Più che una recensione quella che state leggendo è meglio definirla una recensione/intervista, perché il racconto di “ES/SÉ”, nuovo album di Edmondo Romano e Simona Fasano, primo per loro a doppia firma, oltre a basarsi sull’ascolto e la lettura delle note e dei testi, è arricchito da quanto a noi detto dai due artisti nel corso di una telefonata, in cui sono stati messi a fuoco e approfonditi aspetti quali il tema che sottende l’opera o i motivi delle scelte compositive, testuali, di arrangiamento ed interpretative fatte nel realizzare questo denso e ottimo lavoro. Per quanto riguarda il titolo e l’argomento dell’album, il doppio termine “ES/SÉ”, vuole rappresentare il dualismo tra la dimensione onirica ed inconscia (l’Es) e la dimensione della realtà esperienziale e della consapevolezza (il Sé). E se nei sogni si manifestano le paure, individuali e comuni -spesso archetipiche- che testimoniano un disagio interiore, è attraverso un percorso di presa di coscienza che vi è – o vi può essere – il superamento della crisi. Questo percorso di guarigione e liberazione viene compiuto nell’album da una parte presentando situazioni di disagio e malessere, ferite reali e psichiche, e dall’altra mostrando che le ferite dell’anima si possano guarire attraverso la musica e la voce, che possono aiutare ad affrontare e gestire il dolore, che è sì sintomo del malessere, ma anche segno del tentativo di riabilitazione in corso.
“Ogni brano” dice Simona Fasano “è nel contempo grido di dolore e liberazione da esso. E questo vale non solo per chi esegue il brano, ma anche per chi ascolta, che si trova nella condizione di chi assiste a un rito, o addirittura vi partecipa, insieme agli esecutori.”. Ed ancora: “Come accade in tutti i rituali la
musica di “ES/SÉ” stimola delle immagini in chi ascolta (così ci ha confermato chi ha assistito alla presentazione di alcuni brani). Le vibrazioni sonore aiutano l’ascoltatore nel suo processo di cura e liberazione, e non importa tanto la perfezione del suono emesso dagli strumenti o dal canto, quanto il colore delle emozioni che suscitano. Ed è su questo aspetto che noi abbiamo lavorato. Così accade ad esempio in “Impermanenza” in cui la voce, anche se non perfetta tecnicamente, si fa grido liberatorio, ed è anzi attraverso questa imperfezione che meglio si perviene alla guarigione”. In questo senso appaiono coerenti e logiche le scelte fatte da Romano e Fasano, come l’utilizzo di lingue diverse (italiano, inglese, francese, spagnolo e latino) per i testi delle canzoni. Tale scelta, oltre a simboleggiare l’universalità dei temi affrontati nell’album è stata fatta in quanto, come spiegano Romano e Fasano “Ogni lingua ha una sua musicalità, adatta a raccontare alcune emozioni meglio di altre. Così, ad esempio, lo spagnolo è stato scelto per “Enfado” perché presenta nel contempo morbidezze, in reazione alla rabbia, e asperità, che rimandano al dolore. In “Invisibilis” invece attraverso il latino si dà l’idea del rituale magico o religioso”. Questa varietà linguistica si rispecchia nella voce di Simona Fasano, che con duttilità passa da un cantato in stile operistico contemporaneo a un recitato, e spesso si riduce a pura vocalità, che può assumere toni ampi e fortemente evocativi come concentrarsi nella iterazione di formule vocali, a mo’ di mantra. Anche la scelta di costruire musicalmente i brani dell’album sui fiati e gli archi, questi ultimi in numero variabile da uno alla forma in quintetto, e di non includere strumenti ritmici a percussione non è casuale. I fiati e gli archi sono strumenti di origine arcaica, in cui la vibrazione generante il suono è indotta dal respiro o da un movimento che, così come esercitato nell’album, ha del respiro lo stesso andamento, così che i suoni che ne derivano sono in perfetta sintonia con la voce. In questo clima il pianoforte, presente in tre pezzi, rappresenta la contemporaneità e la dimensione esterna al
sé, facendosi medium per entrare in relazione con il mondo. D’altra parte, come ricorda Romano, il pianoforte è uno strumento dal funzionamento a percussione, con i martelletti che colpiscono le corde. Dal punto di vista stilistico l’album può essere inserito nell’ambito della musica contemporanea e minimalista, ma senza un riferimento preciso a una scuola o a un modello, quanto piuttosto a un clima, a un’idea di contemporaneità, come precisa Romano, che aggiunge: “Rispetto ad altri lavori, “ES/SÉ” si caratterizza per una composizione più lirica e più impostata sulla melodia, ed ha una più profonda impostazione contemporanea.” Non mancano però le suggestioni etniche e popolari, come in “Impermanenza”, brano giocato tra voci e archi in un dialogo a ritmo di danza che diventa un unico racconto nel finale. Continua a tal riguardo Romano: “È la tematica che ha determinato l’approccio musicale, in un rapporto fortemente complementare, in cui a volte è stata la musica a venire prima del testo, mentre in altri casi è stato il contrario” (d’altronde – nota di chi scrive – sono noti e complessi i rapporti tra psicanalisi e musica contemporanea). I due artisti parlano di rito anche a proposito del processo compositivo attuato in ogni bramo, anche se non tutti hanno seguito lo stesso percorso o richiesto lo stesso tempo per raggiungere la forma finale. Romano ricorda: “A volte un pezzo è nato di getto, a volte
a una prima registrazione in bozza ha seguito un periodo di riflessione e di dialogo tra noi, e magari una seconda registrazione, prima di quella definitiva”. Sull’importanza del dialogo nel processo creativo e della forma quasi rituale che in “ES/SÉ” ha assunto, Simona Fasano fa l’esempio di “Enfado”: “Rispetto all’idea che originariamente avevo sul come interpretarlo, il brano si è molto modificato. All’inizio lo cantavo secondo una modalità molto teatrale, che Edmondo giudicava eccessiva. Lui però non riusciva a spiegarmi a parole in che modo il brano andasse cantato. Poi egli stesso ne ha eseguito una parte e tutto si è chiarito. E il modo in cui siamo arrivati alla soluzione del problema ci ha convinto al punto che la prima parte della canzone è cantata da Edmondo, mentre io intervengo successivamente.” “ES/SÉ” arriva dopo due anni di lavoro, in cui ambedue gli artisti hanno riversato le molteplici esperienze (in parte comuni) fatte nei decenni passati in ambito teatrale e musicale. Per Simona Fasano poi l’album è giunto dopo un periodo di difficoltà e crisi, superato proprio grazie al potere di cura dell’arte e della musica (Fasano tiene da diversi anni dei corsi di “Arte e inconscio”). Il risultato sono dieci brani che vivono in uno spazio tra meditazione ed azione, tra interiorità ed esteriorità. Lasciando all’ascoltatore di scoprire la ricchezza di quegli spunti e suggestioni presenti in “ES/SÉ” e da noi non toccati o accennati in termini generali (il dualismo maschile-femminile, le 8 diverse ferite raccontate e i relativi riti di guarigione, la ricerca delle connessioni e del confronto) completiamo la descrizione dei brani dell’album partendo proprio dall’iniziale “Rose moon”, in cui il clarinetto fa da ponte tra l’arcaicità del coro e la modernità dell’inglese del testo. Ad essa segue “Mon jardin”, che da un inizio evocante un privatissimo spazio verde, musicalmente si apre, come rivolta verso orizzonti di leopardiana immaginazione. Del già citato “Enfado” ne evidenziamo l’intima dimensione e il suo andamento lento e notturno, impostato sui registri più bassi degli archi e impreziosito dagli inserti del chalumeau di Romano. “Passage” è brano più complesso, ma egualmente affascinante nell’equilibrio tra voce, clarinetto e violino. Ad esso l’elettronica aggiunge un carattere stellare, tanto che il brano nel suo sfumare ricorda una cometa che si allontana nello spazio. Di sapore orientale, in un viaggio tra Persia e Balcani, è invece la struttura di “Spazio vuoto”, con il
contrabbasso ribattuto e il successivo intervento del sax sopranino a portare il brano entro i territori del jazz. Jazz di cui espliciti echi si respirano anche in “La presenza”, grazie al pianoforte di Fabio Vernizzi, che si innesta su un suono d’archi e un canto minimalisti. Coerente con il suo titolo è poi “L’inconfessata processione” in cui la voce sembra cantare un inno e la musica ricorda l’incedere di una banda di paese nel corso di un evento religioso. Il tutto però ha un taglio contemporaneo che riduce all’essenza lo stile bandistico e lo stesso rito, allo stesso tempo e con efficacia trasfigurato ed evocato. Di sapore vagamente prog la conclusiva “Dolo-res”, in cui l’elettronica viene usata da Romano in funzione essenzialmente ritmica, su toni da piano. In un album così complesso e variegato negli echi e nei riferimenti era naturale che gli apporti musicali fossero affidati a musicisti e cantanti di diversa estrazione e formazione. Così, accanto a Simona Fasano e Edmondo Romano, che qui suona clarinetto, chalumeau, sax soprano, sax sopranino, low whistle e elettronica, troviamo il quartetto vocale specializzato in musica antica costituito da Karin Selva, Paola Cialdella, Vera Marenco e Giulia Beatini; dai musicisti classici Ilaria Bruzzone (viola), Roberto Piga e Alessandra Dalla Barba (violino), Kim Schiffo (violoncello) e Arianna Menesini (violoncello); dai jazzisti Fabio Vernizzi (pianoforte) e Riccardo Barbera (contrabbasso); dal bassista, flautista e cantante di prog Alessandro Serri. Ponendo al centro dell’album la ritualità, quasi naturalmente Romano e Fasano, che da circa quindici anni lavorano insieme per il teatro, hanno pensato a una trasposizione di “ES/SÉ” per il palcoscenico, che sarà messa in scena dalla Compagnia Teatro Nudo, e che prevede, concludono Romano e Fasano “un flusso unico di musica, di immagini e voci, per compiere così un rito collettivo”. Che è ciò che il teatro fa sin dalla antichità.
Marco G. La Viola
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