Vania Palumbo feat. Giuseppe De Trizio – Canzoni in forma di rosa Vol. 2 (Bajun Records, 2025)

“La musica popolare non ha storia: il suo livello culturale si pone oltre agli eventi storici; è sempre preistorica. Anche quando se ne conosce la data di nascita, la sua collocazione è fuori dalla storia.”
Queste parole di Pier Paolo Pasolini racchiudono la sua visione della musica popolare che, a differenza di quella colta, non è influenzata dagli eventi storici ma si colloca in una dimensione atemporale, quasi primordiale. A questa idea si ispira il progetto “Canzoni in forma di rosa” di Vania Palumbo, frutto di un lavoro di studio e ricerca volto a riscoprire sotto una nuova luce di brani raccolti dal poeta friulano nel “Canzoniere Italiano”. Dopo aver pubblicato il primo volume nel 2023, la cantante e polistrumentista salentina ha dato alle stampe il secondo capitolo che prende le mosse dalla Sicilia per passare alla Calabria e toccare la Basilicata e la Campania fino a far ritorno in Salento, nella Grecìa. Rispetto al precedente, questo nuovo lavoro mette al centro la voce spesso accompagnata da pochi essenziali strumenti in gran parte suonati dalla stessa cantante salentina, con Giuseppe De Trizio (mandolino e chitarra) ad affiancarla in nove brani. Non mancano addentellati alle Laude, alle Cantigas e alle prassi esecutive medioevali, così come i riferimenti alla cultura spagnola ed ebraica di cui Pasolini fu profondo conoscitore, e un omaggio alla sua opera di cineasta. Gli arrangiamenti molto essenziali rimarcano l’idea pasoliniana di una “musica fuori dal tempo” e, nel contempo, mettono in evidenza l’utilizzo di strumenti come la lyra e la citola (ricostruita dal liutaio Alberto Redondo Antolin) ai quali si affiancano percussioni come tar, bendir, i tamburi a cornice arabi, il tamburreddhu salentino e lo shruti box di origine indiana. Ad aprire il disco è il dolce canto d’amore “Silenziu d’amuri” di Alfio Antico a cui segue la struggente rilettura del canto tradizionale siciliano “A la fimminisca” a cui le donne dei marinai affidavano i timori e le ansie in attesa del ritorno dei loro mariti. Approdati in Calabria con “La Pizzitana”, dedicata a chi trova la morte tra le onde del mare”, ci si sposta in Basilicata e, precisamente a Pisticci, con l’intensa versione del canto della Settimana Santa “All’arie, all’arie” in cui viene ripercorsa la passione e morte di Cristo. Se dalla tradizione sefardita arriva “Scalerica de oro”, canto benaugurale per il matrimonio in cui si augura un futuro di gioia e prosperità alla sposa, da quella campana ascoltiamo il canto del XIII secolo “Il Canto delle lavandaie del Vomero” che si ascolta nel film “Il Decameron” di Pasolini Vania Palumbo rende con grande intensità. Lo strumentale “Tarantella Prima” di Giuseppe De Trizio che alterna passaggi in modo minore e maggiore, ci introduce alla seconda parte del disco con la sequenza in cui ascoltiamo una raffinata resa del tradizionale canto campano “La Procidana”, la rielaborazione di De Trizio del tradizionale “La Furtuna” e il canto garganico “La vestesane”. L’ultimo segmento del disco è incentrato sulla tradizione musicale della Grecia Salentina con i canti d’amore “Aremu rindinedda”, “Traudai” e “Ca posson ehi pu s’agapo” che ci conducono al finale con “Na mi pi”m una poesia di Antonio Tommasi e la struggente “Che cosa sono le nuvole” scritta da Domenico Modugno e Pier Paolo Pasolini per il cortometraggio omonimo per il quale prese spunto da “Otello” di William Shakespeare, Con questo secondo volume di Canzoni in forma di rosa, Vania Palumbo conferma la sua capacità di intrecciare ricerca storica, rigore filologico e sensibilità contemporanea, restituendo nuova linfa alla musica popolare e incarnando pienamente l’idea pasoliniana di una “musica fuori dal tempo”. Il disco non è soltanto un omaggio al Poeta, ma anche un ponte ideale tra tradizione e presente, tra memoria e attualità, in cui la voce e gli strumenti antichi diventano veicolo di un sentire universale e senza tempo.  


Salvatore Esposito

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