Madalitso Band – Ma Gitala (Bongo Joe, 2025)

Yobu Maligwa e Yosefe Kalekeni si sono conosciuti a Lilongwe, la capitale del Malawi, nel 2002 quando erano diciottenni. Nessuno dei due è nato lì: entrambi si sono trasferiti nella capitale dai rispettivi villaggi durante l'adolescenza. Li accomuna la passione per la musica e l’abilità nel costruire da soli i lori strumenti. Lilongwe viene spesso definita una “città-villaggio”: la sua area urbana non comprende edifici alti, né mostra un vero e proprio centro città, fatta eccezione per il quartiere commerciale. L’area complessiva della città è enorme rispetto alla popolazione e permette alle famiglie di coltivare appezzamenti di terra (in genere dedicati a mais) in città. La densità della popolazione varia secondo il reddito delle persone: chi è più ricco si stabilisce in aree a media e bassa densità abitativa; ai bassi redditi corrispondono abitazioni nell’area ad alta densità. Proprio lì Yobu Maligwa e Yosefe Kalekeni hanno vissuto pagando affitti economici che hanno permesso loro di sostenersi suonando da busker per strada e nei centri commerciali, ricorrendo occasionalmente a lavori saltuari come produrre mattoni per le costruzioni. Quanto a costruire, ci sanno fare: per il suo strumento, Yosefe Kalekeni ha preso una chitarra acustica usata che gli era stata regalata e l’ha trasformata in un “banjo” utilizzando come corde quattro cavi che, intrecciati, vengono di solito usati per i freni delle motociclette. Da buon busker multitasking, abbina al banjo i suoni percussivi che i suoi talloni ricavano dal tamburo su cui sta seduto. Yobu Maligwa suona un altro strumento fatto in casa, il babatone, sorta di basso che suona da seduto con una tecnica slide. Insieme, Yobu Maligwa e Yosefe Kalekeni hanno percorso molta strada, inizialmente chiamando il duo prima Tiyese (“proviamoci” in lingua chichewa) e poi Madalitaso. Una donna si offrì di pregare per loro e li invitò a cambiare il loro nome in Madalitso, (“benedizioni”), svolta cui fecero seguito gli incontri col manager Emmanuel Kamwenje (nel 2009) e con il cantautore britannico Neil Nayar, co-manager con cui sono approdati nel 2017 al festival Sauti Za Busara a Zanzibar e a due WOMEX (2020, 2024) e all’etichetta Bongo Joe che ha saputo documentarne la creatività e l’energia che sprigionano dal vivo con gli album registrati nel 2019 e nel 2022. Per il terzo album hanno scelto di registrare in studio affidando la produzione a Neil Nayar e al fondatore di Bongo Joe, Cyril Yeterian. Ad introdurre in crescendo gli otto brani è “Anafela Chiboda”, rilettura di una delle prime composizioni dei Madalitso Band che trae ispirazione dal proverbio: “È morta a causa delle zampe di pollo” (nel senso che non è tutto oro quel che luccica). Con “Princess Wanga” giunge anche il lamellofono sansi, lo shaker e la voce di Patrick “Thima” Sam, sia nei recitativi, sia nei riusciti impasti vocali, così come avviene in “Ma Gitala” che vede protagoniste tre giovani voci: quelle di Shamimu Kalekeni, Hana Maligwa e Kiran Nayar (i figli di figli di Yobu, Yosefe e Neil). Segue il groove kwela e l’allegra ironia di “Chemwa” che diventa energica gioia in “Mwadala” unendo strofe di omaggio al duro lavoro a riff ostinati sospinti da energici ritmi. Con “La bwino” la trama sonora si fa magicamente essenziale: voce, chitarra e delicato sostegno percussivo con strofe che cantano il Malawi come Paese pacifico. Il ritmo torna ed essere coinvolgente con “Zili Komwekai”, giusto prima del brano più esteso (oltre sei minuti), “Polakhula” che chiude l’album ammonendo a non guardare gli altri dall'alto in basso. Qui, ad unirsi al duo è l’etnomusicologo Rick Deja di Città del Capo che introduce la melodia al sassofono e si prende il suo spazio solista, oltre ad unire l’ancia al coro che risponde alla voce solista. madalitsoband.bandcamp.com/album/ma-gitala


Alessio Surian

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