Luca di Luzio – Never Give Up (Jazzlife Records, 2022)/Luca Zennaro – Altera Limes (Caligola Records, 2023)/Francesco Fiorenzani – Klondike (Honolulu Records HR25, 2023)

A guardare il numero di dischi che mensilmente vengono pubblicati verrebbe da dire che la scena jazz di casa nostra è viva e vitale. Spesso, però, si tratta di album dal tratto didascalico, utili come souvenir da concerto, ma dalla limitata portata innovativa. In questo mare magnum di produzioni, non è raro imbattersi in lavori degni di nota e, in questo caso, siamo di fronte a tre album che mettono al centro la chitarra, esaltandone le potenzialità espressive in relazione ad organici differenti con i quali li ascoltiamo esplorare territori differenti del jazz. 
Dallo standing internazionale e certamente dalla assoluta godibilità è “Never Give Up”, secondo album come leader del chitarrista e compositore Luca di Luzio, per l’occasione, alla guida di una formazione stellare composta dal produttore e arrangiatore George Whitty (tastiere), Randy Brecker (tromba), Alain Caron (basso elettrico) e Rodney Holmes (batteria), a cui si aggiungono i fiati di Luca Quadrelli (sax tenore), Manuel Trabucco (sax alto), Massimo Morganti (trombone) e Andrea Guerrini (tromba). Rispetto al precedente “Globetrotter” del 2019, questo nuovo album ne amplia il raggio della ricerca stilistica e sonora, consegnandoci nove brani originali, caratterizzati da un originale approccio compositivo e da ricercate soluzioni ritmiche e timbriche, il tutto impreziosito da arrangiamenti che incrociano le sonorità mediterranee con funk, blues e jazz. Ad aprire il disco è “Second life” con la chitarra di Di Luzio a tessere il tema su cui si innestano gli interventi della tromba di Brecker e della sezione di fiati. Se “Fishing In Paradise” ci conduce nei territori della fusion con echi latin a fare capolino nella ritmica, la title track è evocativo blues in cui giganteggia la chitarra nell’interplay con la tromba e i fiati. Si prosegue con l’introspettiva ballad “Verso sera” con i fiati e la chitarra a tessere la melodia, ma il vertice del disco arriva con l’omaggio a Ray Charles con “The Genius”, un brano dal groove potente e serrato in cui si apprezza la perfetta interazione tra quintetto e sezione di fiati. Si torna alla fusion con “Lauderdale” e “Shortcut” nelle quali ritroviamo gli stilemi del genere, ma declinate al futuro nella perfetta interazione tra la sezione ritmica e la chitarra. Il jazz-rock di “Jimmy V” con il piano elettrico di Whitty in evidenza e “A14” a cui Di Luzio affida la sua visione sincretica del jazz chiudono un disco gustoso da ascoltare dalla prima all’ultima nota. 
Su territori che lambiscono il jazz più sperimentale, il minimalismo e la musica di avanguardia si muove, invece, “Altera Limes” terzo album in carriera per il talentuoso chitarrista veneziano Luca Zennaro, già autore per Caligola Records di “Javaskara” nel 2017 e “When Nobody Is Listening” del 2020. Inciso dal vivo nel corso di un concerto tenuto il 10 maggio 2022 presso la Chiesa di Santa Caterina di Chioggia (Ve), il disco raccoglie sei brani di cui quattro autografi e vede la partecipazione di Francesco Bordigon (contrabbasso) e Phelan Burgoyne (batteria) a completare un trio in grado di muoversi con libertà e grande abilità nei territori dell’improvvisazione alla ricerca di quel “confine altro” evocato dal titolo. Durante l’ascolto, a colpire sono l’approccio chitarristico di Zennaro e la sua creatività che gli consente di muoversi con grande disinvoltura attraverso registri cromatici e sonori differenti, dando vita ad un dialogo serrato con la sezione ritmica. Si spazia, così, attraverso paesaggi sonori differenti come l’introspettiva “Langsamer” che apre il disco e ci introduce al lirismo di “Distanza” per giungere alle atmosfere siderali di “Involved”. Si prosegue con il brillante omaggio a Thelonius Monk con una “Let’s Cool One” densa di swing che fa da preludio al vertice del disco con “Camporovere”, già ascoltata in “When Nobody Is Listening” e qui proposta in una versione dilatata di quasi dieci minuti, un climax in cui si alternano silenzi, increspature elettriche e fasi dialogiche in cui la melodia viene scomposta e ricomposta. La romantica ballata “On Thursday” firmata da Burgoyne chiude un album di puro contemporary jazz che non avrebbe sfigurato nella discografia della ECM. 
Articolato e ricco è, poi, l’universo musicale in cui si muove il senese Francesco Fiorenzani, chitarrista formatosi tra il conservatorio e quell’incubatore di talenti che è Siena Jazz, e dotato di uno stile eclettico e raffinato al tempo stesso, che gli consente di muoversi ambientazioni sonore differenti tra ricerca melodica e sperimentazione. “Klondike”, il suo nuovo album inciso, a marzo 2021 presso il Cicaleto Recording Studio, con Francesco Ponticelli (contrabbasso), Andrea Beninati (batteria) e Andrea Lombardini (elettronica e basso), lo vede alle prese con nove brani di cui sette composizioni originali e due riletture, che nel loro insieme compongono le tappe di un ideale viaggio musicale che si dipana dal jazz alla musica classica toccando il folk e il blues. In questo senso, non casuale ci sembra la scelta del titolo “Klondike”, ad evocare la regione del Canada nord-occidentale, nota per i suoi giacimenti di oro e per essere stata teatro di ambientazione di “Zanna Bianca” e “Il richiamo della foresta” di Jack London. Guidato dalla chitarra di Fiorenzani, il quartetto affronta ogni brano con lo spirito dei cercatori d’oro, giocando sulla perfetta intesa e la semplicità nella cura dei dettagli per giungere all’essenza della melodia ed esaltarne il lirismo ed ogni sfumatura. Aperto dalle autografe “Cani di velluto” e “Our heritage” in cui si coglie più di un richiamo a Bill Frisell, il disco entra nel vivo con l’originale rilettura strumentale di “Parasite” di Nick Drake la cui melodie viene destrutturata, lasciando emergere le ben note connessioni tra la scrittura del songwriter inglese e il jazz. Si prosegue con l’elegante “Etude C” ispirata al “Preludio Op.28” di Fryderyk Chopin e in cui spiccano le interazioni tra la chitarra e l’elettronica, per giungere alla bella sequenza in cui ascoltiamo “People on purpose” e “Diane”. L’intrigante resa di “Infância” dal repertorio del compositore e polistrumentista brasiliano Egberto Gismonti ci schiude le porte al finale con il dialogo tra chitarra e contrabbasso di “The Mith” e l’affabulativa narrazione della title-track che chiude un disco coinvolgente ed intenso che, ad ogni ascolto, si svela in tutto il suo fascino. 


Salvatore Esposito

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