Mississippi: quasi un secolo separa la prima volta che Alan Lomax e Ian Brennan hanno messo piede nell’istituto penitenziario di massima sicurezza Parchman Farm. Lomax aveva diciassette anni quando vi entrò nel 1932 accompagnando il padre John con cui avrebbe documentato i canti a cappella dei detenuti per la Library of Congress. Alan Lomax vi tornò e registrò (compreso Leadbelly) nel 1947, nel 1948 e nel 1959. In quelle melodie continuano a risuonare i canti di lavoro impregnati delle condizioni di schiavitù nelle piantagioni del Delta del Mississippi: 44 sono stati raccolti e pubblicati nel 2014 con il titolo “Parchman Farm: Photographs and Field Recordings, 1947–1959”, accompagnati da un testo di 124 pagine con scritti di Alan Lomax, Anna Lomax Wood e Bruce Jackson e decine di fotografie scattate da Alan Lomax. Tornarci oggi non è facile. Ci sono voluti tre anni di procedure burocratiche prima che Ian Brennan potesse avere il permesso di registrate (ma solo audio, non immagini) nel febbraio scorso, una domenica mattina. “Non avevo dubbi che le voci sarebbero state avvincenti. Ma quegli uomini hanno superato in modo astronomico le mie aspettative con la profondità e le sfumature, e spesso con il virtuosismo, del loro canto”, ricorda Brennan, non nuovo a registrazioni in carcere: per la Six Degrees Records aveva già pubblicato nel 2015 l’album “Zomba Prison Project”, realizzato in Malawi.
Con oltre 2 milioni di detenuti, gli Stati Uniti sono attualmente al primo posto nel mondo sia per il numero totale, sia per la loro percentuale rispetto alla popolazione totale. Il Mississippi ha il secondo tasso di incarcerazione più alto del Paese. Il penitenziario Parchman è stato fondato nel 1901, è il più antico del Mississippi e ha uno dei tassi di mortalità dei detenuti più alti della nazione; nel carcere si verificano numerose rivolte. Parchman si trova poco a nord di Money, dove il giovane Emmett Till fu tristemente torturato e linciato nel 1955. Quasi accanto al carcere si trova il Delta Blues Museum di Clarksdale, vicino al luogo in cui è cresciuto Muddy Waters e in cui sono nati Sam Cooke e Ike Turner, in cui è morta Bessie Smith e al crocevia in cui Robert Johnson avrebbe venduto l'anima al diavolo.
La prigione occupa 7252 ettari, compreso un cimitero; ospita il braccio della morte del Mississippi sia per gli uomini, sia per le donne. La maggior parte delle quindici canzoni raccolte nell’album sono canti gospel conosciuti che qui vengono spesso trasformate e portati distanti dal materiale di partenza. Ian Brennan considera questa esperienza positiva anche come occasione di “integrazione tra detenuti bianchi e neri, le cui funzioni religiose si svolgono spesso separatamente a causa delle tensioni razziali. Mentre gli uomini si abbracciavano e si salutavano, il cappellano Sidney ha
detto: ‘La realizzazione di questo disco ha portato agli uomini di Parchman l'incoraggiamento e la speranza di cui hanno bisogno’”.
Aggiunge Ian Brennan: “La voce di un uomo era così profonda che sembrava il canto del fiume Mississippi, come se Barry White fosse un soprano. Un altro ha cantato un rap sulla vergogna che prova per aver causato dolore a sua madre e ad altri a causa delle sue azioni. Un altro era un ex cantante ‘rock and roll’ di 73 anni che era sopravvissuto alla prigione, era diventato cappellano e aveva trovato Dio. Il suo mantra era: ‘Devi uscire di prigione finché sei ancora in prigione’. Sembrava avvolto in un velo di tristezza. Queste erano voci libere, anche se solo per quelle poche ore. Esprimevano un'ampiezza vocale di libertà altrimenti negata e confinata”. Infiniti sono gli spunti: dal mantra “I Give Myself Away, So You Can Use Me” che offre un centro “soul” di gravità permanente a “Solve My Need” in cui M Palmer mette in vibrazione inaudite profondità gravi. Solo nella conclusiva “Lay My Burden Down” troverete il “gospel choir” così com’è entrato nell’immaginario collettivo.
Alessio Surian
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