Abel Selaocoe – Where Is Home (Hae Ke Kae)(Warner, 2022)

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Yo-Yo Ma, Colin Alexander e Abel Selaocoe? Sì, i tre maestri del violoncello suonano tutti insieme, nell’album “Where Is Home” di Abel Selaocoe. Nato nel 1992 a Sebokeng, una township a sud di Johannesburg, il percorso di Selaocoe con il violoncello è iniziato frequentando con il fratello maggiore Sammy la scuola dell'African Cultural Organisation of South Africa a Soweto. Nel 2010 si iscrive al Royal Northern College of Music di Manchester e nel 2016 da vita al Chesaba trio, specializzato in musiche del continente africano, con cui ha arrangiato anche varie sue composizioni. Le sue collaborazioni spaziano attraverso i generi e gli artisti: Bernhard Schimpelsberger, Tim Garland, Seckou Keita, Giovanni Sollima, Famoudou Don Moye e Gwilym Simcock. La più profonda e duratura è con il Manchester Collective (presente anche nell’album) con cui ha prodotto lo spettacolo “Sirocco”, protagonista dei migliori palcoscenici britannici fin dal 2019. “Where Is Home” è il suo album d’esordio, con il pianista e produttore Fred Thomas e diversi ospiti come Alice Zawadzki; Yo-Yo Ma e Colin Alexander lo raggiungono in “Ibuyile iAfrica” ("L'Africa è tornata" in lingua isiZulu): Selaocoe sceglie di aprire l’album proprio con questo arrangiamento di un inno tradizionale, un canto che ai tempi dell’apartheid incoraggiava alla lotta per sconfiggere il regime.  La voce e le mani di Selaocoe, lungo i sedici brani, imprimono, allo stesso tempo,
sia alcuni tratti timbrici, lirici e ritmici distintivi che legano repertori apparentemente molto distanti, sia, soprattutto quando è in gioco il violoncello, la capacità di evocare strumenti e geografie diverse: con “Zawose” ci sembra di ascoltare un arioso “zeze” tanzaniano a una corda; in “Seipore” sfodera un affinato e ampio repertorio improvvisativo; “Ka Bohaleng (On the Sharp Side)”, dedicata alle madri, richiama virtuosisticamente la dimensione polifonica in compagnia di Chesaba e degli archi del Manchester Collective; a “Lerato” regala la giusta pulsazione percussiva. Al canto Selaocoe rivela una straordinaria voce di baritono, un massaggio sonoro che può raggiungere bassi molto profondi grazie al canto di gola che contraddistingue il repertorio Xhosa. Nell’album c’è spazio anche per la musica barocca europea del XVIII secolo con una sonata per violoncello di Giovanni Benedetto Platti, la Sonata Nr. 7 D major, I. 84, qui inframezzata da interventi improvvisati e punteggiata dal dialogo fra la kora dell'Africa occidentale e la tiorba. Di J.S. Bach vengono interpretate due sarabande tratte dalla Suite numero 3 in do maggiore, BWV 1009 e dalla Suite numero 5 in do minore, BWV 1011 con Selaocoe che oltre a suonare il violoncello offre con la sua voce un delicato controcanto a evocare quel che faceva sua madre quando si esercitava a casa. Qhawe (che significa “eroe”) è dedicata, da un lato, al deserto, al trovare sollievo con l’arrivo della pioggia e, dall’altro, al nipote di Selaocoe, che lui chiama “il tonico della famiglia”: “Quando attraversiamo un momento difficile, spesso ci rivolgiamo alla pioggia, con un richiamo e una risposta, chiamando e rispondendo. Chiediamo sollievo rispetto alla lotta e un salvatore per tutti i nostri problemi. Mio nipote ha portato vita alla famiglia con la sua nascita, la sua gioia e la sua forza". Il brano ha una triplice ispirazione musicale: al ritmo “takanba” dell'Africa occidentale, alla danza degli Tswana dell'Africa australe e alla musica di chiesa nelle townshi, quando “le persone si dimenano fino a perdere coscienza, danzando con i piedi”


Alessio Surian

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