Musicanti del Piccolo Borgo – … sempre Musicanti. 50 anni Live (Radici Music Records, 2025)

Torniamo per il tempo di un album stupendo – live e motivante – allo scenario di una musica di ispirazione popolare ottimamente eseguita. E, allo stesso tempo, allo scenario di una musica popolare profonda, radicata in un’area meno battuta di altre, che ricomprende il Molise e il basso Lazio (anche se, inutile dirlo, documentata da alcune imprescindibili campagne etnomusicologiche). Lo facciamo con “… sempre Musicanti. 50 anni Live ”, il live di una delle formazioni più longeve della scena etnomusicale del nostro paese, quella dei Musicanti del borgo. Che, nata nel 1975, festeggia con questo album una carriera costruita su alcuni degli elementi che ci piacciono di più, quando si tratta di quegli scenari lì: la ricerca, l’analisi del contesto di riferimento delle musiche popolari, il lavoro sui testi e la loro contestualizzazione in una musica costruita con attenzione, la capacità di connotare senza retorica una produzione espressiva antica e antieroica con la minuzia orientata dalla passione, dall’affetto, dall’attenzione a tutti i riflessi che gradualmente genera. I Musicanti ci regalano, così, un album più che generoso che, a ben vedere, suona come un doppio omaggio: alle musiche che suonano e al percorso di verifica a cui, in cinquant’anni, le hanno sottoposte risuonandole. Attenzione, risuonandole non nel senso della reiterazione monotona di un repertorio che pian piano si assimila e sul quale si fonda una carriera (la prospettiva non sarebbe, detto fra parentesi, da scartare a priori, potendo comunque fornire spunti di riflessione che, però, qui non entrano). Quel risuonare vuole piuttosto intendere lo svolgimento di uno studio e, soprattutto, di una pratica. Due concetti che possono divenire – e di questo chi scrive è un ammiratore – quasi la stessa cosa. Perché la ricerca si genera da una serie di assunti teorici, ma detiene un grado di pratica irriducibile che la ispira e verso cui si tende inevitabilmente: e per cui, di fatto, si lavora, ci si muove, si va sul campo. Dall’altro lato, poi, praticare suonandoli i dati della ricerca spinge a una conoscenza che ha a che fare con un grado di comprensione più profondo. Non serve lasciar cadere, man mano che si va avanti con la pratica, gli assunti teorici che hanno ispirato e che si sono sviluppati con l’avanzare della ricerca. È sufficiente seguire e riconoscere un corso più generativo di questo stesso processo, abbracciando quegli assunti attraverso i propri strumenti, per comprenderne infrastruttura logica e valore estetico, struttura narrativa e significato culturale. Ascoltando le undici tracce selezionate per la scaletta dell’album e, allo stesso tempo, volgendo lo sguardo alla storia dell’ensemble, che pubblica il suo primo disco nel 1980 (quando cioè, cinque anni dopo la sua formazione, il gruppo aveva percorso già molta strada), si comprende appieno questa duplice e fondante prospettiva. I brani sono densi di partecipazione, gli arrangiamenti – in cui ogni strumento ha un peso proprio in ragione dello sguardo lungo del ricercatore e musicista – sono incastrati alla perfezione nello scorrere narrativo del testo e della storia musicale che lo incorpora, il canto è verificato in ogni minimo passaggio. E così la cornice doppia dell’album ci appare come una soluzione fortemente convincente, come una linea netta che cinge e definisce con decisione gli infiniti richiami alle tradizioni espressive di tradizione orale. Dentro questo equilibrio da paradigma, indiscutibile, risuonano con chiarezza le linee guida che Silvio Trotta, ricercatore e polistrumentista, fondatore e animatore dell’ensemble, definì in queste pagine una quindicina di anni fa: “La mia idea di riproposta è inscindibile da un rigoroso e appassionato lavoro di ricerca, è l’unico modo per farla bene, senza se e senza ma”. Ne siamo convinti anche noi e il percorso che confluisce in questo (caparbio e coerente sin nel titolo) “Ancora musicanti” ne è una felice riprova. Ci spinge a riconfermare l’amore per una musica centrata dentro il significato – e non evocata dentro il moto centrifugo di una riproposta che evoca, magari con passione, ma senza partecipazione. 


Daniele Cestellini

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