“Eolo” è il secondo album di Pier Piras, bassista, compositore e producer sardo, identità che si sente nella sua musica ma che travalica i confini arrivando a una sincrasi musicale internazionale.
Protagonista assoluto del disco è il basso acustico di cui l’artista esplora tutto l’ampio campionario di possibilità organologiche ed espressive. Considerato impropriamente un ibrido del contrabbasso e del basso elettrico, in realtà il basso acustico ha una propria personalità e delle precise peculiarità esaltate da Pier Piras il quale si conferma uno dei più intimisti, espressivi ma anche virtuosi di questo strumento da cui riesce a tirare fuori tutta la vasta gamma di sfumature e atmosfere. Una delle peculiarità del basso acustico, essendo dotato di cassa armonica oltre che del pick-up di amplificazione, sono le sue possibilità percussive che permettono a Pier anche di accompagnarsi mostrando le sue abilità come percussionista, attraverso lo stretto e naturale contatto che si crea tra corpo e strumento, musica e performance. Non manca comunque il gusto per le melodie fatte da incisi facilmente memorizzabili e armonicamente ben sostenuti, passando senza soluzione di continuità da un cantabile a un walking. Questo ampio utilizzo di tecniche, la cui ricerca sfrutta al massimo ogni parametro musicale, è alla base del suo stile unico, moderno e ben riconoscibile,
Tutte le competenze si fondono nella metafora di “Eolo” in cui lo strumento, come il dio che attraversa i venti, si fa contemporaneamente corpo e anima e che ha anche dato origine anche ad uno spettacolo dal vivo. Le otto tracce presenti in realtà sono legate dallo stesso orizzonte mitico e rituale che in partenza è quello sardo. Nel primo brano “Misterio”, il mistero di questa meravigliosa Isola viene esplorato attraverso tutto il registro melodico dello strumento che inscena un dialogo in modalità “call & response”. La voce raddoppia all’unisono gli incisi melodici senza utilizzare parole e senza sottrarre però significato, anzi aggiungendo senso ed espressione laddove potrebbe sembrare negato. Infatti, il suono prima del senso e i vocalizzi rimandano ad uno mondo arcaico che è quello della lingua sarda e del suo paesaggio sonoro, così valorizzato musicalmente nei romanzi di Grazia Deledda. “Arabesque” è basato su di su un telaio ritmico nel registro basso in cui Pier intesse un arabesco fatto da delicate suggestioni musicali che si aprono ad interessanti uscite armoniche. Con “La culla” entriamo nell'orizzonte mitico della Sardegna dove le ninna nanne sono qualcosa di più di semplici canti funzionali, sono le voci delle donne che cantano malinconiche litanie, è il suono catartico delle launeddas che si fa vento. Pier sfida il suo cordofono facendoci immaginare un aerofono attraverso gli effetti che riesce a creare. Il viaggio mitologico continua con “Globus” in cui il sound si apre a prospettive world e jazz. Per un sardo intitolare un brano “Eolo”, è da qui tutto il disco, è qualcosa che va al di là del puro rimando significante, perché siamo nell’Isola dove il “vento” è la sua stessa sorte, la voce che muove le “canne” della vita, quelle canne che diventeranno launeddas restituendo aria sonora a quel paesaggio. Ancora un personaggio mitologico si trova in “Sphinx” ispirato a una creatura mitologica con corpo di leone e testa umana. “Melodic Melodies” è un omaggio alla musicalità dei popoli nomadi e “Ventana” è un affacciarsi dalla finestra della propria Terra per osservare la musica del mondo. Fortemente consigliato l’ascolto di questo lavoro di un artista che si è formato a Milano ma che ha voluto tronare nella sua Sardegna per guardare al mondo da quel punto di osservazione superando confini e generi, forse questa è la “restanza” come la intende l’antropologo Vito Teti. Un disco profondo, sperimentale e gradevole. Davvero interessante.
https://roblerecords.bandcamp.com/album/eolo
Francesco Stumpo