È nota l’internazionalità degli scacciapensieri, strumenti “semplici” diffusi nelle più differenti culture, costruiti artigianalmente su vasta scala semi-industriale o forgiati dall’operosa e competente mano di singoli costruttori in numerose fogge in giro per il mondo, in relazione alle materie prime disponibili, all’estetica e alle esigenze sonore. Strumenti che per caratteristiche e modalità esecutive in un cerro senso sfuggono a una rigorosa categorizzazione organologica, ma che, convenzionalmente, si definiscono come idiofoni a pizzico, formati da un telaio in cui è incastonata una lamella vibrante. Strumenti antichi dalla storia illustre eppure a lungo trascurati, perfino derisi dai primi studiosi, non da ultimo assunti a tratti culturali stereotipati di territori come la Sicilia. In realtà le cose stanno diversamente: se in Italia lo strumento è ancora pienamente funzionale nelle tradizioni musicali del Sud Italia ed insulari, non va taciuta la sua passata presenza anche nell’arco alpino. Autorevole studioso della storia dello strumento è l’etnomusicologo, ricercatore e strumentista torinese Alessandro Zolt, che ha pubblicato, tra le tante opere, “La ribeba in Valsesia, nella storia europea dello scacciapensieri" (LIM, 2019) insieme a ad Alberto Lovatto. In Spassapensiere Ensemble, Zolt (scacciapensieri, scacciapensieri basso, low whistle e voce) ha radunato un combo di appassionati strumentisti per un progetto al contempo di ricerca e rielaborazione creativa al fine di ridare vita a tecniche e repertori per ribeba, uno dei nomi dello scacciapensieri nel Nord Italia, ma anche di riportare al centro dell’attenzione strumenti percussivi considerati “minori”. Oltre a Zolt il collettivo comprende Luca Boggio, che anche costruttore dello strumento (scacciapensieri basso, mandolino, mestolo in metallo con battente e voce), Lorenzo D’Erasmo (scacciapensieri, tamburo a cornice muto, crotali piatti in legno e campanine in vetro), Lionello Morandi
(bębenek, crotali piatti in legno e osso), Valerio Papa (tamburello e cucchiai in metallo) e Federico Rossignoli (scacciapensieri basso, armonica a bocca e baglamàs). “Nelle bocche di gentaglia”, titolo ripreso da una citazione da Vincenzo Giustiniani che nel Seicento vedeva lo scacciapensieri suonato maggiormente tra gruppi sociali marginali è un viaggio costruito sia in senso geografico (Nord Italia, Francia, Svizzera e Austria) sia in senso cronologico (dalle fonti scritte del Rinascimento alle indagini etnomusicologiche della seconda metà del Novecento). Ne parliamo con Alessandro Zolt.
Scacciapensieri, strumento globale: oggi in quali aree possiamo trovarlo in uso?
Cercare di definire, nel 2025, dove si usa lo scacciapensieri in generale sarebbe come cercare di dire dove si usano i chiodi o il nastro adesivo. Mi permetto questa battuta perché per lo scacciapensieri è a volte molto difficile separare il suo aspetto di oggetto da consumo da quello di strumento squisitamente musicale. E poi, cosa forse un po’ scontata, l'era di Internet ne ha aiutato ulteriormente la diffusione. Posso però provare a effettuare una disamina a volo d'uccello: l'archeologia ha ritrovato gli esemplari più antichi di questo strumento in Siberia Orientale, in Cina, in Mongolia, in Asia Centrale. D’altronde è in queste zone che lo strumento si ritrova spesso legato a pratiche sciamaniche. Lo troviamo poi nel Sud Est Asiatico e fino in Oceania, in una forma leggermente diversa da quella abituale in ferro che tutti abbiamo in mente: sono strumenti fatti in bambù o legno di palma. Risalendo verso Ovest una grande area di diffusione comprende tutta l'area tra l'India e l'Iran. Saltando il Medio Oriente e la zona caucasica, dove al momento non sono state trovate tracce storiche dello strumento, arriviamo in Europa dove lo scacciapensieri è attestato a partire dal Medioevo e si è diffuso in tutto quanto il continente, ma le
tradizioni ancora oggi vive anche attraverso il revival sono, per citarne solo alcune, la Norvegia, la Galizia, l'Estonia, l'Ucraina e beninteso la penisola italiana (Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria). In Africa e in America lo strumento sembra essere giunto successivamente con i commerci e, purtroppo, la colonizzazione, ma generando comunque delle varianti locali e l'integrazione presso le musiche indigene come ad esempio tra gli Hausa in Camerun e Nigeria o tra i popoli Mapuche in Cile.
Proviamo a fissare una geografia dello scacciapensieri nell’arco alpino?
Ma certamente! Si possono fare tre mappe se vogliamo. La prima dal punto di vista della costruzione dello strumento: abbiamo due centri nevralgici di produzione dello strumento ai due lati quasi opposti delle Alpi: uno in Valsesia, in Piemonte, e uno nel paese di Molln, in Austria. In entrambi i luoghi per secoli (dal XVI secolo in Valsesia, dal XVII secolo a Molln) lo scacciapensieri è stato (ed è tuttora a Molln...) prodotto in quantità industriali ed esportato in tutto il mondo, prima ancora che la globalizzazione nascesse come concetto! La seconda mappa può essere quella delle testimonianze orali e, soprattutto, delle registrazioni etnomusicologiche: il primo punto coincide grossomodo con uno dei due della prima mappa, l'Austria, il secondo si trova in Svizzera e il terzo, sempre sul versante occidentale ma un po' spostato rispetto alla Valsesia, si trova sulle valli di lingua e cultura occitana del Piemonte. La terza mappa è quella più complessa, ed è quella delle testimonianze da fonti scritte (archivistiche e letterarie): questa mappa ricopre grossomodo tutto l'arco alpino e tutto il Nord Italia e rivela come lo scacciapensieri fosse un oggetto di consumo del popolo e per lungo tempo non ha conosciuto “etnicismi” o “identitarismi” che lo facessero ritenere esclusivo di una certa zona o cultura.
Approfondiamo la manifattura dello strumento: chi erano i costruttori? E oggi nel Nord ci sono ancora costruttori in filiazione diretta da quel passato? O si deve parlare di revival dello strumento?
Un tempo, in contesti praticamente industriali come la Valsesia o Molln, erano famiglie intere di fabbri che si trasmettevano il mestiere di padre in figlio e si avvicendavano in fumose officine in turni
massacranti per dedicarsi a quello che era a tutti gli effetti un business lucrativo. Oggi, e questo lo dico riguardo alla maggioranza dei produttori attuali di scacciapensieri nel mondo, abbiamo a che fare con artigiani specializzati di altissimo livello, con una clientela certo più ristretta ma appassionata, e si può quindi parlare di strumenti praticamente fatti su misura. In Nord Italia al momento in cui scrivo so di un solo un costruttore a tempo pieno attivo, Luca Boggio (che tra l'altro abbiamo la fortuna di avere nel nostro Ensemble!). Ma sono venute a mia conoscenza, sia per il passato sia per il presente, anche alcune altre persone che hanno costruito lo scacciapensieri in modo occasionale, per fabbricare i propri strumenti o al massimo per pochi amici. Speriamo in generale che in futuro possano venire fuori nuovi altri rinomati costruttori! Per tornare invece a parlare di Luca, generazioni sono passate ormai dall'ultimo costruttore della tradizione valsesiana (morto nel 1911), quindi dobbiamo parlare di un revival, si tratta però di un revival molto consapevole, frutto dello studio di documenti e testimonianze lasciate dai passati costruttori e dall'analisi attenta e certosina dei non pochi strumenti antichi ancora oggi presenti in collezioni pubbliche e private.
Come si è sviluppata la tua ricerca sul piano storico e organologico?
La mia ricerca nasce nel 2014, all'epoca ero studente in antropologia culturale all'Università degli Studi di Torino e sotto la guida dell'etno-organologo Febo Guizzi accettai il suo suggerimento di approfondire, aiutato dal fatto che per parte di madre sono originario da Alagna Valsesia, la storia della cosiddetta ribeba partendo dal precedente (e unico) studio sull'argomento di Alberto Lovatto, pubblicato nel 1983. La mole di dati scoperta, soprattutto dal punto di vista della cultura materiale (strumenti e custodie) e archivistico e
letterario portò alla necessità, una volta finita la tesi, di unire le forze con il Prof. Lovatto e pubblicare un libro che potesse stabilire un “punto fermo” sull’argomento: “La ribeba in Valsesia nella storia europea dello scacciapensieri”. Dal punto di vista del mio rapporto musicale con lo strumento, chi mi ha spinto a suonarlo, oltre a studiarlo, e mi ha insegnato i primissimi rudimenti è stata proprio una delle fonti della mia ricerca: Piero Tapella, per decenni suonatore di cucchiai e scacciapensieri del gruppo folkloristico Im Land di Alagna Valsesia. Per migliorare in questi anni (non dico perfezionare perchè c'è davvero sempre da imparare con uno strumento del genere) sono stati fondamentali l'ascolto di registrazioni storiche e, più in generale, di interpretazioni di ottimi suonatori e poi il confronto dal vivo con essi.
Che relazioni con altre parti di Italia si possono riscontrare dai documenti?
Allora vorrei cominciare a dire che se c'è uno strumento che può accomunare tutta quanta l'Italia questo è proprio lo scacciapensieri! Pensate che ogni zona della penisola e delle isole (in alcuni luoghi quasi ogni villaggio...) ha un suo termine locale per definirlo, alcuni molto diversi tra loro. Certo sono termini che in molti casi hanno ormai cambiato significato (emblematico il piemontese ciampornia) o non si usano più e li si trova solo su certi dizionari e glossari dialettali ottocenteschi, ma è emblematico del fatto che questo strumento davvero era nelle tasche e nelle bocche di tutto il paese per lunghi secoli! Inoltre documenti studiati e pubblicati dal Prof. Lovatto e dal sottoscritto ci mostrano, nell'ambito della produzione e esportazione degli scacciapensieri in Valsesia, come casse con migliaia di questi strumentini partissero da una remota valle alpina e raggiungessero ogni angolo del paese. Una lettera del 1779 di un grossista
valsesiano riguarda la spedizione a Genova (e da lì verso altri porti italiani ed esteri) di ben 28.800 strumenti! E questo si riflette poi nella cultura materiale: il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni e Popolari di Roma custodisce raccolte di arte popolare formatesi ai primissimi anni del Novecento con oggetti da tutta Italia e tra i non pochi scacciapensieri presenti quelli di fattura valsesiana, molto riconoscibili, furono raccolti, oltre che in Valsesia stessa, in Toscana, in Puglia e... in Sicilia stessa!
Come nasce Spassapensiere Ensemble?
Come spesso si sente dire... quasi per caso! Il nucleo principale dell'Ensemble si era formato, ancora senza un nome definito, per suonare assieme al grande musicista e ricercatore Fabio Tricomi in occasione del festival BallaBò a Bologna nel 2023 ma già da tempo si era creato un piccolo giro di “scacciapensieristi” (Lorenzo D'Erasmo, Federico Rossignoli, Luca Boggio e il sottoscritto) in cui ci si confrontava sugli strumenti usati e si condividevano repertori tradizionali da (ri)scoprire. Con il concerto di Bologna si sono definitivamente unite le percussioni (Lionello Morandi e Valerio Papa) che hanno aggiunto l'elemento finale della nostra piccola magia musicale! Ma il nostro Ensemble vuole essere fluido e aperto e siamo sicuri che altre persone che da tempo “gravitano” al mondo dello scacciapensieri parteciperanno o collaboreranno al progetto.
“Nelle bocche di gentaglia” è un titolo emblematico, che rivela aspetti della storia sociale di questo strumento…
Effettivamente sì! Al di là della volutissima autoironia nei nostri confronti, questa frase (presa dalla descrizione dello scacciapensieri che ne fa Vincenzo Giustiniani in un suo scritto della prima metà del Seicento) riassume bene la connotazione dispregiativa che lo scacciapensieri ha subìto e ancora oggi
subisce, per cui si è sempre un po' faticato a definirlo uno strumento musicale vero e proprio, cosa che invece è! A questo uniamo il fatto che storicamente lo scacciapensieri è sempre stato uno strumento umile, economico e portatile e spesso e volentieri finiva nelle tasche (e sulle bocche...) di persone marginali. Il diffuso stereotipo che associa il suono del marranzanu siciliano alla mafia si tratta certamente di un recente risultato di certi prodotti dei mass media (per fare un esempio, i film di Franco e Ciccio) ma se vogliamo è una ulteriore declinazione di questa visione marginalizzante di lunga data.
Sentiamo i suoni: come avete tradotto la ricerca organologica e musicologica nell’elaborazione musicale e nella scaletta dell’album?
Allora parliamoci chiaro, se avessimo dovuto fare un album sullo scacciapensieri in Nord Italia con solamente brani che sappiamo suonati sullo scacciapensieri dalle fonti disponibili, l'album si sarebbe limitato a pochissime tracce. Preparando questo album abbiamo invece cercato di “decifrare” il modo in cui lo scacciapensieri è usato in tutta Europa per poter ricostruire e riproporre un repertorio “plausibile”, adattando allo strumento canti e soprattutto danze (su questo torneremo) compatibili con il range degli armonici che lo scacciapensieri emette. Anche per gli strumenti stessi usati c'è stato un minimo di ricerca: alcuni di quelli effettivamente utilizzati nell'album sono copie filologiche, nell'aspetto e nel suono, di strumenti valsesiani antichi, forgiati dal nostro Luca. Ma anche per gli strumenti più “moderni” abbiamo scelto quelli con il suono più compatibile con lo stile melodico tipico delle ribebe.
E l’elaborazione degli arrangiamenti?
Lo strumento principale nell’album è lo scacciapensieri, è quindi lui che sentirete eseguire tutte le melodie principali, salvo due brani in cui è accompagnato in questo anche da altri strumenti (flauto e mandolino). Quindi il focus principale del nostro arrangiamento è già questo: mettere avanti lo scacciapensieri come strumento musicale melodico (come d'altronde è sempre stato nella tradizione). Abbiamo poi voluto aggiungere il nostro tocco di modernità affiancando accompagnamenti di scacciapensieri bassi accordati
all'ottava rispetto alla melodia principale, stile che non è comunque totalmente inventato da noi (in un paio di belle registrazioni di old time music americane degli anni '60 si sente usare questo stile). Ed infine abbiamo voluto introdurre delle percussioni: per quanto riguarda le “piccole” percussioni anche se non ci sono registrazioni storiche che le vedono accanto allo scacciapensieri possiamo dire che per il loro volume (e la portatilità stesso di questi strumenti) si sposano perfettamente con il suono dello strumento. Per quanto riguarda invece i tamburi a cornice, la loro presenza ha per forza portato in fase di mixaggio a potenziare il suono degli scacciapensieri, creando così l'unica “finzione” di questo lavoro, in quanto normalmente in acustico lo scacciapensieri verrebbe sicuramente sovrastato dal suono dei tamburi...
Nell’accompagnamento ritmico avete dato spazio ad altri strumenti spesso definiti “minori”. Ce ne parli?
Trovo che nacchere, crotali e cucchiai abbiano molto in comune con lo scacciapensieri: sono spesso visti come dei semplici “rumorofoni” con un suono molto caratteristico più adatto ad un effetto speciale che alla musica. Sono poi collegati stereotipicamente solo a certe tradizioni musicali mentre se ne ignora l'antica storia e la vasta diffusione; anche in questo caso ci sorprenderebbe l'estrema complessità legata a strumenti così apparentemente semplici! E come per lo scacciapensieri, vi sono dietro comunità di appassionati (sia suonatori sia costruttori) molto coese e interconnesse anche a livello internazionale.
Altro focus sono i tamburi a cornice, che vantano una storia musicale dalle cime alle acque
Verissimo, ma basti già sapere che il tamburo a cornice ha addirittura anche lui, come molti altri strumenti popolari (cornamusa, ghironda, scacciapensieri e addirittura corno alpino) una poco conosciuta storia in seno alla musica colta e barocca. Come già hai accennato tu, una delle tradizioni ancora vivissime di questo tipo di strumento sul territorio italiano è quella del Tambour di Cogne, nella alpinissima Valle d'Aosta! Sul versante opposto alla Valle d'Aosta c'è poi la presenza del simbolo nelle tradizioni istriane e più anticamente anche nella più vasta area di influenza veneziana. Poter mettere avanti questo lato più sconosciuto del tamburo a cornice era un'altra tematica a noi cara.
Il repertorio da danza la fa da padrone nella tracklist. Che danze avete privilegiato? E perché?
Di base la prevalenza del repertorio di danza è dovuta all'uso prevalente (ma non esclusivo) che lo scacciapensieri ha sempre avuto nelle tradizioni europee. Il nome stesso scacciapensieri rimanda certo alla dimensione più solitaria e meditativa dello strumento ma la maggioranza delle testimonianze scritte e orali ci mostrano invece uno strumento usato per ballare e stare in compagnia! Riguardo alle danze che abbiamo scelto specificatamente per questo album, abbiamo voluto dare anche un bell'affresco “coreutico” di danze del Nord Italia, con danze antiche locali come quelle delle valli occitane in Piemonte o la Monferrina di Cogne, passando poi ad uno strato più moderno con il primo liscio (scottish, valzer, mazurka). Abbiamo anche voluto dare il giusto spessore culturale e storico ad arie che normalmente vengono intese come triti “jingle” folkloristici, come ad esempio la Monferrina piemontese per eccellenza
“O Bundì”. Il disco poi si chiude con le danze più propriamente antiche, tratte dal repertorio rinascimentale, per rappresentare un periodo d'oro per lo scacciapensieri in tutta Europa stando alle fonti letterarie, iconografiche e archeologiche.
Non restate solo in Italia, ma scavallate Oltralpe: Francia e Svizzera…
Lo scacciapensieri è per natura uno strumento semi-nomade, transfrontaliero. Abbiamo quindi voluto rappresentare anche delle aree che culturalmente sono attigue al Nord Italia e con cui da sempre ci sono intensissimi scambi culturali, umani e ovviamente musicali. Le ribebe prodotte in Valsesia attraverso i valichi alpini finivano a migliaia nei paesi confinanti chiusi in casse, che poi dai grossisti finivano a negozianti o ambulanti che le portavano fin nel più remoto villaggio, pronte ad essere suonate per arie o danze locali!
Parliamo di un altro tuo progetto in cui sei convolto, che è Arbeboost: di che si tratta?
Parallelamente al lavoro dell'Ensemble Spassapensiere, che propone lo scacciapensieri con approccio moderno ma filologico, faccio parte assieme a due musicisti d'eccezione, Massimo Losito e Flavio Giacchero, in un altro progetto musicale che vede lo scacciapensieri come protagonista ma in una chiave diametralmente opposta. Lo scacciapensieri diventa un pretesto per esplorare nuovi linguaggi musicali e rivelare il lato più creativo e propriamente “magico” di questo strumento, sempre però partendo da un solco tracciato dalla conoscenza di tradizioni musicali e dalla ricerca etnomusicologica e folklorica. Siamo particolarmente fieri del risultato, in quanto questo mix di suoni, strumenti e linguaggi musicali ha creato qualcosa di unico che colpisce e ammalia in tutti i nostri live!
Nel panorama italiano festivaliero trad & world pensi sia facile o difficile collocare la proposta di Spassapensiere Ensemble?
Non penso sarà troppo difficile, almeno finché la “bellezza” della nostra missione verrà compresa! Molti festival sono aperti ad uno sguardo più serio e complesso su strumenti musicali dati spesso per scontati. Sono effettivamente presenti già vari festival o raduni a livello internazionale dedicati specificatamente allo scacciapensieri e sicuramente quelli sono degli ottimi punti di partenza, ma più riusciamo a portare il nostro progetto in posti e occasioni dove lo scacciapensieri ancora non è ben conosciuto più siamo contenti di proseguire la nostra opera di divulgazione!
Come si traduce questo progetto nella dimensione live?
La nostra dimensione più adatta sicuramente è quella della “lezione-concerto”, questo si può già capire dal corposo libretto scaricabile attraverso i QR Code collocati nella custodia (per chi lo volesse già leggere lo trovate su archive.org in italiano, inglese e francese!). Noi vogliamo divulgare, raccontare, condividere, affascinare ma certamente, essendo composto il nostro repertorio quasi completamente da musiche da ballo, se a qualcuno “scappa” di ballare la countrodanso o un valzer mentre suoniamo noi siamo solo più che felici! Questo può solo aiutare a riportare lo scacciapensieri nella sua giusta dimensione storica di strumento musicale. E oltre al live in sé offriamo volentieri il nostro sapere in modo concreto attraverso workshop di avvicinamento e approfondimento allo strumento. E addirittura il nostro buon Luca può offrire workshop di creazione dello strumento direttamente... dall'incudine alla bocca!
Spassapensiere Ensemble – Nelle bocche di gentaglia (SimulArte, 2025)
L’impresa sonora dello Spassapensiere Ensemble si concretizza nel disco “Nelle bocche di gentaglia”, che si propone un molteplice intento: esporre gli esiti di ricerche e documentazioni storiche ed etnomusicologiche come pure di fare rinascere, valorizzare e creare musica maneggiando questi piccoli arnesi del suono. Il combo si volge ad arrangiamenti minimali e innesta, oltre agli scacciapensieri, strumenti a corda, producendo un accompagnamento ritmico che si avvale di scacciapensieri bassi e di percussioni, tra cui i tamburi a cornice, che nell’arco alpino vantano una storia trascurata ma significativa.
Troverete qui scacciapensieri riconducibili al modello di ribeba valsesiana o un ideal-tipo “europeo-continentale”. Tra gli altri strumenti figurano le campanine di origine bergamasca, che sono una sorta di xilofono con tastiera di vetro, le percussioni (tamburi a cornice muti e a sonagli), gli idiofoni (crotali piatti in legno e in osso, mestolo con battente e “tamburello dei poveri”, una coppia di tavolette unite da una corda). Presenti anche aerofoni (flauto a bocca zeppata) e cordofoni (liuti a manico lungo a pizzico). Per evitare astoriche e mistificanti semplificazioni e per non ridurre il lavoro a mera archeologia musicale, l’ensemble ha lavorato sulla dimensione sonora oltre lo stretto rapporto filologico, “imponendo” nella presa del suono e nel mixaggio un incremento del volume della melodia prodotta dagli scacciapensieri. Una scelta che, in un certo senso, “falsifica” le proprietà acustiche dello strumento, ma rivela un’estetica personale ed esalta la contemporaneità della realizzazione artistica. L’album, dall’indole danzante, prende avvio dalla musicalmente ricca Val Varaita occitana (“Lou Calissoun”, “Lou Rigoudin” e “Countrodanzo”). Non può mancare “La Monferrina”, danza che dai salotti ottocenteschi transitò al mondo popolare assumendo svariate fisionomie. In “Salla di tre coup” (Monferrina di Cogne) il gruppo utilizza il bębenek, come è chiamato in Polonia il tamburo con sonagli e tiranti esterni percosso con un battente di legno, diffuso nell’Europa dell’Est con vari nomi, suonato alla maniera del tambour di Cogne, tamburo a cornice tradizionale del Nord Italia, che alterna percussione della pelle, scuotimento dei sonagli e infine frizione della pelle con un dito inumidito. Ancora dalla Vallé, “Dansa pà dessu lo fen” è una aria da danza valdostana che con vestiti coreutici diversi è diffusa in altre parti di Italia, Svizzera romanda, Savoia, sud ovest francese e Pirenei spagnoli. Proseguendo lungo l’arco alpino e giungendo in area bresciana e bergamasca, il sestetto riprende esempi di “liscio” ottocentesco (mazurka, scottish, valzer), sconfinando poi in Svizzera (“Ordonnanzmarsch” e “La Rousse”), per raggiungere quindi la regione francese del Delfinato (con la danza rigodon). Si concede poi un salto nel repertorio rinascimentale di gusto popolare, con il “Branle II” del liutista bergamasco Giovanni Antonio Terzi e la “Pastorella” del tedesco Moritz von Hessen-Kassel (1572–1632), mecenate di grandi musicisti dell’epoca, per concludere con la “Girometta” del cremonese Tarquinio Merula.
Quello dello Spassapensiere Ensemble è un disco da non trascurare, in cui vanno a braccetto attenta e meticolosa ricerca, consapevolezza, entusiasmo e cuore. Un album d’ascolto e di ballo, originale nell’affrontare la ricognizione tra materiali di tradizione orale e musica antica, al tempo stesso avventuroso e convincente.
Ciro De Rosa











