Registrate ad Atene nel febbraio 2024, queste dieci tracce sono state prodotte da Manfred Eicher e documentano l’intesa telepatica e di lunga data della lira di Sokratis Sinopoulos con il piano acustico di Yann Keerim dando vita ad una serie di dialoghi che intrecciano tradizioni folk europee e mediterranee, composizioni di Bèla Bartók e jazz cameristico. Ad aprire l’album sono “Vlachia”, composizione di Sokratis Sinopoulos, e “Valley”, scritta a quattro mani con Yann Keerim, in cui risaltano le molteplici sfumature e dinamiche di cui è capace la lira, mentre il piano si muove da un ruolo di accompagnamento votato all’essenzialità a voce guida capace di guidare l’orecchio nella scoperta dei differenti andamenti di un territorio acustico coerente e, allo stesso tempo, soggetto a continue variazioni. Cinque delle sei riletture delle “Danze popolari rumene” di Bartók compaiono una dopo l’altra come corpo centrale dell’album, lasciando a quello che in origine era il primo movimento, “Bot tánc / Jocul cu bâtă (Danza con il bastone)”, il compito di chiuderlo alternando in minore i modi dorico e eolico. È un bel punto di arrivo, legato al villaggio Mezőszabad (oggi Voiniceni), in Transilvania, dove il compositore ascoltò per la prima volta questa melodia suonata da due violinisti rom. Un notevole tragitto, a partire dal Mediterraneo greco. Ad aprire le danze sono state chiamate le due ascoltate da Bartók a Egres (oggi Igriș), nella regione del Banato fra i fiumi Mureș / Maros (in ungherese), a nord, Tibisco (a ovest) e Danubio, a sud. “Topogó / Pe loc (In un unico punto)” propone, prima al piano e poi con la lira, un’introduzione e un tema introspettivo e a tratti doloroso più esplicitamente legato agli strumenti a fiato in modalità minore dei repertori maqam bizantini.
Di seguito, Yann Keerim cesella una delle sue magie introducendo e mettendo in risalto l’apertura dorica di “Brâul (Danza della fascia)” prima di lasciar cantare e navigare pacatamente la lira sulle note di una danza in cui veniva utilizzata una fascia o una cintura.
Solitaria, la lira introduce e fa emergere le qualità melodico-armoniche di “Bucsumí tánc / Buciumeana (Danza di Bucsum)” (o Bucsony, oggi Bucium, contea di Alba in Romania ) che sposta il baricentro verso la modalità frigia e il territorio ungherese, pur senza raggiungere i confini attuali dove si arriva con la “Román polka / Poarga Românească”, antica danza rumena in modalità lidia simile alla polka legata a Belényes (l'odierna Beiuş, nella contea di Bihor), proprio sulla frontiera tra Ungheria e Romania: siamo a metà album e qui giunge uno specifico contributo delle corde della lira trattate in chiave più veloce e percussiva che alzano il ritmo, autorizzando piano e lira a sfoderare il loro lato più ballabile e, contemporaneamente, più improvvisativo ed avventuroso. A chiudere questo primo arco di cinque danze è il mix di danze veloci “Aprózó / Mărunțel”, qui intitolato “Fast dance”, ma i suoi quasi nove minuti comprendono in realtà sia il modo misolidio che quello dorico legati ai balli di due provenienze diverse: Belényes (oggi Beiuș) e Nyagra (oggi Neagra) nel comune di Palotailva (oggi Lunca Bradului) eseguiti senza soluzione di continuità, ma sapendo qui dilatare o restringere il tempo seguendo il pathos della melodia.
In chiusura, Yann Keerim si ricava uno spazio solista che invita a salire il suo personale “Mountain Path”, punteggiato di ruscelli, ma anche di ampie vedute, un gioiellino di appena due minuti che sa guardare lontano e passare la mano alla seconda composizione a quattro mani, “Forest Glade”: qui le dita di Yann Keerim rendono particolarmente duttile la tastiera e l’amalgama fra i due strumenti si fa completo, interpreti del medesimo struggimento e capaci di superarlo grazie al loro dialogo riflessivo, al loro cavalcare in modo sincrono il “tempo”.
Alessio Surian
