Kanazoé Orkestra – Balabeatz (Antipodes Music, 2025)

Seydou Diabaté, aka Kanazoé, ci propone un album orchestrale in cui il suo balafon dialoga con pochi ma indispensabili strumenti, delineando una struttura musicale molto dinamica, che si rinnova a ogni brano pur riproponendo l’incastro di elementi basilari: un suono molto marcato sul piano timbrico che trascina sia melodia che ritmo, gli inserti costanti, fruscianti, regolari (afro-beat) delle percussioni (che comprendono batteria, elementi tradizionali, acustici e digitali), sempre tesi ma mai eccessivi, gli intrecci melodici dei fiati (flauto e soprattutto sassofono), sempre ipnotici e sincopati, la linea ciclica e ipnotica del basso. Su questo tappeto annodato intorno al balafon si stendono le voci (prima fra tutte quella bellissima e sonante di Losso Keita), confermando, attraverso l’alternanza di lead vocal e polivocalità, l’intenzione di togliere lo spazio al vuoto, alle pause, dentro un andamento piano, mai urlato (lo ripetiamo) ma teso all’inverosimile. Il risultato è un andamento musicale sempre sostenuto, in cui tutti gli elementi si articolano, attraverso incastri geniali, in una polifonia originalissima. Come detto, il balafon è alla base di tutto. Da un lato perché Kanazoé ci ha costruito la sua orchestra, amoreggiando in modo affascinante con un beat perfettamente incastrato nelle mani dei musicisti che compongono l’ensemble (Mamadou “Madou” Dembélé all’altro balafon, flauto e n’goni, Martin Etienne al sassofono e tastiere, Laurent Planells alle percussioni ed Emilio Rudoy al basso). Dall’altro lato perché questo strumento mantiene intatte le ambiguità della sua organologia e, allo stesso tempo, della sua relazione con gli strumenti contemporanei, deformando, senza soluzione di continuità, ogni frase melodica e ogni passo dello svolgimento dei dieci brani in scaletta. Sia sul piano timbrico che ritmico. Questa irriducibile ambiguità ricorda, con le dovute differenze – evidentemente determinate da una tradizione musicale originaria di gran lunga distante da quella occidentale – quella del banjo. I motivi sono principalmente due. In primo luogo, sono legati alla densità del suo suono: come dicevamo, melodico e percussivo allo stesso tempo. In secondo luogo, ci riconducono al timbro sordo, che si propaga, in assenza di forme naturali di sostegno e riverbero, in colpi netti (lì pizzicati, qui percossi). Date queste condizioni organologiche, i musicisti insistono sul tempo (sugli accenti, sul ritmo), assumendo tecniche esecutive che assicurano velocità, in modo da poter reiterare movimenti che permettano allo strumento di articolare anche frasi melodiche continue. Il risultato – in entrambi i casi – non è soltanto quel ritmo costante e contrappuntistico, ma una costruzione (si potrebbe dire) drammaturgica della melodia, che assume forme articolate e addensa, nell’incedere del brano, incastri ed effetti sempre sorprendenti. In questo quadro aggiungiamo che Kanazoé è, a tutti gli effetti, un virtuoso del balafon, di cui ha recepito la tecnica attraverso la linea ereditaria – tradizionale, griot e patrilineare – del Burkina Faso, suo paese d’origine. E che ci fa sentire soluzioni originali, catturando e modellando in estrema velocità fraseggi melodici in continua evoluzione. Questi fraseggi, che costituiscono il cuore di “Balabeatz”, quarto album dell’Orkestra, sono divenuti gli elementi distintivi di una scrittura musicale che non ha quasi più nulla a che fare con le categorie di storico, tradizionale o contemporaneo. Perché – come possiamo verificare con sempre maggiore frequenza – la prospettiva è totalmente trasformata. E, soprattutto, i protagonisti della scena musicale etno-urbana e multiculturale (non solo percepiscono ma) assumono posizioni antidogmatiche. Di conseguenza, lo scenario dei riferimenti è semplicemente trasfigurato: può essere vero – come si legge in qualche recensione dell’album – che si possano percepire echi della mistica west-africana o della cultura urbana dei paesi africani storicamente più affascinati dalla commistione con le musiche occidentali, come la Nigeria o il Sudafrica. Ma non vogliamo fidarci fino in fondo delle nostre capacità di riconoscere e discernere tutti gli elementi che costituiscono il profilo futuristico di un linguaggio musicale come quello espresso in “Balabeatz”. Kanazoé incorpora, sicuramente annodata al suo lembo di tradizione griot, la cultura urbana e transnazionale (irregolare e disorganica al pari di quella tradizionale nel suo contesto di provenienza) del musicista migrato in Francia. Il suo balafon è percepito, suonato e rappresentato, nel contesto di cui sopra, come uno strumento contemporaneo e in trasformazione: come la sua musica. 


Daniele Cestellini

1 Commenti

  1. Grazie per questa bellissima e interessante recensione! I Kanazoe Orkestra saranno in concerto a Torino il 11 ottobre - Torino Music Meeting - Afrovision.

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