Nel 1921 Bartók suggeriva la possibilità che: “una generazione futura scopra e incorpori nella propria arte musicale proprietà della musica contadina che a noi sono completamente sfuggite”. Il recente “Topos”, di Sokratis Sinopoulos e Yann Keerim, ne è un ottimo esempio. Le canzoni di questo trio riprendono le registrazioni realizzate in Transilvania da Béla Bartók e che sono già state protagoniste di una serie di concerti del pianista Lucian Ban con il violinista Mat Maneri ed i fiati di John Surman. Lucian Ban è originario della Transilvania e da tempo frequenta Maneri: il loro duo ha saputo sviluppare uno specifico trilinguismo attingendo dai repertori blues, jazz e folk. Nel 2018, a Sannicolau Mare, in Romania, città natale di Béla Bartók, Lucian Ban e Matt Maneri, insieme a John Surman inaugurarono una forma-concerto in cui le musiche popolari raccolte da Bartók diventano il fulcro di improvvisazioni. Ora, insieme all’album digitale, la Sunnyside ha stampato anche un LP con quattro brani dal concerto che il trio tenne a Bucarest a giugno 2024: “The Athenaeum Concert”. I brani eseguiti in “Cantica Profana” e “The Athenaeum Concert” tornano al repertorio registrato dal trio nel loro primo album, “Transylvanian Folk Songs” (Sunnyside, 2020): ognuno è divenuto un gioiello con una storia tutta sua. Averli registrati dal vivo permette di confrontare le “letture” di cinque anni fa con reinterpretazioni più audaci: un universo sonoro in evoluzione mette in luce la generatività delle musiche raccolte da Bartók e la capacità del trio di coltivare la propria creatività.
“Cantica Profana” raccoglie le registrazioni di tre diversi concerti, registrati tra novembre 2022 e novembre 2023, con una chiarezza straordinaria in spazi con ottima acustica: il Centre Culturel Opderchmelz a Dudelange, in Lussemburgo, lo Stanser Musiktage a Stans, in Svizzera, e lo Strasbourg Jazzdor Festival in Francia.
La poetica del confronto emerge, in particolare, nei brani dedicati al violino e alla dote: in entrambi i casi l’album ne offre due estese versioni. I sei minuti di ”Violin Song” sono chiamati ad aprire la serie dei dodici brani; una seconda versione, inserita nell’ultima parte dell’album, abbraccia quasi otto minuti. Nel secondo caso il ritmo è subito incalzante, mentre nel primo l’incedere iniziale è più incerto nel minuto iniziale; poi i “richiami” di Surman sollecitano a reciproche risposte e incastri complementari.
La scaletta avrebbe potuto benissimo inserirle una di seguito all’altra, tanto si differenziano nell’esplorare alcune cellule ritmico-melodiche di base. E’ quel che succede, quasi, con “Dowry Song”: due versioni a poca distanza in scaletta; nel primo caso il ruolo percussivo dell’ancia permette al piano di Ban di evocare in modo magistrale il pianismo con cui negli anni Sessanta Jan Johansson sposò il jazz alle melodie popolare svedesi e russe. Nella versione successiva è lo stesso pianoforte a farsi avanti per primo, con uno di quegli indovinati ostinati che permette ai compagni, non solo in questo caso, di affrescare movimenti dalle tinte forti. E si tratta solo delle versioni “brevi” di questi brani che, in “The Athenaeum Concert” viaggiano intorno ai dieci minuti, con ”Violin Song” che si dimostra essere nel posto giusto in qualsiasi collocazione, anche come brano di chiusura, in questo caso accentuando il suo carattere lirico e la capacità dei diversi strumenti di farsi eco degli altri. lucianban.bandcamp.com/album/cantica-profana
Alessio Surian
Tags:
Suoni Jazz

