Francesco Loccisano – Onde d’urto (Jonica Sound, 2025)

“Il disco è un viaggio sonoro che prende vita dalle corde della chitarra battente, strumento simbolo della cultura calabrese”, racconta Francesco Loccisano parlando di “Onde d’urto”, il suo sesto album. Con alle spalle studi di chitarra classica, Francesco Loccisano – Maestro di chitarra battente – ha sviluppato uno stile personale che ha trasformato lo strumento da semplice accompagnamento a voce solista, dotata di un repertorio autonomo capace di oltrepassare i confini dell’ambito territoriale calabrese. Loccisano vanta importanti collaborazioni nel panorama musicale e chitarristico internazionale ed è ideatore di un modello di chitarra battente moderna. Oggi rappresenta un punto di riferimento per le nuove generazioni di strumentisti ed è docente della prima cattedra italiana di chitarra battente presso il Conservatorio “Tchaikovsky” di Nocera Terinese (CZ). Nel titolo, “Onde d’urto” allude a uno “scossone culturale” e si inserisce nella ricerca artistica del musicista, che mira a portare la chitarra battente – strumento dalle nobili origini e dagli antichi fasti, divenuto in seguito prevalentemente folklorico – verso un riconoscimento internazionale, rinnovandone tecniche e aspetti organologici. Naturalmente, il viaggio non può che partire dalla Calabria, terra in cui lo strumento è fiorito accompagnando canti e danze tradizionali. Ma Loccisano, da musicista visionario conduce il cordofono verso inedite possibilità espressive. Con lui parliamo dei suoi nuovi modelli di chitarra battente, della scena neo-tradizionale calabrese e della sua docenza accademica, per poi entrare nel merito del suo nuovo lavoro.

Con quale tipo di chitarra battente suoni e come è stata trasformata nel tempo?
Utilizzo una chitarra battente mod. Loccisano OL-22 della Oliver Guitar Lab di Scilla (RC): è l’evoluzione di un processo ventennale. La mia prima chitarra la acquistai da Costantino De Bonis nel 2002. Qualche anno dopo iniziai il tour con Eugenio Bennato e avevo bisogno di uno strumento più robusto, sia per il suono che per la struttura. Iniziai la mia sperimentazione proprio su quella chitarra, affidandola al liutaio Mancuso di Milazzo, in Sicilia. Qualche anno dopo, Rosalba De Bonis mi propose una chitarra battente moderna. Aveva compreso che le modifiche da me proposte avevano fatto centro e che avevamo ottenuto uno strumento moderno e versatile. Da quell'incontro ne costruimmo il primo modello Loccisano. Passato qualche anno, mi trovavo all'Acoustic Guitar Meeting di Sarzana (SP) per dei concerti e incontrai Roberto Ceretti di Barge (CN). Si innamorò all'istante del suono battente e mi propose di realizzare un modello fedele ma con ulteriori accorgimenti strutturali che avrebbero potenziato il sustain (il mantenimento del suono nel tempo) e il volume. Roberto riuscì nell’intento e ne produsse due. Il suono di queste chitarre era meraviglioso, angelico. Nel 2013 mi contattò Sergio Pugliesi di Scilla e mi propose uno strumento d'autore. Nacque così la OL-14, la OL-19 e la OL-22 (OL sta per Oliver Loccisano e il numero rappresenta l'anno di produzione). Le modifiche migliorative sono tantissime e negli anni se ne sono aggiunte delle altre.  Il grande successo della chitarra battente modello Loccisano deriva proprio dal contributo importante di questi specifici liutai che hanno sviluppato il progetto negli anni: infatti, ad oggi la utilizzano in tanti. Per citarne alcuni: Marcello De Carolis, Marcello Vitale, Alessandro Santacaterina, Giuseppe Braccio e quasi tutti i miei allievi del Conservatorio Tchaikovsky, oltre tutti i musicisti sparsi tra Europa e America. 

Quale ruolo e in che proporzione sono la lettura, l’improvvisazione e la composizione nella tua didattica in conservatorio?  
I tre elementi sono importanti in egual misura e gli studenti seguono un percorso completo. Normalmente
mi adeguo alle necessità dell'allievo in base alle carenze. Ma elementi come l’improvvisazione e la composizione sono sempre stati i principali tasselli in tutti i generi musicali. La tradizione è una miniera incredibile di informazioni e di ispirazione, ed oggi più che mai è necessario attingere e comporre il nuovo repertorio del futuro e l’improvvisazione è l’unica strada. Infatti, durante le lezioni la mia chitarra è sempre sulle mie gambe; mi piace indicare, stimolare, suonare insieme a loro quando è possibile. 

Come compensi la naturale mancanza dei bassi e dei suoni lunghi della chitarra battente? 
Non ho mai percepito mancanza nella chitarra battente; è come se al violino mancasse un po’ di contrabbasso. Uguale cosa per i suoni lunghi: penso che, se un domani dovessi averne bisogno, prenderò in considerazione la lira calabrese ... A parte gli scherzi, la battente è pura magia perché ha un suono importante, colorato e creativo e spesso mi viene spontaneo togliere anziché aggiungere. In realtà questa nostra chitarra è dotata naturalmente di frequenze gravi, (per via della cassa profonda), sustain (per via del bicordo), chorus e flanger (giocando sull’accordatura del bicordo si ottengono facilmente). Ma viviamo in un'epoca un po’ sorda e la vera magia viene fuori quando si dà la giusta attenzione all'ascolto e per questo serve pazienza, occhi chiusi e cuore aperto. È uno strumento meditativo, pari al sitar.  “Ma l’impresa eccezionale, dammi retta è essere normale”, ci ricorda Lucio Dalla.  

Perché il titolo “Onde d’urto”? 
Questo brano è una dedica agli ultimi cinque anni della mia vita, che sono stati un vero e proprio "terremoto" di novità. Tra gli eventi più importanti: una tendinite alle braccia e la conseguente astinenza da battente. Questo problema mi ha spinto a sperimentare le onde d’urto del mio fisiatra, Giuseppe Curinga. Si tratta di una cura sonora e dolorosa che penetra i tendini infiammati, stimolandoli alla reazione e alla guarigione. Successivamente, si è aggiunto l'impegno per la prima cattedra in Italia di chitarra battente presso il Conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese (CZ). Questo incarico di docenza va oltre lo strumento stesso. Chi sceglie di studiare chitarra battente è consapevole di avere una forte
responsabilità: questo nuovo percorso indica al mondo che esistono altri stili di vita. Si abbraccia la tradizione come una miniera d’oro e ci si affaccia al Mediterraneo con la curiosità di un bambino. Vivo questo ruolo con molta intensità ed energia, ed anche un pizzico di paura.  

Nella fisionomia di questo album la chitarra battente è in dialogo con l’elettronica? Come si incontrano e come procedono insieme? 
Si tratta di una sperimentazione molto spontanea. Ho pensato questo brano, “Onde d’urto”, già con la consapevolezza che vi avrei aggiunto una buona dose di elettroacustica. Teo De Bonis e Marcello De Carolis si sono cimentati in una manipolazione di gran parte dei suoni provenienti dal mondo contadino, dalla terra, e lo sposalizio è riuscito immediatamente. Poi, il missaggio, il mettere insieme gli ingredienti, non è stato facile. È stato fondamentale Marcello in questo; non poteva essere nessun altro, in quanto amante e artista della chitarra battente, e poi ha una grande competenza anche come fonico e produttore.  

Quali sono attualmente i tuoi rapporti con la musica tradizionale calabrese?  
Il mio rapporto con la tradizione calabrese è viscerale. La rota, il ballo, la zampogna, tutto questo mi ipnotizza. In Calabria c'è una ricchezza culturale molto profonda e oggi possiamo finalmente rivivere la tradizione come un tempo. Nelle nostre feste patronali, i ragazzi si radunano in piazza con grande spontaneità per suonare e far ballare. Questo mi emoziona e mi inorgoglisce perché mi sento parte di questo processo, di questa rinascita. Ti accorgi che la tradizione è ancor più viva in assenza di
palcoscenico, dove non c'è la necessità di apparire, ma solo il piacere del suono per il puro divertimento e, soprattutto, per far ballare. Una realtà importante in questo contesto è la FMC (Fabbriche Musicali Calabresi) del mio caro amico e compaesano Giuseppe Lucà, suonatore e costruttore di organetto. Oggi Giuseppe non solo ha ridato centralità a questo strumento, costruendone modelli nelle tonalità più agevoli per i musicisti, ma la sua FMC è diventata un punto di ritrovo per tanti suonatori calabresi. A Sant’Andrea dello Ionio (Cz) questa estate ho assistito al raduno della Zampogna, nel centro del paese. In piazza un vespaio di suono con suonatori da tutta la Calabria e il nostro Peppe Ranieri con la sua magistrale zampogna alla Romana. Che meraviglia!

Dalla tua angolazione come vedi la scena artistica calabrese associata alla nuova musica acustica, neo tradizionale?
Con il caro Mimmo Cavallaro abbiamo prodotto il suo album d'esordio, “Sona Battenti”, più di vent'anni fa, ed è da allora che le piazze si sono fatte sempre più gremite. Un popolo che balla e canta è un popolo felice. Da quel momento sono nati moltissimi gruppi di musica popolare. Danilo Gatto (Direttore del Dipartimento di Musiche Tradizionali del nostro Conservatorio Tchaikovsky), nel suo libro Basta Tarantelle, ne ha censiti almeno cinquanta nello spazio di pochi anni. Questi giovani che si improvvisano musicisti sono spinti da un grande entusiasmo che li porta ad affermare la loro appartenenza. Alcuni sono bravi, altri un po' meno, ma li preferisco a tante altre tristi alternative folcloristiche. Oggi, molti di loro studiano da noi in Conservatorio. Però, ci sono anche realtà come l'album Nzoccomè di Mico Corapi,
Gabriele Trimboli e Massimo Diano, pubblicato in questo 2025. Quest'album riporta il rito tradizionale della Locride in tutte le sue forme e in purezza, ma con il brio della modernità. Ho avuto il piacere di curare il missaggio e di suonarci, e trovo che richiami l'attuale necessità di “ritornare” ai sentimenti più veri. Tornando a Gabriele Trimboli: sulla Lira Calabrese ha scovato l’impossibile ed è attualmente il miglior interprete che io conosca. Mico Corapi, chitarrista, suonatore, cantore, danzatore e fraterno amico, è attualmente impegnato nella rivalutazione del suono Jonico. E per finire, Massimo Diano, che è la luce della Locride: dove c’è lui c’è festa. Non dimentico gli amici e maestri di Cataforio: Marco Bruno, Piero Crucitti e tutti gli “Skunchiuruti”. Un’altra importante pietra miliare è il loro lavoro discografico, che anche in questa occasione ho avuto il piacere di missare. Questo movimento culturale contemporaneo è avvenuto soprattutto grazie al contributo dei Re Niliu – formati in origine da Sergio Di Giorgio, Danilo Gatto, Ettore Castagna, Francesco Forgione, Gino Parise, Goffredo Plastino ed Emilio Rinaldo – che già negli anni Ottanta, da Catanzaro, hanno portato la tradizione pura e cruda sui palchi nazionali e oltreoceano. Sono stati dei precursori fondamentali, proprio negli anni in cui non c'era alcuna moda nel filone etnico, grazie anche alle loro produzioni discografiche. E sempre parlando di Castagna, che ha suonato con me in passato, vorrei ricordare anche il progetto Ferrovie Calabro-Lucane.

C’è un punto di incontro con i tradizionalisti dello strumento? O sono strade divergenti? 
In Conservatorio, abbiamo organizzato un incontro con importanti esponenti del mondo della chitarra battente tradizionale, come Vincenzo La Vena e Salvatore Megna. I nostri ragazzi hanno avuto l’occasione di farsi raccontare storie e aneddoti sui ruoli che ricopriva questo strumento dal ‘800 a oggi. L’ultimo giorno, i nostri allievi hanno suonato per questi maestri, suscitando un grande interesse. Le due realtà sono risultate interessanti in egual modo. Per essere più esaustivi, ho dei grandi amici come Marco Bruno di Cataforio, che sul suono antico è un grande maestro ed abbiamo in programma un lavoro discografico con all’interno le migliori “suonate” per battente e voce.  

C’è un brano nella tracklist che simboleggia il nuovo corso della chitarra battente? 
L’intero disco è già un’occasione di studio. I miei alunni, oltre a comporre, leggere, analizzare e reinterpretare, scelgono un brano del mio repertorio e lo studiano su partitura. In realtà, alcuni brani del mio nuovo album sono già trascritti su pentagramma, e un allievo particolarmente bravo come Giuseppe Braccio ha portato all’esame di biennio il brano più difficile: “Onde d’urto”. Come simbolo, direi che quest'ultimo è il più rappresentativo. 

Come è stata la recente esperienza a Osaka? Come è stato accolto il tuo repertorio? 
La forza dell’Expo risiede nel riuscire a far confluire persone da tutto il mondo in un unico luogo. Inoltre, conosciamo bene la gentilezza e la curiosità del popolo giapponese. Con il maestro Andrea Piccioni abbiamo eseguito i miei brani rivisitati, contenuti nel nostro disco “Upgrade” del 2022, in tre diversi pomeriggi, suonando all'aperto all’esterno del padiglione Italia. Sotto il palco c'era un mare di persone cariche di entusiasmo che ha gradito oltre ogni aspettativa. Abbiamo improvvisato su gran parte dei brani e ci siamo ritagliati molti spazi creativi. Ci rimane un grande ricordo di questa splendida esperienza a Osaka e probabilmente ci torneremo. 

Come si tradurrà “Onde d’urto” dal vivo? 
In realtà, il 10 agosto scorso, con il LoccisanoTRIO – composto da Tonino Palamara alle percussioni e Antonio Cusato Quel al basso acustico – abbiamo presentato il disco all’anteprima del "Festival D’Autunno" presso il Teatro Comunale di Soverato (CZ). Sono musicisti in gamba, e anche molto giocherelloni! Passano dal Funk al Jazz con una semplicità disarmante, e i brani del disco sono diventati per noi un vero e proprio laboratorio di sperimentazione. Ho in programma altre presentazioni per chitarra battente sola, in ambienti più intimi. Mi giocherò quindi varie possibilità, se del caso anche in duo con Andrea Piccioni, dove l'elettronica è già presente nel nostro sound.


Francesco Stumpo e Ciro De Rosa

Francesco Loccisano – Onde d’urto (Jonica Sound, 2025)
In Calabria è ormai una vexata quaestio quella di considerare la chitarra battente – risolvo una volta per tutte così anche il problema terminologico – uno strumento ormai scomparso dall’orizzonte etnico oppure che si è saputo rinnovare apportando delle modifiche sia tecnologiche cha musicali. Credo personalmente che le due dimensioni debbano e possano convivere, di sicuro c’è che le sue origini siano nella chitarra barocca, anzi possiamo tranquillamente affermare che ne sia la naturale continuazione. Infatti, l'innalzamento di un'ottava della quarta corda (accordatura rientrante)  nella chitarra battente è comune alla chitarra barocca. La differenza sta nella differenza di materiali e spessori diversi delle corde, di metallo e tutte uguali nella battente e di budello e di diverso spessore nella barocca. Francesco Loccisano, chitarrista calabrese e Maestro di chitarra battente, ha sviluppato uno stile personale e appartiene certamente alla seconda categoria di battentisti, anzi è stato uno dei primi a rinnovare organologicamente lo strumento, creando un modello che porta il suo nome e dandogli dignità di strumento solista, sdoganandolo dal ruolo quasi sempre di accompagnamento al canto che ha nella tradizione. Ha collaborato con artisti di fama internazionale come Eugenio Bennato, Gianna Nannini, Vinicio Capossela, Carlos Saura e Christina Pulsar, esibendosi in festival di rilievo in Europa, Asia, Africa e Nord America. Dell’originalità di Loccisano è testimonianza questa ultima sua produzione dal titolo “Onde d’urto”. I titoli dei brani sono suggestivi e rivelano le potenziali creative che ha questo strumento nell’attualità e tracciano un viaggio tra mitologia magno-greca e il mondo moderno, tra espressione sentimentale, rigore acustico e atmosfere elettroniche. Lo dimostra già il brano che apre il lavoro, “Clizia”, ispirato al mito della ninfa trasformata in girasole da Apollo, un brano che diventa simbolo di amore eterno e capacità di trasformazione della musica tradizionale. D’altra parte Loccisano, come detentore della cattedra di chitarra battente al Conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese (CZ) spinge i suoi numerosi allievi verso la composizione e l’improvvisazione, cosa affatto non scontata nell’istituzione scolastica italiana, anche grazie alla estrema gratitudine che offre questo strumento nel suonarla che restituisce sempre il sapore di una pietanza mai consumata. Cosa che si evince facilmente ascoltano brani come “Naturale”, il cui titolo evoca appunto la naturalità con cui questo strumento può essere suonato e può essere usato anche nella didattica di base per favorire l’invenzione musicale, anche grazie alla sua magia che esplica già nel suonarla a corde vuote. Non mancano brani di denuncia sociale come “Graffi” in cui viene evidenziato il problema ecologico della supremazia antropica sulla natura. Sono presenti anche brani intimi e delicati come “L’Ombra”, con una forma ben evidente e una melodia particolarmente suggestiva e ispirata o “Gocce d’amore”, un inno alla riscoperta di sentimenti ordinari ormai divenuti straordinari.  “Onde d’urto” sfrutta sonorità elettroniche insieme con tutte le possibilità ritmiche e timbrico-articolatorie dello strumento, suonato con il tipico effetto del golpe e del arguendo, si ricorda anche la lunga frequenza con il flamenco, oltre che con quella classica, dell’artista. Un’ascendenza al mondo latinoamericano la ritroviamo in “La partida” dal chiaro riferimento venezuelano con il suo tipico andamento tre quarti contro sei ottavi, ritmo che contiene in sé la cellula terzinata della tarantella, usatissimo dal grande compositore e chitarrista calabro-venezuelano Anton Lauro, sarà un caso? “Variazioni sulla Tarantella Napoletana” è costruito su una delle più tipiche forme del repertorio tradizionale del meridione come la tarantella napoletana, in esso Loccisano rievoca la sua collaborazione con Eugenio Bennato, anche se nel Settecento la tarantella era anche una forma eletta dai compositori colti (si pensi solo a quella di Rossini). Il disco è stato registrato interamente presso il LoccySoundStudio, lo studio di casa dello stesso Francesco Loccisano, in un ambiente intimo e familiare che ha contribuito a rendere il lavoro ancora più autentico. In “Graffi” il suono del cajon porta la firma di Tonino Palamara, mentre in “Onde d’Urto” la programmazione elettronica è stata curata da Teo De Bonis, arricchendo il dialogo tra tradizione e modernità. Il lavoro di mix e mastering è stato affidato a Marcello De Carolis e Alessandro Luvarà, che hanno saputo esaltare la profondità e la luminosità del suono. Dalla Calabria ci giunge quindi un lavoro maturo, ben pensato e che restituisce nuova vita ad uno dei suoi strumenti eletti come la chitarra battente. Da ascoltare con attenzione, possibilmente in cuffia per non perdere la ricchezza timbrica di questo magico strumento.


Francesco Stumpo

Foto di La Camera Chiara Servizi Fotografici (1, 2, 6) e Roberto Stranges (7)

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