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Il Mississippi è lo Stato col livello più alto di povertà pro-capite negli Stati Uniti, al secondo posto quanto a tasso di incarcerazione della sua popolazione. Sei carcerati su dieci sono afrodiscendenti (mentre sono il 40% della popolazione totale). Il film di Malcolm Washington “The Piano Lesson” (2024), ambientato negli anni Trenta, è tornato recentemente sulla prigione come “rito di passaggio” per questo numero esorbitante di persone, con una toccante versione a tre voci di “Berta”, già al centro delle registrazioni di Alan Lomax ottant’anni fa nel carcere Parchman. Nel disegnare la sua mappa delle voci che meritano di essere ascoltate, Ian Brennan è riuscito a visitare il carcere di Parchman a febbraio del 2023, documentando in due ore di registrazioni una straordinaria musicalità da parte di persone non considerate musiciste. Nell’autunno dello stesso anno ne ha tratto un primo album, “Some Mississippi Sunday Morning”. Per la stessa etichetta, Glitterbeat, Brennan ha selezionato altri tredici brani da quattro ore di registrazioni realizzate nello stesso penitenziario a inizio del 2024 insieme alla fotografa e regista Marilena Umuhoza Delli. Rispetto alle registrazioni degli anni Trenta e Cinquanta del secolo scorso, Brennan marca una distanza dagli intenti di documentazione dei repertori popolari: “Alan Lomax e suo padre John si consideravano cercatori di canzoni. Per me sono più importanti la fedeltà e la presenza delle voci. Mi interessa documentare la vita. Quindi, mettere in primo piano le persone coinvolte e collocarle nella luce più onesta e migliore possibile; questo è prioritario, non cercare di preservare qualcosa di ‘tradizionale’”; buoni motivi per registrare dal vivo, senza sovraincisioni e per privilegiare la prima registrazione, senza far ripetere i brani, spesso cantati a cappella, o accompagnati da piano, organo, percussioni. Ai tredici brani dell’album hanno partecipato dodici uomini fra i ventitré e i settantaquattro anni, tre di loro condannati all’ergastolo. La metà delle persone coinvolte erano state internate di recente e non avevano partecipato alla seduta di registrazione dell’anno precedente. Allora cappellani e polizia penitenziaria avevano assistito alle registrazioni, mentre nel 2024 non hanno presenziato. “Una parte delle persone già registrate nel 2023 si sono molto coinvolte questa volta” ha notato Brennan. “Hanno trovato motivazioni a scrivere canzoni in prima persona e le avevano già composte prima che io arrivassi. Un paio di loro erano molto motivati a cantare tutte le canzoni”. Fra quelle improvvisate, il lento “Parchman Prison Blues” è stato l’ultimo ad essere registrato al termine delle quattro ore a disposizione: sei voci si uniscono per dar voce, senza parole, al senso di nostalgia e di sofferenza; nella scaletta dell’album è posta in apertura, filo conduttore di un repertorio che trae linfa dal gospel, soprattutto per la seconda metà dei brani, così come dall’hip-hop. È seguita da un momento emblematico che vede protagonista il sessantasettenne J. Hemphill, incarcerato appena ventenne: si è scatenata una tempesta con tuoni e potenti rovesci proprio mentre, accompagnato dal pianoforte acustico, intonava “Open the Floodgates of Heaven (Let It Rain)”. La tenerezza con cui canta trascende la versione originale e segna una toccante distanza rispetto al contesto quotidiano della prigione. Fra i primi brani spicca quello realizzato da due trentenni, il beatboxer, minimalista, L. Stevenson e il rapper J. Robinson (che rischia l’ergastolo): intrecciano nel loro racconto elementi spirituali e personali, immaginando che lo Spirito Santo “balli come MC Hammer”. parchmanprisonprayer.bandcamp.com/album/another-mississippi-sunday-morning
Il Mississippi è lo Stato col livello più alto di povertà pro-capite negli Stati Uniti, al secondo posto quanto a tasso di incarcerazione della sua popolazione. Sei carcerati su dieci sono afrodiscendenti (mentre sono il 40% della popolazione totale). Il film di Malcolm Washington “The Piano Lesson” (2024), ambientato negli anni Trenta, è tornato recentemente sulla prigione come “rito di passaggio” per questo numero esorbitante di persone, con una toccante versione a tre voci di “Berta”, già al centro delle registrazioni di Alan Lomax ottant’anni fa nel carcere Parchman. Nel disegnare la sua mappa delle voci che meritano di essere ascoltate, Ian Brennan è riuscito a visitare il carcere di Parchman a febbraio del 2023, documentando in due ore di registrazioni una straordinaria musicalità da parte di persone non considerate musiciste. Nell’autunno dello stesso anno ne ha tratto un primo album, “Some Mississippi Sunday Morning”. Per la stessa etichetta, Glitterbeat, Brennan ha selezionato altri tredici brani da quattro ore di registrazioni realizzate nello stesso penitenziario a inizio del 2024 insieme alla fotografa e regista Marilena Umuhoza Delli. Rispetto alle registrazioni degli anni Trenta e Cinquanta del secolo scorso, Brennan marca una distanza dagli intenti di documentazione dei repertori popolari: “Alan Lomax e suo padre John si consideravano cercatori di canzoni. Per me sono più importanti la fedeltà e la presenza delle voci. Mi interessa documentare la vita. Quindi, mettere in primo piano le persone coinvolte e collocarle nella luce più onesta e migliore possibile; questo è prioritario, non cercare di preservare qualcosa di ‘tradizionale’”; buoni motivi per registrare dal vivo, senza sovraincisioni e per privilegiare la prima registrazione, senza far ripetere i brani, spesso cantati a cappella, o accompagnati da piano, organo, percussioni. Ai tredici brani dell’album hanno partecipato dodici uomini fra i ventitré e i settantaquattro anni, tre di loro condannati all’ergastolo. La metà delle persone coinvolte erano state internate di recente e non avevano partecipato alla seduta di registrazione dell’anno precedente. Allora cappellani e polizia penitenziaria avevano assistito alle registrazioni, mentre nel 2024 non hanno presenziato. “Una parte delle persone già registrate nel 2023 si sono molto coinvolte questa volta” ha notato Brennan. “Hanno trovato motivazioni a scrivere canzoni in prima persona e le avevano già composte prima che io arrivassi. Un paio di loro erano molto motivati a cantare tutte le canzoni”. Fra quelle improvvisate, il lento “Parchman Prison Blues” è stato l’ultimo ad essere registrato al termine delle quattro ore a disposizione: sei voci si uniscono per dar voce, senza parole, al senso di nostalgia e di sofferenza; nella scaletta dell’album è posta in apertura, filo conduttore di un repertorio che trae linfa dal gospel, soprattutto per la seconda metà dei brani, così come dall’hip-hop. È seguita da un momento emblematico che vede protagonista il sessantasettenne J. Hemphill, incarcerato appena ventenne: si è scatenata una tempesta con tuoni e potenti rovesci proprio mentre, accompagnato dal pianoforte acustico, intonava “Open the Floodgates of Heaven (Let It Rain)”. La tenerezza con cui canta trascende la versione originale e segna una toccante distanza rispetto al contesto quotidiano della prigione. Fra i primi brani spicca quello realizzato da due trentenni, il beatboxer, minimalista, L. Stevenson e il rapper J. Robinson (che rischia l’ergastolo): intrecciano nel loro racconto elementi spirituali e personali, immaginando che lo Spirito Santo “balli come MC Hammer”. parchmanprisonprayer.bandcamp.com/album/another-mississippi-sunday-morning
Alessio Surian
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