Quei compositori ottocenteschi che si ispiravano alla “musica etnica”: il caso di Alfonso Rendano e Luigi Giuseppe Montanari

Note a margine della pubblicazione degli Atti del Convegno “Alfonso Rendano: il pianoforte tra Otto e Novecento” a cura di Francesco Paolo Russo e Paolo Sullo, tenutosi il 19 Dicembre 2024 a Villa Rendano, Cosenza.
 

Alla fine dell’Ottocento, sotto la spinta dei nuovi ideali dettati dal Romanticismo, nacque quel movimento musicale conosciuto come Scuole Nazionali, nel corso del quale i compositori traevano linfa dalle culture popolari, andando così a infoltire il loro canonico repertorio. L’elenco dei loro nomi sarebbe troppo lungo da fare in questa sede. Tale tendenza non risparmiò ovviamente l’Italia, assumendo delle connotazioni regionalistiche, anche in questo caso c’è un affollato elenco costituito da moltissime opere e compositori. Affronto l’argomento in occasione dell’uscita e della presentazione degli Atti di un importante convegno internazionale di studio, dedicato alla figura del pianista e didatta cosentino Alfonso Rendano (1853-1931), tenutosi a Cosenza dal 3 al 5 dicembre 2021 nella monumentale Villa Rendano. Il convegno è stato realizzato grazie all’apporto finanziario del Ministero della Cultura e della Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania. Rendano istaurò personali rapporti con Franz Liszt, con gli allievi di Abrahams e con il celeberrimo direttore d’orchestra Hans von Bulo; fu uno dei pochissimi pianisti italiani ad essere accettati negli esclusivi circoli della musica tedesca alla fine dell’Ottocento. L’evento della presentazione si è tenuto lo scorso 19 dicembre 2024, sempre a Villa Rendano, esattamente tre anni dopo il convegno. Il volume è l’ultimo nato della collana dell’IBIMUS Calabrese, presieduto attualmente dal professor Annunziato Pugliese, che da decenni anni promuove convegni di studio, riscoprendo compositori calabresi e pubblicandone poi gli atti, oltre alle edizioni critiche delle musiche di quei compositori. Dopo i saluti del presidente della Fondazione Giuliani, dottor Walter Pellegrini e la chiara prolusione del professor Antonio d’Elia, presidente dell’Accademia Cosentina e del Museo Civico di Cosenza che ospita il corposo ‘Fondo Rendano, il professor Marco Targa
(Università della Calabria) ha dialogato con i due curatori, il professor Francesco Paolo Russo (vice presidente dell’IBIMUS) e il professor Paolo Sullo (Conservatorio di Frosinone). A seguire c’è stato un concerto della pianista Ida Zicari che ha eseguito musiche di Chopin e dello stesso Rendano. In questa sede mi soffermo su un aspetto particolare della produzione rendaniana, ovvero quella delle influenze della musica popolare calabrese sul compositore, affiancandola a quella di un’altra figura di compositore per alcuni aspetti a lui speculare: Luigi Giuseppe Montanari (1853-1931) Ho trattato i relativi contenuti in modo approfondito nel mio contributo presente nel volume “ I canti augurali e di questua come materiale compositivo nell’Ottocento: l’esempio calabrese di Alfonso Rendano e marchigiano di Luigi Giuseppe Montanari”. Entrambi i musicisti hanno avuto la loro formazione nella centripeta Napoli, arrivando l’uno da Cosenza, l’altro da Fermo. A parte questo elemento geografico, i due compositori ebbero altri punti di contatto, come la visione anche pedagogica della musica e la riscoperta appunto del patrimonio musicale del territorio di appartenenza, aspetto che in entrambi andava ben al di là della tendenza europea a cui si accennava e, con diverse modalità, rappresentò una vera e propria riappropriazione della forte e intima identità musicale. Entrambi hanno scelto come luogo compositivo eletto i canti augurali e di questua del periodo natalizio: la Pasquella, il marchigiano e la Strenna, il cosentino. Il corpus delle Pasquelle di Montanari si quantifica in una decina di Pasquelle, la maggior parte delle quali rielaborate in senso corale polifonico, i cui testi sono originali e in italiano. Avevano una destinazione didattica esplicata e pratica nel liceo musicale di Fermo di cui Montanari era direttore, altre Pasquelle erano invece destinate a strumentisti del liceo e alle prestigiose bande musicali dei paesi limitrofi a Fermo. La produzione di Rendano influenzata dalla musica popolare risulta invece più varia e ampia e in essa il riferimento a quella musica è spesso nominalmente esplicito, come nel caso della Sonata Caratteristica”, per pianoforte dove compaiono titoli come “Alla calabrese (Strenna di Capodanno), Andantino Pastorale (che ho fatto risalire a una pastorale per zampogna e pipita dell’area grecanica calabrese) e Tarantella. Il
brano intitolato “Gavotta”, aggiunge “alla calabrese”: da un incipit di sei suoni sono riuscito a risalire al canto d’amore a cui si è ispirato e che a conferma ho ritrovato nella raccolta di canti popolari di Armando Muti, un altro compositore cosentino. Un altro brano si intitola programmaticamente “Il montanaro calabro” e nelle “Variazioni su un tema calabrese” per pianoforte, in cui è evidente il sapore della musica calabrese non sono riuscito però ancora a risalire a nessuna canzone di origine particolare e, a quel punto, ho provato a ricostruire un testo ex novo. Il riferimento etnico rimane in Rendano altre volte implicito, come nello Scherzo di una delle sue opere più canoniche come il Quintetto per pianoforte e archi, in cui inaspettatamente compare un tema spiccatamente calabrese che ho fatto risalire ad uno stile di canto detto “alla disperata”. D’altra parte egli scrive in quel punto della partitura un testo in versi in dialetto. Rendano non musicò però mai dei testi dialettali e a questo punto è lecito chiedersi il perché, probabilmente non voleva confondersi con la miriade di autori napoletani, in primis Cottrau, che hanno costruito il loro repertorio su questo filone. 

Francesco Stumpo

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