Federico Sirianni – La promessa della felicità (SquiLibri, 2025)

Definito da Bruno Lauzi come “il vero erede della storica scuola genovese”, Federico Sirianni appartiene a quella schiera di cantautori che con rigore e dedizione fanno canzone in “direzione ostinata e contraria” rispetto alle mode e al mainstream, intrecciando parole e musica, levigandole e cesellandole con la poesia. Quello che, insieme a pochi altri, porta avanti è, infatti, un percorso artistico che ha il peso della rivoluzione silenziosa che non marcia, non urla, ma ha la forza infinita della bellezza come nel caso de “Il Santo” del 2017 e forse ancor di più “Maqroll” del 2021. A quattro anni di distanza da quest’ultimo, il cantautore genovese torna con “La promessa della felicità”, album in cui ritrova Michele Gazich, altra punta di diamante della canzone d’autore, e qui nelle vesti di produttore e musicista, con il quale aveva condiviso lo splendido “Domani si vive e si muore” del 2023 dedicato agli inediti di Michele L. Straniero. Il disco raccoglie dieci brani originali, alcuni dei quali co-firmati con Gazich, a cui Sirianni affida le sue riflessioni sul destino e la condizione umana, ma anche sull’inquietudine interiore e il dubbio che trovano riparo dalla tempesta solo nell’attesa che si realizzino le semplici gioie della vita. Quella cantata da Sirianni non è una felicità esteriore o di superfice, ma piuttosto una condizione interiore da cercare, custodire: una promessa, appunto. Ogni brano è, infatti, una sorta di tappa di un percorso di cambiamento e di ricerca, spinta dall’esigenza di una vita più autentica che possa farci comprendere il senso più profondo dei sentimenti che scandiscono la vita di ognuno. Questi sono costantemente attraversati da tensioni insondabili, mai del tutto risolte, guidati dal desiderio incessante di superare i propri limiti, simboleggiato dalla linea dell’orizzonte, dalla felicità fugace o dal riaffiorare di antichi dolori. L’album trae il titolo dal brano omonimo che, nel 2024 è stato selezionato tra le cinque migliori canzoni dell’anno alle Targhe Tenco e successivamente ha fornito l’ispirazione per le altre composizioni e non è casuale, che il disco sia stato votato come nella cinquina dei migliori dischi del 2025 alle stesse Targhe Tenco. Ad accompagnare Federico Sirianni (voce, chitarra, pianoforte, wurlizer, organo) in questa nuova avventura, oltre al produttore Michele Gazich (voce, violino, viola) si alternano nei vari brani: Stefano Angaramo (percussioni), Mattia Barbieri (batteria), Stefano Barbati (chitarra acustica), Elisabetta Bosio (violino), Rafael Bernardo Gayol (batteria), Fabio Gorlier (pianoforte), Marco "Tibu" Lamberti (chitarra classica), Cecilia Lasagno (arpa), Veronica Perego (contrabbasso), Marco Piccirillo (contrabbasso), Alberto Soraci (chitarra classica, chitarra elettrica), Andrea Tarquini (lap steel guitar) e le voci di Irene Buselli e Valeria Quarta. Dal punto di vista musicale il disco si caratterizza per i raffinati arrangiamenti di Michele Gazich che esaltano il lirismo dei brani attraverso tessiture sonore acustiche giocate sul dialogo tra pianoforte, chitarre e archi. Ad aprire il disco è la splendida “Nel fuoco” nelle cui trame si scorge l’ispirazione di Leonard Cohen a cui Federico Sirianni ha spesso dedicato dei concerti monografici e che si fa ancor più tangibile per la presenza di Rafael Bernardo Gayol, storico batterista del cantautore canadese, e dalla bella voce di Valeria Quarta che ricorda da vicino quella di Sharon Robinson. Siamo di fronte ad un brano pervaso da una forte tensione poetica, giocato sul climax musicale degli archi di Gazich e nel quale il cantautore genovese racconta il suo percorso di trasmutazione interiore attraverso il fuoco (“Nel fuoco sono entro che ancora non capivo/Dal fuoco sono uscito che ero ancora vivo”). Si prosegue con la toccante “Dalla finestra”, una preghiera che potrebbe essere rivolta a Dio, ma che suona come un invito per gli uomini a resistere di fonte al male del mondo (“Benedici questo giorno glaciale/Dalla finestra si vede il mare”) e a rivolgere lo sguardo verso l’infinito del mare che diventa metafora di speranza. Se “L’amore e l’arcano” è un’ode alla donna amata in grado di “sciogliere l’arcano” impreziosita dall’arpeggio delle chitarre nel quale si inserisce il violino di Gazich, la successiva “Okinawa” è una ballata dalle sonorità orientali a cui Sirianni affida una profonda riflessione sulla vita, mentre la lap steel di Andrea Tarquini e la voce di Quarta costruiscono un’atmosfera sospesa, rarefatta, quasi onirica. Gli archi di Gazich, la chitarra di Lamberti e il contrabbasso della Perego incorniciano le liriche recitate di “Dimmi” che fa da preludio alla splendida “Il vento di domani”, nella quale il cantautore genovese duetta con Irene Buselli e in cui spicca l’arpa di Cecilia Lasagno che con il violino di Gazich costruisce una raffinata architettura sonora impreziosita, sul finale, da un haiku del poeta giapponese Bashō: “Vorrei che il vento non posasse le sue mani sul pruno in fiore”. Il vertice del disco arriva con “Cargo” scritta e cantata con Michele Gazich, una canzone che punta dritto al cuore e alle coscienze di tutti per ricordarci che dovremmo avere tutti “il coraggio che dolcemente di fa parola”. Il canto d’amore “L’ora bella” ci conduce verso il finale con “Finita la tempesta” a cui Sirianni affida le speranze che si possa ricercare un futuro e un mondo migliore attraverso la bellezza (“il dolore passa, la bellezza resta”) e la splendida title-track che suggella un disco intenso come se ne ascoltano ben pochi in questi anni per qualità del songwriting e per una produzione di assoluto pregio. A fare da compendio al disco sono il booklet con tutti i testi intercalati dai dipinti di Romina Di Forti e gli scritti dello stesso Federico Sirianni, Michele Gazich e del compianto Giorgio Olmoti, questi ultimi disponibili come contenuti bonus attraverso un QR code. 


Salvatore Esposito

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