i passaggi melodici protagonisti nell’accompagnare e suggellare il canto. La discendenza irlandese emerge ancora in “Sallow Buckthorn”, che riprende una melodia nello stile sean-nós (“An Cailín Fearúil Fionn”). I testi combinano poetiche e lingue assai lontane: una prima metà proviene da “Sea Buckthorn”, poesia della scozzese Helen Cruikshank, la seconda è la traduzione di una poesia di Theresa Gall Saintie in palawa kani, lingua aborigena ricostruita della Tasmania. Ancora, dal nord-ovest d’Irlanda, cantato a cappella, giunge il brano di commiato “Craigie Hill” (la versione di Dick Gaughan è sempre nei nostri cuori), riconducibile al genere “song of exile”; pur potendo suonare sentimentale e nostalgica, qui le ragioni sociali e politiche dell’emigrazione sono chiaramente espresse. “Folk sperimentale cantato in scozzese”: è così che Quinie tagga “Forefowk, Mind Me”, un viaggio lento che si snoda tra la lingua e lo stile dei Travellers. Qui la tradizione non viene semplicemente eseguita, ma assimilata e lasciata agire. Un disco capace di dimostrare come una tradizione, davvero vissuta piuttosto che solo omaggiata, possa rivelarsi una folgorante novità. upsettherhythm.bandcamp.com/album/forefowk-mind-me 


Ciro De Rosa

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