Abel Selaocoe – Hymns of Bantu (Warner, 2025)

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Torna Il violoncellista, cantante e compositore sudafricano Abel Selaocoe che avevamo incontrato nel 2022 in occasione del suo toccante ed energetico primo lavoro solista “Where Is Home (Hae ke Kae)”. Suonano con lui nel nuovo, generoso, album gli archi del Manchester Collective, Fred Thomas al piano, alle percussioni, e in veste di produttore, Alan Keary al basso elettrico, Sidiki Dembele e Dudù Kouate alle percussioni. A 15questions Selacoe ha raccontato che “l’album ‘Hymns of Bantu’ ha iniziato a prendere forma ricordando la musica della chiesa che la mia famiglia amava cantare. Alcune di queste canzoni hanno viaggiato con me da quando sono nato: a loro mi rivolgo nei momenti di difficoltà o per celebrare i momenti di gioia”. Fin dal brano di apertura, l’inno sudafricano “Tshole Tshole”, Abel Selaocoe si rivolge agli antenati, africani ed europei, viaggia attraversa secoli e continenti e connette passato e presente nell’intrecciarsi del registro tenore della sua voce e del violoncello, mentre le percussioni si mescolano agli archi come se la musica da camera fosse stata costruita fin dall’inizio a partire da schiocchi di pelli e metalli. Introdotto dal basso, il brano successivo, “Emmanuele” dispiega l’originalità del compositore e dell’ensemble, capace di far montare con naturalezza un'onda spirituale e festosa: “‘Emmanuele’ deriva dall'omonimo inno sudafricano – il nome Emmanuel indica Gesù o Dio, il Creatore – ed è dedicato alle persone che lavorano con le mani. Spesso vengono ignorate, eppure creano il mondo di cui tutti facciamo parte.  Il brano segue la tradizionale 
armonia occidentale a quattro parti, ma incorpora un ritmo africano, iniziando con una semplice linea di basso e crescendo in modo da far ballare”. Maggiore spazio per l’improvvisazione è conferito da brani come “Kea Morara” e “Dinaka”, capaci di pause e cambi di passo in chiave ritmica, utili a far apprezzare l’ampia paletta e ricchezza di timbri, voce compresa. La dimensione più introspettiva arriva nel dialogo con composizioni legate al ruolo della viola da gamba e del violoncello nel repertorio classico europeo, dall’arrangiamento per archi di Thomas della Sarabanda di J.S. Bach, dalla Suite No. 6 in D Major, BWV 1012, al brano del 1701 di Marin Marais “Les Voix Humaines” con Selaocoe che innesta il suo canto sulle linee dele violoncello; e ancora con i due movimenti tratti dai “L.B. Files” che Giovanni Sollima ha dedicato a Luigi Boccherini, colonna sonora di un immaginario mini-film sul compositore del XVIII secolo. Ma, fra Bach e Marais c’è il gioiello “Dinaka” che, per quattro minuti, sospende la trama degli archi e fonde mirabilmente metalli, voci e tastiere. E subito prima di Boccherini, con “Makamba” Selacoe ci offre un esempio dei significati racchiusi nel termine “moya”, utilizzato in Sudafrica per indicare quei momenti di improvvisazione o di preghiera, il sorgere di un'idea che fa sì che la mente non si spinga temporaneamente né nel passato né nel futuro, ma rimanga a coltivare e far sbocciare proprio quell’idea, saggiandone le molteplici mutazioni e vibrazioni. 


Alessio Surian

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