Kreiz Breizh Akademi #10 – Mémé K7 (Musiques Têtues, 2025)

I buoni maestri non seminano invano: il compianto Erik Marchand, scomparso in Romania lo scorso 30 ottobre, artigiano etnomusicologo di kan-ha-diskan e clarinetto, instancabile fomentatore di incontri multikulturali, agli inizi degli anni 2000 si è impegnato a fondo affinché nascesse in Bretagna una scuola di trasmissione chiamata Kreiz Breizh Akademi. È riuscito a crearla nel 2005 e l’ha diretta artisticamente per molti anni, formando più di cento musicisti con tanto di certificato professionale in qualità di “musicista di musica modale di tradizione colta e popolare”. La sua ombra è molto lunga e vivrà a lungo se è vero che anche in quest’ultima formazione giovanile 2025, ibrida e con strumenti tradizionali bretoni in netta minoranza (il biniou entra in scena la prima volta, solo sul finale della quarta traccia), la tradizione armoricana trasuda da ogni solco. Il suo posto è stato ora preso da Pierre Droual e siamo oramai giunti al decimo capitolo della storia, tra omaggi alle voci antiche e proiezioni futuriste. L’avvenire della musica folk anche in Bretagna è garantito e germina sia davanti alle urla dell’oceano che alle piccole e gorgoglianti bealere al confine dei campi, privo di frontiere tra ieri e domani. Sorgono nuovi inizi ad ogni generazione dove secoli passati sono sempre presenti, c’è da rimanere basiti nell’ascoltare come le sonorità di rock, jazz e musica contemporanea si sposino alla perfezione al repertorio modale delle cantanti che nel XX secolo contribuirono diffusamente al perpetuarsi delle locali festoù-noz. La materia d’origine del cd proviene infatti da Katrin Guern, Marie-Julienne Juguet (nata Le Floc’h), Marie Goavec, Philomène Cadoret, Eugène Grenel, Rosalie Le Paboul, Marie-Louise Le Pallec e Catherine Duro Glomel. Da tempo defunte, si trattava spesso di contadine e coltivatrici poverissime e prive di ambizioni artistiche, Jeannette Maquignon, ad esempio, era nata a Ruffiac e visse di agricoltura nel comune vicino di Saint-Martin-sur-Oust, senza mai allontanarsi oltre. Donne che cercavano nel canto, svago e liberazione momentanea dalle sfiancanti fatiche della terra, il loro kan-ha-diskan animava danze popolari sovente prive di strumenti musicali, balli campagnoli pieni di linfa vitale e composti da gavotte, bals, pachpi, tamm kreiz, plinns, cercles, dans fisel, mazurche. 

Posta un commento

Nuova Vecchia