Araz Salek – Peripheries of Nahavand (Worlds within Worlds, 2025)

Ancora un viaggio nel mar Mediterraneo a bordo di un tar che ci porta dalle sponde del mondo arabo verso quelle della Turchia, al timone l’iraniano Araz Salek sostenuto all’oud da una conoscenza recentemente incontrata come il produttore e polistrumentista spagnolo Efrén López. Il resto dell’equipaggio musicale di base è costituito dal suonatore di tombak Pedram Khavarzamini a cui si aggiungono Asare Shekarchi (voce), Aria Mohafez (santour), Derya Türkan (kemençe) e Houshmand Ebadi (ney), creando un sound stupefacente. Così la musica tradizionale iraniana del dastgāh incontra i maqām arabi e turchi nei sei brani che compongono l’album in un perfetto equilibrio di forma e contenuto musicale. “Pur avendo una formazione nella musica dastgāh iraniana, sperimento con forme compositive, cicli ritmici e modulazioni del repertorio turco e arabo”, dice Araz. “Peripheries of Nahavand”, in omaggio alle periferie della antica città persiana, è il nuovo album di Araz Salek da poco uscito per Worlds Whithin Worlds. Nahavand è anche il nome del maqm principale della Famiglia Nawalwand. La sua scala ha un sapore simile alla nostra scala melodica minore: do, re, mib, fa, sol, la, si do, sib, lab, sol (a parte il la che è bemolle e il si naturale). “Goshāyesh”, il brano iniziale, è di magistrale abilità e fascino in 11 ottavi (3+3+3+2), un manifesto dell’intero lavoro poiché rappresenta la ricerca di una metrica ciclica che unisce l’area geografica presa in considerazione, nonostante i ritmi dispari non siano molto comuni in Iran. “Ho sentito il makam Nahavand per la prima volta circa trenta anni fa, quando avevo 14 anni. Il nostro insegnante di Corano a scuola ci fece ascoltare una bellissima registrazione di Mustafa Ismail, un leggendario qari egiziano, e ci spiegò che era in makam Nahavand”, ci informa Azar. In realtà questa ricerca che va oltre la musica iraniana permea tute le tracce del discoed ‘ dovuta proprio alla sua frequenza del laboratorio Labyrinth, in particolare con Ross Daly, il suo ampliamento stilistico specialmente riguardo alla modalità, ai cicli ritmici e alle modulazioni. Il brano successivo “Âvâz” è di grande ispirazione, si basa su un maqām a metro libero ma gli affondi melodici sono molto incisivi profondi, tutta la sua maestria sul tar viene alla luce, a metà brano entra l’oud nel registro basso creando un groove che non fa sentire la mancanza delle percussioni. “Âshenâ” è un brano che comincia con una bellissima melodia del kemenҁe, strumento ad arco con tre corde diffuso in tutto il mediterraneo orientale e arrivato in Italia con il nome di lira calabrese; la melodia è subito dopo ripresa dal tremolo del Tar in unisono con gli altri strumenti. La tensione continua con l’entrata della voce femminile che staziona su dei toccanti abbellimenti della glottide sottolineata dagli strumenti melodici nei vari registri. Nella seconda metà riprende il kemenҁe, non più con una melodia strutturata ma con una delicata improvvisazione basata su suoni lunghi ad arco tenuto. Il brano si conclude con il tema cantato. “Chahârmezrâb & Adjem Nahâvand” con un movimento molto veloce terzinato del tar con l’oud e del santour in funzione ostinatamente ritmica insieme con le percussioni. Nella seconda parte il brano acquista un andamento molto pacato, come d’altra parte annuncia il suo stesso titolo esso è proprio diviso in due maqam, molto raffinati gli interventi del ney, un flauto ad imboccatura libera. A questo strumento è affidato l’inizio del brano successivo che poi fa da contrappunto all’entrata della voce. “Ghazal” viene introdotto che apre la pista ad una struggente melodia cantata con frequenti ornamenti. Il penultimo brano, “Reng”, si presenta come un lungo maqam a metro additivo strumentale e cantato ma nella parte finale si stabilizza su un metro piè regolare e pulsativo. Il cd si conclude in modo ciclico con la riproposta del brano iniziale. I sei brani che compongono l’album sono infatti splendidamente equilibrati, maturi e godibili. Gli appassionati, sia di musica classica orientale e del mondo arabo, ottomano e iraniano, sia di world music in generale troveranno questo disco di grande interesse e emozione a ogni ascolto. Sicuramente conquisterà un posto d’onore tra le uscite più recenti. 


Francesco Stumpo

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