Se oggi, tanto per fare un solo esempio fra i tanti, possiamo, sulle pagine di questo stesso numero di “Blogfoolk”, leggere di una giovane cantante brasiliana che nel 2025 dedica un disco tutto a Gino Paoli, è anche perché è esistita Ornella Vanoni. È specialmente lei, infatti, ad aver gettato un giorno quel ponte sull'oceano che ha unito la musica italiana con quella brasiliana. E sono questi i ponti sul mare che ci piacciono, i ponti culturali ed etnici.
Non è l’unico primato storico che segna Ornella, e si parla qui del suo ruolo divulgativo, ché nel campo di tutti i suoi sterminati meriti artistici nemmeno ci addentriamo ora in questa occasione. Dopo aver dato voce alle “canzoni della mala” offertegli su un piatto d’argento da un gruppo di geniali intellettuali (è il suo primo disco, ma è anche, nel 1958, il primo del grande catalogo di “musica leggera” della Ricordi, con la sigla 001), e dopo aver personalmente scoperto, proprio tramite Gino Paoli, la nuova canzone lirica dei nostri grandi cantautori, è Ornella, a parer mio, che li ha poi sdoganati presso il grande pubblico. Ricordo che quando un giorno le prospettai questa mia convinzione, lei cadde dalle nuvole: “Ma davvero?”. Non se n’era mai resa conto. Grazie a lei la storia della canzone italiana conosce un salto di qualità “storico”: la percezione dei cantautori non resta più occasionale o limitata a personaggi particolari come appunto Paoli, ma diventa un’operazione sistematica volta espressamente a valorizzare questo repertorio di pregio più elevato. Tutto ciò accade, tra il ‘68 e il ’71,
con il suo recital teatrale “Ai miei amici cantautori”, con i due album omonimi e con il disco-spettacolo “Ah... l’amore l’amore”. Tra l’altro, nella loro omogeneità d’autore, questi tre lp furono tra i primi concept album in Italia: cioè caratterizzati ciascuno da un’organica unitarietà, e non più semplicemente la raccolta dei 45 giri usciti nei mesi precedenti. Sulla copertina di uno di questi dischi Ornella scriveva di suo pugno, citando Tenco: “Non tutti riescono ad entrare nella pelle dei cantautori. Io sì”. Con la sua mediazione, la canzone d'autore intraprende fra il grande pubblico una circolazione più stabile e diffusa che si svilupperà gradualmente per tutti gli anni '70. Prima i cantautori erano un fenomeno elitario, erano visti come personaggi minoritari, bizzarri, un po’ snob; dopo essere stati presi in carico da lei, la gente comune li ha considerati, e i giornali hanno cominciato a dedicargli le aperture di pagina. Dopo Paoli e Tenco, la Vanoni canta Bindi, Endrigo, Lauzi, Jannacci, Dalla, Vecchioni, più tardi Conte, Fossati, De Gregori; anche qualche cantautrice: Teresa De Sio, Grazia Di Michele, Mariella Nava. E via via fino ai giorni nostri.
Ma torniamo all’aspetto specifico su cui ci soffermiamo qui. Sempre a partire dai primi anni ’60, un forte legame si stabilisce tra la canzone italiana e quella brasiliana. Lo ha detto persino il nostro Presidente della Repubblica, l’anno scorso, in un discorso ufficiale davanti a Lula: sorridendo, Mattarella in persona ha sottolineato il favore che la musica brasiliana ha incontrato in Italia, influenzando i nostri musicisti e
inaugurando una felice stagione di preziose collaborazioni. Anche in questo caso il ruolo divulgativo spetta alla Vanoni.
Ornella aveva avuto un primo precedente brasiliano nel ‘67 con “Tristezza, per favore va’ via” di Edu Lobo, dopo la quale aveva anche inciso (ma in portoghese) “Bim bom” di Joao Gilberto. Attraverso amici jazzisti aveva conosciuto in Brasile Joao e Astrud Gilberto già nel ‘61-62, quando la bossa nova era appena nata e per tutti era solo un nuovo ballabile. Si pensi che alla Bussola di Viareggio Joao Gilberto fu protestato da Sergio Bernardini perché si aspettava un’orchestra da ballo… “La gente – mi ha raccontato Ornella – non si muoveva, non riusciva a trovare il ritmo. Erano tutti lì pronti per ballare come ci fosse Bruno Martino, ma era un’altra cosa. Era jazz, era musica sofisticata. E Joao piangeva.”
Poi, nel 1970, la sua incisione de “L’appuntamento” di Roberto Carlos vince a Venezia la Gondola d’oro come 45 giri più venduto dell’annata, ma è ancora un caso sporadico. La canzone era stata proposta a Mina, che l’aveva rifiutata; subito dopo accadde che Ornella disse no a Grande grande grande, e quindi il bilancio è pareggiato. Ma la Vanoni si fa sfuggire anche un altro cavallo vincente di Roberto Carlos, “La mia solitudine”, che cavalcò Iva Zanicchi. A questo punto comincia comunque a diffondere il grande patrimonio della canzone brasiliana in maniera massiccia e sistematica.
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Storie di Cantautori

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