Il 30 ottobre, all’età di 70 anni, Erik è morto in Romania nella “sua” Caransebes. È stato un gigante della musica della Bretagna, eppure è sempre andato di gran lunga al di fuori dei confini bretoni. Considerato sin da subito un artista carismatico dalla timbrica vocale unica, cristallina e potente: indimenticabili i suoi kan-ha-diskan (l'antico stile del canto e controcanto) che per decenni hanno fatto danzare migliaia di persone contemporaneamente, coi tempi scanditi dai loro piedi battenti. La tecnica canora tradizionale l’apprese direttamente da Manuel Kerjean – altro monumento assoluto del mondo bretone, classe 1913 –, e divenne rapidamente, dopo le sorelle Goadec e i fratelli Morvan, una delle voci più riconoscibili del canzoniere di Bretagna, insieme a Marcel Guilloux e Yann-Fanch Kemener. Dopo i seminali anni ‘70 il grande successo arrivò agli inizi degli ‘80 quando fonda il super gruppo dei Gwerz (è del 1985 l’omonimo bellissimo album) con altri mostri sacri della sua feconda terra celtica: Youenn Le Bihan, Jacky e Patrick Molard e il già compianto Soïg Sibéril. La parola gwerz indica in bretone proprio il tipo di canto utilizzato per raccontare storie popolari, mitologiche o
aneddotiche. Marchand ne diviene uno dei principali alfieri. Ma data l’inclinazione alla ricerca continua di storie da raccontare e alla sua naturale predisposizione alla contaminazione di suoni e linguaggi, Marchand, che è anche un virtuoso di clarinetto bretone (treujenn gaol) comincia a confrontarsi con i più disparati generi musicali. Sul versante etnico, segnaliamo la collaborazione con Thierry Robin (il loro album “An tri breur”, del 1991, è un capolavoro che fonde con semplicità Oriente e Occidente). Nel mondo jazzistico ha stretto una eccellente e duratura collaborazione con il chitarrista e compositore Jacques Pellen e Paolo Fresu (l’album “Codaghes” del 1998 cristallizza per sempre questo trio) e una impressionante e composita kermesse della tournée Celtic Procession, che sforna nel 1999 uno dei più intensi album dal vivo di questo genere. Ma è sulle strade dell’Est Europa che la voce e il clarinetto di Eric Marchand riecheggiano maggiormente da un certo punto in poi. La collaborazione con la Taraf de Caransebes (il primo album, del 1994, è “Sag an tan ell”) e l’immersione nella tradizione della Romania più folk danno vita a diversi straordinari album dove si fondono magistralmente cultura, stili e
linguaggi. Da quel momento Marchand diventa il più balcanico dei musicisti bretoni e instaura così un duraturo ponte interdisciplinare che diventa esempio per molti. Oltre alla vivace testimonianza della tradizione, Marchand ha il merito di essere un faro attivo anche per l’orientamento delle nuove generazioni di musicisti e cantanti bretoni – e, ovviamente, non solo -: nel 2003 fonda e dirige la Kreizh Breizh Akademi (della cui ultima produzione parla in questo stesso numero Flavio Poltronieri, ndr), scuola proiettata alla formazione di giovani che approcciano la musica tra acustica ed elettronica, tra tradizione e futuro, e che vanta già molte incisioni discografiche significative. Da adesso, nell’Avalon celeste di questo firmamento che s’ingrossa (purtroppo) sempre più, la voce di Marchand risuona ancora più forte, a scandire versi con Louise, Yann-Fanch e gli altri che lo hanno preceduto.
Kenavo, Erik!
Giorgio Calcara
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