L’8 novembre 1982, alle 00.30 circa, la voce di Stefano Bonagura diede inizio a Rai Stereonotte, uno dei programmi radiofonici più seguiti ed importanti della storia della radiofonia pubblica italiana. Un programma per chi vive e lavora di notte, strutturato in quattro turni affidati di volta in volta a conduttori diversi che ben presto, vista la popolarità sempre più crescente del programma, divennero delle vere e proprio voci amiche, compagni di esperienze di ascolto notturne e di viaggi nel suono.
Ma facciamo un piccolo passo indietro: com’era l’Italia radiotelevisiva del 1982? L’Italia di quel tempo era un paese in cui, di notte, l’unica voce del sistema pubblico radiotelevisivo era soltanto quella dei canali della filodiffusione consentendo, quindi, che l’etere notturno divenisse campo aperto per le emittenti private, in quegli anni ancora locali per via del divieto legislativo vigente a trasmettere su tutto il territorio nazionale, emittenti le quali avevano via via guadagnato una sempre più crescente popolarità per la varietà dell’offerta e per uno stile di conduzione meno ingessato, rispetto a quello dei canali pubblici nazionali.
L’idea di Pierluigi Tabasso, coraggioso dirigente dell’epoca, fu quella di creare un team di giovani appassionati di musica, giovani voci prese tra le radio private, e di dar loro la massima libertà in quanto a scelte musicali e modalità di conduzione. Cinque conduttori che si alternavano in quattro turni (uno dei cinque riposava) secondo un criterio di turnazione fluido grazie al quale era pressoché impossibile trovare per due notti di seguito la stessa voce alla stessa ora.
Ciò che quindi si alternava non era soltanto la voce ma anche la personalità (tutte ben marcate e definite), la scelta musicale, lo stile di conduzione, la capacità di affrontare quella materia affascinante ed oscura che è la notte, momento in cui tutte le note, di qualsiasi autore o genere, suonano in maniera diversa.
Quelle note, quelle voci, che divennero la perfetta compagnia per lavoratori notturni, studenti, insonni, viaggiatori, appassionati e chiunque altro volesse, a qualsiasi ora della notte, ascoltare qualcosa di diverso, di meno usuale. Fu quindi naturale che il sempre più crescente numero di ascoltatori cominciasse ad affezionarsi e ad eleggere il proprio conduttore preferito: c’era chi preferiva il jazz di Fabrizio Stramacci, chi la black music di Alberto Castelli come chi invece amava l’inconfondibile stile di Lucio Seneca e chi la poliedricità ed i suoni estremi di Emiliano Licastro. Rai Stereonotte entrò nella quotidianità di tantissimi italiani, divenne il posto dove ascoltare i suoni nuovi, l’appuntamento di ogni notte, il mezzo col quale approfondire le proprie conoscenze musicali, il momento dove poter viaggiare con la mente tra suoni e suggestioni cinematografiche e/o letterarie ma anche, più semplicemente, l’amico
che ti viene a prendere di notte per l’ultimo giro prima di andare a dormire. Un amico che ritrovavi tutte le notti. Un appuntamento così importante che in molti, pur di non perdere neanche una di quelle storie notturne, cominciarono a registrare su audiocassetta le trasmissioni per poi riascoltarle con calma di giorno.
In un panorama radiofonico come quello odierno in cui la scelta della musica da mandare in onda è precompilata e lo speaker è colui il quale deve intrattenere il pubblico in maniera brillante, con ironia e battute pronte, pensare che ci siano stati dei ragazzi che hanno popolato la notte portandosi i dischi da casa e raccontando al microfono storie e suoni provenienti da ogni angolo del mondo, rende ancora meglio l’idea dell’unicità di Rai Steronotte e di quanto l’esperienza di quegli anni, dal 1982 al 1995, abbia costituito una vera e propria operazione culturale.
Che senso ha oggi parlare di Rai Steronotte? Il mondo dei media è cambiato in maniera così radicale che ci si chiede se parlare di un programma radiofonico cominciato circa 40 anni fa sia o meno una semplice, seppur suggestiva, operazione nostalgia o se invece ci sia qualcosa di più.
Di certo, in quegli anni, per ascoltare un certo tipo di musica o scoprirne di nuova, l’unico modo era quello di sintonizzarsi su determinate frequenze o di acquistare dei magazine ben precisi mentre oggi basta aprire un browser ed il gioco è fatto per cui è logico dedurre che ciò che manca non è il materiale, non sono le note, quanto invece quel preciso modo di accendere la curiosità, quel modo di sapersi porre con garbo vicino l’ascoltatore e guidarlo.
Una modalità ed uno stile che ha fatto che negli anni si creasse una vera e propria comunità di Stereonotte la quale, grazie anche all’avvento dei social network, si è via via riunita contattando i conduttori dell’epoca, organizzando manifestazioni, condividendo esperienze e ricordi.
Giampiero Vigorito, una delle voci più amate di quegli anni, ha riunito e raccolto le testimonianze di ascoltatori, conduttori e tecnici nel bellissimo “Rai Stereonotte il libro” (Iacobelli Editore) mentre parte delle audiocassette dell’epoca è tornata a vivere ed a restituire quelle suggestioni notturne grazie al sito www.viapo14.it.
Rai Radio Techete', canale tematico che trasmette una programmazione di documenti audio riguardanti la storia di Radio Rai, ha dedicato un ampio speciale a Rai Stereonotte con una serie di interviste e programmazioni dedicate per cui si può tranquillamente affermare che si è ben oltre la semplice e passeggera nostalgia.
Pierluigi Tabasso ci aveva visto lungo: aveva capito che soltanto svecchiando le voci della Radio nazionale ed affidando i microfoni alla passione di singoli e diversi speaker, si sarebbe potuto offrire al
variegato popolo notturno degli ascoltatori un’originale esperienza d’ascolto, un viaggio che cominciava ogni notte con Il Giornale della Mezzanotte e terminava all’alba con il Giornale dall’Italia. Provate ancora oggi ad ascoltare una di quelle voci, fatelo senza preconcetti e capirete che quell’idea, quel progetto, non ha età né scadenza: ancora oggi vi ritroverete attenti e rapiti da quelle note e da quello stile. Ancora oggi ripartirete con quei suoni come se il tempo non fosse mai passato.
Giovanni de Liguori
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