Selezionare venticinque brani da soli cinque anni. Ma quel quinquennio, musica compresa, nella seconda metà degli anni Settanta, ha cambiato la storia del Paese che allora si chiamava Rhodesia e che proprio dagli anni Ottanta ha cambiato il proprio nome in Zimbabwe. Ad Harare, i nuovi gruppi avevano cominciato a tessere insieme musica rock, funk, soul, reggae, la rumba congolese, la mbaqanga sudafricana, con i ritmi e le melodie locali in contrasto con il potere coloniale. È nel vicino Sudafrica che la Gallo Record offre la sponda che permette di registrare e distribuire i dischi di alcune band attive in Rhodesia: The Great Sounds, MD Rhythm Success, Afrique 73, The Hitch-Hikers, The Impossibles, O.K Success. Ma il panorama musicale era molto più vasto e se ne accorse la Teal Record Company che dal 1974 chiese al batterista Crispen Matema di cominciare a registrare i gruppi più promettenti della Rhodesia. Nell’immaginario collettivo rimane epica la Peugeot 504 con cui Matema si spostava, organizzando concerti e audizioni. Nell’arco di un anno, in un piccolo studio di registrazione della capitale, allora chiamata Salisbury, riuscì a produrre dischi emblematici coinvolgendo gruppi come The Baked Beans, Blacks Unlimited, New Tutenkhamen, The Acid Band, Echoes Limited, Gypsy Caravan. La Teal distribuiva i risultati attraverso le etichette Afro Soul, Afro Pop
e Shungu.
La Gallo Records poteva stare a guardare? No, e, infatti, si rivolse al sassofonista e produttore West Nkosi che cominciò la sua esplorazione dal Jamaica Inn Hotel e dall’incontro con Zexie Manatsa e The Green Arrows: il loro 45 giri “Chipo Chiroorwa”, a dicembre 1974, aveva già venduto oltre 25.000 copie, i primi in Rhodesia a guadagnarsi un disco doro. Poi arrivò il marketing legato alle pellicole cinematografiche statunitensi: a Novembre 1975 Nkosi chiese a The Green Arrows di registrare “Towering Inferno” ai Film Project Studios come omaggio a Paul Newman e un brano strumentale con la chitarra in bella evidenza, “No Delay”, dedicata a Steve McQueen.
Ma la svolta avvenne nel 1976 quando Teal cominciò a registrare (su nastri da un quarto di pollice) il cantante Thomas Mapfumo che si era unito ai Black Unlimited e a The Acid Band introducendo uno stile musicalmente e politicamente rivoluzionario che valorizzava la cultura e le melodie shona. Musica e lotta politica divennero note come Chimurenga, la lotta di liberazione. Va da sé che Zexie Manatsa e Thomas Mapfumo vennero identificati e imprigionati dalla PATU (Police Anti-Terrorist Unit).
Tuttavia, rimasero in libertà artisti del calibro di Tineyi Chikupo e l’intero Paese venne proclamato libero e indipendente il 18 aprile 1980. I venticinque brani selezionati da Analog Africa fotografano questo spirito di libertà, e permettono di ascoltare il sound di Mapfumo e Oliver Mtukudzi (The Black Spirits) in questa fase di transizione musicale in cui le linee melodiche della mbira potevano essere interpretate dagli strumenti elettrici, ma il metallofono stesso non veniva portato né sul palco, né in sala di registrazione. Di lì a breve proprio la mbira diventò protagonista di canzoni che non hanno rinunciato alla metafora e allo sguardo critico neppure nei confronti dei “liberatori”, specie da quando si sono piegati a Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. E l’album è un’occasione imperdibile per ascoltare gruppi meno noti all’estero, dai Gypsy Caravan (che cantano Soweto) ai The Storm a Mawonera Superstars a molti altri, compresa l’iconica “Viva Zimbabwe” della Dagger Rock Band.
Alessio Surian
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