#COVERSTORY
Partiamo da lontano. Ci potete raccontare la vostra formazione e i vostri primi passi nel mondo della musica?
Chiara Cesano - La nostra formazione è nata in casa. Entrambi abbiamo avuto un percorso tradizionale, influenzato dai musicisti della nostra zona. Tra questi, Sergio Berardo con i Lou Dalfin è stato fondamentale nel farci sentire rappresentati dalla musica che risuonava nelle nostre valli.
Avete background musicali simili ma ben distinti. Qual è stato il vostro territorio d’incontro dal punto di vista musicale?
Robi Avena - Chiara viene dalla Val Varaita, più precisamente da Sampeyre, mentre io dalla Val Vermenagna, da Robilante. Due valli opposte nel Cuneese, seppure a pochi chilometri di distanza, che portano con sé due dimensioni di vita diverse. Da una parte la finezza e l’eleganza, dall’altra il disordine nell’ordine: un motore, un cuore pulsante che non si ferma. Entrambe sono unite dal forte senso di appartenenza al territorio, e questo stesso ideale ci ha uniti anche musicalmente.
Entrambi siete impegnati anche nell’ambito della didattica. Quanto è importante per voi questa esperienza?
Chiara Cesano - È fondamentale per la nostra stessa crescita. È incredibile come l’atto di insegnare arricchisca spesso più di quanto si immagini. Abbiamo lavorato — e continuiamo a farlo — per far appassionare i ragazzi alla musica della loro terra, come è successo a noi. L’energia che ci trasmettono è
immensa, e attraverso di loro abbiamo compreso il valore diretto e sincero della musica occitana, capace di parlare a più generazioni.
Vi siete trovati spesso a collaborare in diversi progetti, da Gran Bal Dub alla Grande Orchestra Occitana. Quanto vi hanno arricchito?
Robi Avena - Le esperienze con Madaski e Sergio Berardo, così come con la Grande Orchestra Occitana, ci hanno messi a nudo, ci hanno resi più esposti, più veri. Tutti questi progetti hanno una forza istintiva: reagiscono a ciò che accade sul momento, senza il filtro del “dover essere su un palco”. Ogni concerto è unico, ed è questa la ricchezza più grande che abbiamo imparato e che ora cerchiamo di trasmettere con Lindal.
Come è nato il progetto Lindal?
Chiara Cesano - Forse è sempre esistito. È nato da un intreccio di vite e situazioni che hanno reso Lindal una soglia, un confine da cui osservare il mondo e restare legati a ciò che per noi rappresenta la ricchezza della musica occitana. In un tempo in cui tutto tende a separare, Lindal vuole essere un sentimento che unisce, che scavalca confini e ideologie.
Come si è indirizzato il vostro percorso di ricerca tra tradizione occitana e innovazione?
Robi Avena - Attraverso la curiosità, che per noi è gioco e divertimento. Con i nostri strumenti abbiamo scoperto che la dissoluzione e la trasformazione del suono ci appartenevano più di quanto pensassimo. Non è stata una ricerca dell’innovazione fine a sé stessa, ma piuttosto un’urgenza: quella di comunicare ciò che sentiamo.
Quali difficoltà avete incontrato con il progetto Lindal?
Chiara Cesano - La principale difficoltà è stata racchiudere in musica un immaginario fatto di emozioni, di ore vissute in feste, prove, momenti con allievi e musicisti. La musica occitana porta con sé ideali molto forti, e riuscire a trasmetterli con “solo” un violino e una fisarmonica — strumenti che ci accompagnano fin da piccoli — è stata una sfida profonda, ma necessaria.
Ci potete raccontare il processo creativo alla base dei vostri brani?
Robi Avena - È una sfida di carattere. Spesso emerge la parte più viscerale di entrambi, e solo quando troviamo un equilibrio tra noi nasce davvero la composizione. Per noi, per comunicare, bisogna vivere più che pensare alla forma: il suono arriva dopo, come conseguenza.
Come si è indirizzato il lavoro di arrangiamento dei brani?
Robi Avena - Sono arrangiamenti un po’ particolari: non seguono schemi rigidi, ma piuttosto un istinto. Ogni brano si costruisce intorno a un sentimento, a un'immagine, così come la musica occitana ci ha insegnato. È più una trasmissione emotiva che una costruzione tecnica.
Com’è nato il vostro primo album "Gris Cenre"?
Chiara Cesano - È nato in una mansarda a Bernezzo, a volumi bassi per non disturbare i vicini. Anche quel contesto ha influenzato la composizione. “Gris Cenre”, in occitano "grigio cenere", rappresenta quel sentimento di smarrimento che percepivamo. Ma in ogni brano si accende un carattere diverso: dalla partigiana “Lucy”, a “Eschapafuòl” il fiore alpino simbolo di resilienza, fino a “Carosel”, una visione ironica — e un po’ surreale — della nostra attuale politica.
C'è un brano a cui siete maggiormente legati?
Chiara Cesano - Ogni brano fa parte di un racconto vissuto in più fasi. Non riusciamo a preferirne uno in particolare: ognuno ha un frammento della nostra storia.
Robi Avena - Il disco muta, prende forma dal vivo. Cambia a seconda di ciò che accade attorno a noi e di quello che vogliamo trasmettere. È musica viva, non solo perché viene suonata dal vivo, ma perché vive solo nel momento stesso in cui accade.
Cosa bisogna attendersi da un vostro concerto?
Chiara Cesano - Un viaggio. Come quando da bambini sedevamo in macchina e guardavamo il mondo scorrere fuori dal finestrino. Una piccola finestra su un mondo lontano, ma allo stesso tempo familiare.
Quali sono i vostri prossimi progetti in cantiere?
Robi Avena – “Gris Cenre” è stato il punto di partenza, il modo per dare davvero vita a Lindal, per definirne l’identità e renderlo un progetto vivo e riconoscibile. Da lì si sono aperte tante strade: stiamo già lavorando a nuovi brani per un secondo album, con l’idea di approfondire e ampliare la nostra ricerca sonora. Intanto stiamo partendo con il tour estivo che, pur essendo il primo, si sta arricchendo ogni giorno di nuove date e nuove occasioni. Continuerà anche la collaborazione con Dunkelbunt, produttore viennese con cui abbiamo trovato una sintonia musicale naturale. Ha creduto in Lindal sin dal primo ascolto e ha lavorato con noi su “Carosel”, il nostro primo singolo. Stiamo già pensando a nuovi progetti insieme.
Lindal – Gris Cenre (Kanto Records, 2025)
Nella loro opera prima, “Gris Cenre”, il duo artistico Lindal – composto da Chiara Cesano al violino e Robi Avena alla fisarmonica – invita l'ascoltatore a intraprendere un viaggio nel loro raffinato universo musicale, in cui ogni suono rappresenta una soglia: tra memoria e immaginazione, passato e futuro, radici e visioni, corporeità e sogno. Il titolo, che in occitano significa “grigio cenere”, evoca immediatamente un'atmosfera sospesa, una condizione intermedia tra luce e oscurità, ma anche tra tradizione e sperimentazione. Il violino di Cesano si muove elegante riportandoci alla memoria le melodie delle valli occitane e antichi canti, mentre i mantici della fisarmonica di Avena ci travolgono facendoci volteggiare in un bal folk notturno, a tratti spezzando il ritmo con momenti di pura introspezione. La cifra stilistica del duo Lindal trova il suo elemento caratterizzante nell’uso dell’elettronica tra loop, campionatura e texture ambient che non sono semplici elementi decorativi, ma amplificano la potenza della loro musica, spingendola in una dimensione onirica e cinematica. L’approccio alla musica del duo Lindal è quasi artigianale, fatto di ascolto, rispetto e cura del dettaglio. Ogni brano è un piccolo laboratorio emotivo, in cui il suono si fa materia viva, da modellare e restituire all’ascoltatore in una forma inedita. Sin dalle prime tracce, emerge con forza l’identità musicale del duo: una fusione sapiente tra i linguaggi della musica tradizionale occitana e le trame più visionarie dell’elettronica. Non si tratta di un semplice dialogo tra tradizione e innovazione, ma di una vera e propria reinvenzione, dove i suoni della terra si fondono con paesaggi sonori digitali, producendo un ibrido affascinante e mai scontato. Ad aprire il disco è il climax “Trecuèl” con il violino a guidare la linea melodica, sostenuto dalla cadenzata struttura ritmica dei beat elettronici. Si prosegue con le danze sospesa tra i chiaroscuri dell’elettronica di “Fadat” e il lirismo distopico della title-track. Se “Soau” è una ballata densa di poesia, nella successiva “Carosel” si cambia atmosfera per passare ai suoni di una festa di paese con il beat incessante dell’elettronica a sorreggere l’interplay tra violino e fisarmonica. Uno dei vertici del disco è “Eschapafuòl” dedicata al fiore alpino che simboleggia la resilienza, mentre più sperimentali sono le architetture sonore di “Calùs” e “Juat d'testa”. “Lucy”, dedicata ad una partigiana delle valli occitane, ci accompagna verso il finale con la danza trascinante di “Dasnarìe” e una versione alternativa, e forse ancor più accattivante, di “Carosel” con la complicità del produttore austriaco Dunkelbunt, che chiude il disco. “Gris Cenre” è un disco intrigante che esce dai sentieri della tradizione musealizzata per misurarsi ad armi pari con le più recenti produzioni della scena musicale europea.
Salvatore Esposito