Lindal – Gris Cenre (Kanto Records, 2025)

#COVERSTORY

Il duo Lindal ha preso vita dall’incontro tra Chiara Cesano, violinista nata nella Valle Varaita e cresciuta tra balli tradizionali e melodie popolari, e Roberto Avena, fisarmonicista della Val Vermenagna con alle spalle una solida eredità musicale familiare. Dopo aver incrociato gli strumenti in diversi progetti da Gran Bal Dub con Sergio Berardo e Madaski alla Grande Orchestra Occitana, i due strumentisti piemontesi hanno unito le forze per dar vita ad un comune percorso di ricerca volto a proiettare verso il futuro la musica tradizionale delle valli occitane piemontesi, attraverso il dialogo tra strumenti acustici ed elettronica. In questo senso non ci sembra casuale la scelta del nome che affonda le radici nella lingua occitana – “soglia, principio di…” – e che già racchiude in sé l’essenza di un viaggio, di un passaggio verso un altrove musicale. Un altrove dove tradizione e innovazione si intrecciano tra incroci ed attraversamenti sonori, sperimentazioni con l’elettronica e campionatori. Il violino e la fisarmonica non sono più soltanto strumenti, ma voci narranti che raccontano storie senza tempo, emozioni sospese, paesaggi interiori. È un esperimento musicale che ha il coraggio di andare oltre, tenendo ben salde le radici nella tradizione musicale occitana. Abbiamo intervistato Chiara Cesano e Robi Avena per farci raccontare la genesi del progetto Lindal e il percorso che li ha condotti alla loro opera prima “Gris Cenre”.

Partiamo da lontano. Ci potete raccontare la vostra formazione e i vostri primi passi nel mondo della musica?
Chiara Cesano - La nostra formazione è nata in casa. Entrambi abbiamo avuto un percorso tradizionale, influenzato dai musicisti della nostra zona. Tra questi, Sergio Berardo con i Lou Dalfin è stato fondamentale nel farci sentire rappresentati dalla musica che risuonava nelle nostre valli.

Avete background musicali simili ma ben distinti. Qual è stato il vostro territorio d’incontro dal punto di vista musicale?
Robi Avena - Chiara viene dalla Val Varaita, più precisamente da Sampeyre, mentre io dalla Val Vermenagna, da Robilante. Due valli opposte nel Cuneese, seppure a pochi chilometri di distanza, che portano con sé due dimensioni di vita diverse. Da una parte la finezza e l’eleganza, dall’altra il disordine nell’ordine: un motore, un cuore pulsante che non si ferma. Entrambe sono unite dal forte senso di appartenenza al territorio, e questo stesso ideale ci ha uniti anche musicalmente.

Entrambi siete impegnati anche nell’ambito della didattica. Quanto è importante per voi questa esperienza?
Chiara Cesano - È fondamentale per la nostra stessa crescita. È incredibile come l’atto di insegnare arricchisca spesso più di quanto si immagini. Abbiamo lavorato — e continuiamo a farlo — per far appassionare i ragazzi alla musica della loro terra, come è successo a noi. L’energia che ci trasmettono è 
immensa, e attraverso di loro abbiamo compreso il valore diretto e sincero della musica occitana, capace di parlare a più generazioni.

Vi siete trovati spesso a collaborare in diversi progetti, da Gran Bal Dub alla Grande Orchestra Occitana. Quanto vi hanno arricchito?
Robi Avena - Le esperienze con Madaski e Sergio Berardo, così come con la Grande Orchestra Occitana, ci hanno messi a nudo, ci hanno resi più esposti, più veri. Tutti questi progetti hanno una forza istintiva: reagiscono a ciò che accade sul momento, senza il filtro del “dover essere su un palco”. Ogni concerto è unico, ed è questa la ricchezza più grande che abbiamo imparato e che ora cerchiamo di trasmettere con Lindal.

Come è nato il progetto Lindal?
Chiara Cesano - Forse è sempre esistito. È nato da un intreccio di vite e situazioni che hanno reso Lindal una soglia, un confine da cui osservare il mondo e restare legati a ciò che per noi rappresenta la ricchezza della musica occitana. In un tempo in cui tutto tende a separare, Lindal vuole essere un sentimento che unisce, che scavalca confini e ideologie.

Come si è indirizzato il vostro percorso di ricerca tra tradizione occitana e innovazione?
Robi Avena -
Attraverso la curiosità, che per noi è gioco e divertimento. Con i nostri strumenti abbiamo scoperto che la dissoluzione e la trasformazione del suono ci appartenevano più di quanto pensassimo. Non è stata una ricerca dell’innovazione fine a sé stessa, ma piuttosto un’urgenza: quella di comunicare ciò che sentiamo.

Quali difficoltà avete incontrato con il progetto Lindal?
Chiara Cesano - La principale difficoltà è stata racchiudere in musica un immaginario fatto di emozioni, di ore vissute in feste, prove, momenti con allievi e musicisti. La musica occitana porta con sé ideali molto forti, e riuscire a trasmetterli con “solo” un violino e una fisarmonica — strumenti che ci accompagnano fin da piccoli — è stata una sfida profonda, ma necessaria.

Ci potete raccontare il processo creativo alla base dei vostri brani?
Robi Avena - È una sfida di carattere. Spesso emerge la parte più viscerale di entrambi, e solo quando troviamo un equilibrio tra noi nasce davvero la composizione. Per noi, per comunicare, bisogna vivere più che pensare alla forma: il suono arriva dopo, come conseguenza.

Come si è indirizzato il lavoro di arrangiamento dei brani?
Robi Avena -
Sono arrangiamenti un po’ particolari: non seguono schemi rigidi, ma piuttosto un istinto. Ogni brano si costruisce intorno a un sentimento, a un'immagine, così come la musica occitana ci ha insegnato. È più una trasmissione emotiva che una costruzione tecnica.

Com’è nato il vostro primo album "Gris Cenre"?
Chiara Cesano - È nato in una mansarda a Bernezzo, a volumi bassi per non disturbare i vicini. Anche quel contesto ha influenzato la composizione. “Gris Cenre”, in occitano "grigio cenere", rappresenta quel sentimento di smarrimento che percepivamo. Ma in ogni brano si accende un carattere diverso: dalla partigiana “Lucy”, a “Eschapafuòl” il fiore alpino simbolo di resilienza, fino a “Carosel”, una visione ironica — e un po’ surreale — della nostra attuale politica.

C'è un brano a cui siete maggiormente legati?
Chiara Cesano - Ogni brano fa parte di un racconto vissuto in più fasi. Non riusciamo a preferirne uno in particolare: ognuno ha un frammento della nostra storia.

Avete in programma diverse date. Come si evolve il disco sul palco?
Robi Avena - Il disco muta, prende forma dal vivo. Cambia a seconda di ciò che accade attorno a noi e di quello che vogliamo trasmettere. È musica viva, non solo perché viene suonata dal vivo, ma perché vive solo nel momento stesso in cui accade.

Cosa bisogna attendersi da un vostro concerto?
Chiara Cesano - Un viaggio. Come quando da bambini sedevamo in macchina e guardavamo il mondo scorrere fuori dal finestrino. Una piccola finestra su un mondo lontano, ma allo stesso tempo familiare.

Quali sono i vostri prossimi progetti in cantiere?
Robi Avena – “Gris Cenre” è stato il punto di partenza, il modo per dare davvero vita a Lindal, per definirne l’identità e renderlo un progetto vivo e riconoscibile. Da lì si sono aperte tante strade: stiamo già lavorando a nuovi brani per un secondo album, con l’idea di approfondire e ampliare la nostra ricerca sonora. Intanto stiamo partendo con il tour estivo che, pur essendo il primo, si sta arricchendo ogni giorno di nuove date e nuove occasioni. Continuerà anche la collaborazione con Dunkelbunt, produttore viennese con cui abbiamo trovato una sintonia musicale naturale. Ha creduto in Lindal sin dal primo ascolto e ha lavorato con noi su “Carosel”, il nostro primo singolo. Stiamo già pensando a nuovi progetti insieme.


Lindal – Gris Cenre (Kanto Records, 2025)
Nella loro opera prima, “Gris Cenre”, il duo artistico Lindal – composto da Chiara Cesano al violino e Robi Avena alla fisarmonica – invita l'ascoltatore a intraprendere un viaggio nel loro raffinato universo musicale, in cui ogni suono rappresenta una soglia: tra memoria e immaginazione, passato e futuro, radici e visioni, corporeità e sogno. Il titolo, che in occitano significa “grigio cenere”, evoca immediatamente un'atmosfera sospesa, una condizione intermedia tra luce e oscurità, ma anche tra tradizione e sperimentazione. Il violino di Cesano si muove elegante riportandoci alla memoria le melodie delle valli occitane e antichi canti, mentre i mantici della fisarmonica di Avena ci travolgono facendoci volteggiare in un bal folk notturno, a tratti spezzando il ritmo con momenti di pura introspezione. La cifra stilistica del duo Lindal trova il suo elemento caratterizzante nell’uso dell’elettronica tra loop, campionatura e texture ambient che non sono semplici elementi decorativi, ma amplificano la potenza della loro musica, spingendola in una dimensione onirica e cinematica. L’approccio  alla musica del duo Lindal è quasi artigianale, fatto di ascolto, rispetto e cura del dettaglio. Ogni brano è un piccolo laboratorio emotivo, in cui il suono si fa materia viva, da modellare e restituire all’ascoltatore in una forma inedita. Sin dalle prime tracce, emerge con forza l’identità musicale del duo: una fusione sapiente tra i linguaggi della musica tradizionale occitana e le trame più visionarie dell’elettronica. Non si tratta di un semplice dialogo tra tradizione e innovazione, ma di una vera e propria reinvenzione, dove i suoni della terra si fondono con paesaggi sonori digitali, producendo un ibrido affascinante e mai scontato. Ad aprire il disco è il climax “Trecuèl” con il violino a guidare la linea melodica, sostenuto dalla cadenzata struttura ritmica dei beat elettronici. Si prosegue con le danze sospesa tra i chiaroscuri dell’elettronica di “Fadat” e il lirismo distopico della title-track. Se “Soau” è una ballata densa di poesia, nella successiva “Carosel” si cambia atmosfera per passare ai suoni di una festa di paese con il beat incessante dell’elettronica a sorreggere l’interplay tra violino e fisarmonica. Uno dei vertici del disco è “Eschapafuòl” dedicata al fiore alpino che simboleggia la resilienza, mentre più sperimentali sono le architetture sonore di “Calùs” e “Juat d'testa”.  “Lucy”, dedicata ad una partigiana delle valli occitane, ci accompagna verso il finale con la danza trascinante di “Dasnarìe” e una versione alternativa, e forse ancor più accattivante, di “Carosel” con la complicità del produttore austriaco Dunkelbunt, che chiude il disco. “Gris Cenre” è un disco intrigante che esce dai sentieri della tradizione musealizzata per misurarsi ad armi pari con le più recenti produzioni della scena musicale europea.


Salvatore Esposito

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