Denez – Toenn-Vor (Arfolk, 2025)

“...L’anima di un marinaio respira onda ad onda, vedete all’orizzonte sollevarsi il maroso... loro sono là!”
, scriveva poco prima di morire, nemmeno trentenne, lo sventurato poeta bretone Tristan Corbière in “Gens de Mer”. Stava parodiando “Oceano Nox” (“l’oceano della loro vita ha preso le pagine e in un soffio ha sparso tutto sulle onde”) composta svariati lustri prima da un Victor Hugo testimone di una furiosa tempesta a Saint-Valery-em-Caux. Oggi nel 2025 e a quasi il doppio dell’età di Corbière, Denez, cantautore, novello bardo-alchimista sonoro di Santec (costa selvaggia dell’Alto Léon) consacra l’ultimo disco allo stesso immaginario marittimo, registrandolo a Locquirec e donandogli titolo “Toenn-Vor” ovvero “Tetto Di Mare” (che in bretone, significa ugualmente “Onda Anomala”). Con un approccio attuale, audace e talvolta avanguardistico, lo osserva da una contemporaneità che veste di nuove visioni antichi gioielli culturali tradizionali. L’ha presentato il 22 agosto scorso in anteprima all’ultima edizione del Festival della Canzone Marinara di Paimpol (in bretone: Gouell kan ar vartoloded, Pempoull) nelle Côtes-d'Armor, davanti a quindicimila spettatori estasiati dalla sua trascendentale tessitura vocale. Il 6 settembre seguente era a Carhaix a una mobilitazione pubblica a favore della lingua bretone, organizzata da un collettivo di artisti locali. Le lingue della terra rimangono fondamentali quanto i percorsi del mare per conoscere da dove si viene e dove si sta andando. Oggi la tendenza generale è quella a un mondo di vite ben disposte e calibrate con cura ma nulla diventa veramente interessante e attraente senza le differenze. Nella scaletta del concerto (e del corposo disco, in bretone e francese) come sempre gwerzioù ma anche lamenti, ballate di lavoro, circoli costieri, canti mitologici dei fondali marini, proposti con suoni elettronici (un po’ meno del solito, in verità) mescolati a strumenti tradizionali dei sette mari, quali bandoneon argentino, saz turco, oud arabo e charango andino “Sono sempre stato interessato a questo repertorio, molti lo hanno abusato e folklorizzato, credendo che bastasse indossare un giaccone e suonare un paio di accordi per esibirsi a tutte le feste delle cozze...è da lì che si è nutrita la mia immaginazione, quand’ero bambino in casa non avevamo né televisione né radio”. In effetti Denez incontrò a quel tempo per la prima volta, davanti al faro dell’isola di Batz, i canti marini che a lungo avevano beneficiato unicamente di diffusione orale. Ma che sono rimasti sempre bene impressi nelle menti popolari, considerata l’estrema drammaticità degli eventi narrati, probabilmente favoriti in ciò anche dall’indubbio fascino esercitato dal trovarsi ogni giorno su una costa di fronte all’apocalittico galoppo del terrificante oceano. Cosa che non è accaduta, ad esempio, in Italia visto che anche se la nostra penisola si trova quasi interamente circondata dall’acqua ma a dispetto del suo enorme sviluppo costiero, canti e musiche marinaresche sono state settore molto meno frequentato. Può darsi che, essendo un mare chiuso e facilmente navigabile, il nostro non abbia suscitato delle vastissime emozioni e non sia di conseguenza, neppure divenuto potente fonte d’ispirazione artistica. Denez canta oramai da cinque decenni, “Toenn-Vor” è il suo tredicesimo disco e come gli ultimi che lo hanno preceduto, viene dedicato alla compianta moglie Stéphanie. Integra ondate altissime e novità per questo repertorio dei canti delle coste, in più termina inoltre con il tributo al suo (e nostro) cantante francofono preferito: Brel, una “Amsterdam” eseguendo la quale, quand’era appena sedicenne, vinse un paio di concorsi canori radiofonici a Santec e Brest.

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