Mustafa Said & Asil Ensemble – Maqam Pilgrims (Mapamundi Música, 2025)

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“Maqam Pilgrims” è l’opera più recente di Mustafa Said – musicologo, cantante, compositore e virtuoso dell’oud – con Asil Ensemble. L’artista ha dedicato la sua carriera alla ricerca e alla reinterpretazione delle tradizioni musicali arabe, attività per cui è stato insignito dell’Aga Khan Music Award nel 2019. Il suo approccio accademico, spirituale, e dedicato alla melodia lo ha portato a fondare Asil Ensemble nel 2003, gruppo che promuove approcci compositivi e musicali contemporanei ma saldamente radicati nelle tradizioni del Medioriente. “Maqam Pilgrims” è un disco profondamente meditato che intreccia poesia mistica araba e composizione musicale in un’unica sintesi stilistica. Registrato nella Cattedrale di Tutti i Santi nel distretto Zamalek del Cairo nel 2021, il disco rompe le regole del sistema melodico del maqamat per consentire a Said di enfatizzare la dimensione affettiva dei versi poetici con le strutture melodiche e musicali. Temi come il desiderio di riconnettersi, la memoria nostalgica, e la trascendenza spirituale sono centrali ai poemi musicati in “Maqam Pilgrims”. La suite mappa un pellegrinaggio spirituale guidato da figure mistiche del passato, al punto che Said narra di come l’ispirazione per una delle melodie gli sopravvenne presso un santuario Sufi, e non riuscì a completarla finché non tornò al santuario stesso. Il compositore si lascia guidare dai versi di maestri Sufi, in particolare Ibn Arabi (1165-1240), Ibn al-Farid (1181-1235), e Al-Hallaj (858-922), attivi rispettivamente nell’Andalusia Musulmana pre-inquisizione, in Egitto, e in Persia. Questa connessione spirituale a luoghi e parole del passato è rinforzata dalla tessitura strumentale di Asil, un ensemble che negli anni ha cambiato volti e strumenti. Questa iterazione del gruppo riunisce
strumenti provenienti da diverse tradizioni musicali. Dal mondo arabo troviamo l’oud (nelle sue varianti di oud classico, soprano, e basso), il qanun, il nay e il nay nesfi, il riqq, e il bendir. A questi si aggiungono strumenti ad arco della tradizione occidentale, da tempo inclusi in formazioni orchestrali arabe come il violino, la viola, e il violoncello. Dal mondo persiano l’ensemble adotta il santur, il nay persiano, il tombak, e il daf – associato soprattutto con la cultura curda. La gran cura nell’articolazione timbrica dell’ensemble lo porta ad includere strumenti da altre tradizioni, come i tabla indiani e strumenti yemeniti come merwas e la khashshabah e qanbus. A questi affiancano strumenti storici come il tanbur Baghdadi, e altri raramente utilizzati in repertori arabi come il nay nesfi e il tanbur Rumi dalla musica ottomana. Questa varietà strumentale consente all’Asil Ensemble di attraversare epoche, stili e geografie, offrendo una visione sonora che rispecchia sia la distribuzione spazio-temporale dei testi poetici, che l’intenzione compositiva di Said, che rompe gli schemi sonori della musica araba contemporanea preferendo forme singolari orchestrate ad hoc per questo lavoro. L’espressività dell’architettura timbrica del gruppo emerge in egual modo tra i brani del disco, ma spicca soprattutto nella suite “Maqam Segah”, che apre il disco dopo una breve interruzione. Il brano si districa tra diverse sezioni, aggiustando il passo, il tempo, la densità eterofonica, la dinamica, e l’energia espressiva. “God Bless” e “Run with the Lovers” propongono
invece sonorità differenti, incentrandosi su strumenti meno protagonisti nel disco, in particolare dal punto di vista percussivo. La performance affettiva è particolarmente forte nella voce del cantante, che nteriorizza la carica emotiva dei versi nella sua interpretazione vocale. Questa è talvolta ispirata al canto arabo e alle sue strutture e tecniche ornamentali, talora ai dettami e stili interpretativi della Tajwīd, il compendio di principi e regole che definiscono la recitazione del Corano. Questi spiccano in brani come “You Are My Prayers and My Rituals”, un mawwal espressivo e melismatico sorretto da un drone mantenuto dagli archi, o nel brano “Fadinak, I Sacrifice My Soul for You”. In questi pezzi il cantante solista sfoggia una vasta gamma di interpretazioni ornamentali, con aggiuntive interruzioni vocali e colpi di glottide che riflettono con particolare efficacia la carica sentimentale e devozionale dei brani. “Maqam Pilgrims” propone una lettura unica della musica araba, ricollocata e reimmaginata in un contesto geografico transnazionale, in una dimensione storica in divenire tra il presente il passato, e guidata dalla sensibilità poetica ispirata ai maestri del passato ma interiorizzata e interpretata dal compositore. È un’opera di ascolto e contemplazione, dove l’arrangiamento, l’interpretazione individuale, e l’ornamentazione sono subordinate all’espressione di tarab (estasi emotiva), huzn (tristezza), shawq (nostalgia e desiderio), e altre qualità espressive racchiuse nei testi sufi evocati nelle tracce. Il disco prova un’altra volta l’incredibile capacità di Mustafa Said di creare lavori estremamente evocativi ed innovativi mentendo una rispettosa reverenza per i canoni e le tradizioni.
     

Edoardo Marcarini

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