Rhiannon Giddens & Justin Robinson – What Did The Blackbird Say To The Crow (Nonesuch, 2025)

Come scrive Chris LH Durman (dell’Università del Tennessee) in “African American Old-Time String Band Music: A Selective Discography (2008), “La musica delle string band del Sud, simile a quella che si potrebbe suonare oggi per le square dance, rappresenta forse la prima collaborazione musicale tra musicisti afroamericani ed euroamericani (spesso scoto-irlandesi). Sfortunatamente, la scarsità di registrazioni commerciali di string band nere del Sud e la scarsità di gruppi che si esibiscono dagli anni '30 hanno oscurato questa parte del nostro patrimonio musicale... I coloni scoto-irlandesi dell'Upland South portarono con sé il violino – più comunemente chiamato “fiddle” nella musica folk – e molte melodie tradizionali per violino quando emigrarono negli Stati Uniti. Gli afroamericani portarono con sé uno strumento che i musicisti moderni riconoscerebbero come il “gourd banjo”, insieme alle loro tecniche di esecuzione, melodie, canzoni e una varietà di metodi di accordatura. Come documenta Cecelia Conway in “African Banjo Echoes in Appalachia: A Study of Folk Tradition”, quando i musicisti di questi gruppi etnici si incontrarono nell'Upland South, gli elementi della musica tradizionale per banda si unirono per la prima volta. I musicisti di entrambi i gruppi intrattenevano il pubblico suonando musica adatta sia all'ascolto che al ballo. Questo poteva essere fatto da un singolo musicista, ma suonare in gruppo alleggeriva il carico musicale per il singolo musicista, aumentava il volume della musica per i ballerini e, in molti casi, si rivelava più divertente per tutti.” Questo repertorio, ben diverso da quello di altre ensemble afroamericani composti perlopiù da cordofoni ma più vicini al blues e al jazz (fra i quali Martin, Bogan & The Armstrongs rappresenta uno degli esempi migliori), è stato il punto di partenza dei Carolina Chocolate Drops e ritorna in tutta evidenza nel lavoro di due ex componenti di quel meraviglioso gruppo, vincitore fra l’altro di un Grammy Awards nel 2011 nella categoria “album di folk tradizionale”. Di Rhiannon Giddens immagino sappiate giù tutto poiché dopo, lo scioglimento della band di cui è stata fra i fondatori, è indubbiamente quella che è riuscita a rimanere più attiva o perlomeno a ottenere maggiore visibilità grazie alle sue innumerevoli collaborazioni (The New Basement Tapes e Our Native Daughters fra le più significative, ma la lista è molto più lunga), il suo lavoro come attrice (nella serie TV “Nashville”), come compositrice in diverse situazioni musicali, compreso il balletto e senza dimenticare la sua più che pregevole carriera discografica personale. In origine violinista classico con tanto di diploma di conservatorio, Justin Robinson, una volta conclusasi la sua avventura con i CCD, è rimasto immerso nella musica tradizionale ma si è anche costruito una reputazione come storico di culinaria avendo esplorato più specificatamente i modi in cui ha preso forma l’alimentazione degli afroamericani del Sud degli Stati Uniti cercando di tracciare i suoi legami con il Continente Nero. Fra il 9 e l’11 maggio dello scorso anno i due musicisti si sono ritrovati nella loro natia North Carolina per registrare diciotto brani fra canzoni, fiddle tunes e altri motivi strumentali di origine tradizionale. Le registrazioni sono state effettuate rigorosamente in presa diretta ma non in una sala d’incisione bensì nelle case e i cortili, come dimostra anche la presenza delle cicale in un paio di tracce, di due figure monumentali della musica afroamericana negli Appalacchi: il violinista Joe Thompson (1918-2012) e la chitarrista-banjoista e cantante Etta Baker (1913-2006). Il primo è da considerarsi come un vero e proprio mentore per Justin Robinson e a lui si deve gran parte del materiale recuperato per “What Did The Blackbird Say To The Crow” mentre la seconda è stata un’importante esponente del Piedmont Blues che ha anche registrato un album con Taj Mahal ed è fra i protagonisti di un disco quasi leggendario (almeno per il sottoscritto) come “Instrumental Music Of The Southern Appalachians” (Tradition, 1957), pubblicato anche in Italia dalla Albatros circa vent’anni dopo e più volte ristampato con diversi titoli, anche su CD. A parte gli ossi di Justin “Demeanor” Harrington in tre brani, gli unici strumenti che si possono sentire nel disco sono quindi il banjo della Giddens, ovviamente suonato utilizzando la tecnica più antica denominata “claw hammer”, e il violino di Robinson; fa eccezione un brano, il delizioso “Marching Jaybird”, che risulta come un duetto fra due banjo ed è fra quelli di cui esiste pure il video. Questo è anche uno dei molti strumentali anche se non mancano alcune canzoni, affidate, stranamente quasi sempre e soltanto al violinista e fra queste c’è una versione di “Old Joe Clark”, forse uno dei fiddle tunes più diffusi e suonati nel mondo del bluegrass e dell’old time music, che però secondo alcuni studiosi è nato poprio come una canzone e così è stato registrato fra gli altri anche da Woody Guthrie e il Kingston Trio. La voce di Rhiannon Giddens fa capolino, insieme a quella del suo compagno di scorribande, soltanto nell’altro brano più famoso dell’album, e in verità fra i più celebri e celebrati in assoluto del canzoniere popolare americano, “John Henry”, eseguita qui nell’arrangiamento di Joe Thompson. Gli altri titoli di “What Did The Blackbird Say To The Crow” non sono probabilmente altrettanto conosciuti, a meno che siate dei grandi appassionati di old time music e della musica delle string band, e sono eseguiti, inutile dirlo, con grande passione e una tecnica a dir poco formidabile. La maggior parte degli strumentali è animata da un sacro fuoco che invita alla danza (e fra questi merita di essere menzionato “Brown’s Dream” la cui melodia non ha alcuna correlazione con quella della più nota “John Brown’s Body”) ma ci sono anche alcuni momenti più quieti come Duck’s Eyeball, “Country Waltz”, il cui titolo dice già tutto, il già menzionato “Marching Jaybird” e “Ebenezer” che ha qualche lontano risvolto classicheggiante. I talenti di Rhiannon Giddens e Justin Robinson hanno prodotto un disco che ha il sapore di una festa campestre, forse non adatto a tutti i palati ma certo a molti, la cui qualità resta assolutamente inappuntabile sotto ogni profilo e che ha inoltre il pregio di preservare e far conoscere una tradizione musicale che, come già detto, risulta poco documentata e che pochi altri (e fra questi, ma con intenti e risultati talora piuttosto difformi, gli Ebony Hillbillies e Jake Blount) hanno praticato. rhiannongiddens.bandcamp.com/album/what-did-the-blackbird-say-to-the-crow 


Massimo Ferro

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